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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Dal Comando Supremo, addì 24 settembre 1943.<br />

Vittorio Emanuele<br />

Controfirmato: Il capo del Governo: Badoglio.<br />

Appello del re<br />

(Radio Bari – 24 settembre 1943)<br />

Italiani, nella speranza di evitare più gravi offese a Roma, città eterna, centro e culla<br />

della cristianità ed intangibile capitale della Patria, mi sono trasferito in questo libero<br />

lembo dell’Italia peninsulare, con mio figlio e gli altri principi che mi hanno potuto<br />

raggiungere. Mi è accanto il mio governo, presieduto dal Maresciallo Badoglio, sono con<br />

me le nostre valorose truppe che con rinnovato entusiasmo combattono per scacciare<br />

dal sacro suolo della Patria la furia devastatrice dell’inumano nemico della nostra razza<br />

e della nostra civiltà. Ogni giorno mi raggiungono, chiamati dalla voce dell’onore e fedeli<br />

al giuramento a me prestato, quanti riescono a sottrarsi al tradimento del nemico ed<br />

alle lusinghe dei rinnegatori della Patria; l’eroica aviazione è qui riunita e non ha mai<br />

interrotto il suo cammino di onore e di gloria; la nostra flotta, dopo la prova di cosciente<br />

fedeltà e di disciplina voluta dall’armistizio, solca nuovamente il mare della Patria<br />

portando alto come sempre il tricolore. Da qui, dove batte il cuore della Nazione, io<br />

parlo a voi italiani che in paese occupato o sparsi per il mondo seguite con appassionata<br />

ansia il travaglio della Patria. Sono profondamente amareggiato per quanto una esigua<br />

minoranza di persone nate in Italia tenta di tramare ai danni della nostra terra, Madre e<br />

culla comune, istituendo una illegittima parvenza di governo attorno ad un passato<br />

regime che volontà di popolo e libera decisione degli stessi suoi dirigenti ha<br />

definitivamente condannato. L’inqualificabile condotta di qualche già valoroso soldato, di<br />

pochi cittadini che, gli uni tradendo il giuramento prestato, gli altri dimenticando le<br />

ripetute assicurazioni di fedeltà a me personalmente date, fomentando la guerra civile,<br />

incitando gli italiani a combattere i propri fratelli, può ferire il mio cuore di Re, ma non<br />

diminuire la mia assoluta certezza negli immancabili destini della Patria. Ogni tradimento<br />

sarà sventato, ogni viltà verrà smascherata, ogni difficoltà sarà vinta; ritornerà presto a<br />

risplendere la luce eterna di Roma e d’Italia. Ne danno sicuro affidamento il valore delle<br />

nostre truppe, la cosciente entusiastica fedeltà della popolazione, il reale poderoso<br />

apporto delle forze alleate. Non appena possibile, il governo, cui ora il Maresciallo<br />

trasfonde tutta la sua anima di fedele ed invitto soldato, seguendo le mie precise<br />

direttive, allargherà le sue basi in modo che tutti possano partecipare alla vita politica<br />

del Paese come ora tutti seguono e ne condividono il duro travaglio. Italiani, ascoltate la<br />

voce del vostro Re; nessuno sia sordo all’appello della Patria. Il sacro suolo d’Italia deve<br />

essere al più presto liberato dal secolare nemico che non ha potuto nascondere l’innato<br />

istinto di oppressione e di odio. Tutti, uomini e donne d’Italia, portino il loro contributo<br />

di passione e di fede a quest’opera sacra di liberazione obbedendo al Governo del<br />

Maresciallo Badoglio, interprete della mia volontà. Italiani, come nel lontano 1917<br />

ancora una volta il vostro Re si rivolge a voi e vi chiama a raccolta: l’ora che incombe<br />

sul nostro Paese è grave, sarà certamente superata se tutti ritroveranno la via<br />

dell’onore, se tutti sapranno dimenticare nel supremo interesse della Patria ogni propria<br />

personale passione. Facciamo che la Patria viva e risorga; ogni nostro sentimento, ogni<br />

nostro pensiero, ogni nostro sforzo sia teso a questo compito sacro. Seguitemi: il vostro<br />

Re è oggi, come ieri, come sempre con voi, indissolubilmente legato al destino della<br />

nostra Patria immortale.<br />

Rappresaglie germaniche<br />

(comunicato della radio – 24 settembre 1943)

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