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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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La reazione popolare nella Terra di Lavoro non ha assolutamente le caratteristiche di<br />

una lotta di resistenza partigiana, perché tale non è dal punto di vista militare né nelle<br />

intenzioni di chi generosamente vi partecipa: è una vera insurrezione (come avverrà<br />

poi, nell’aprile 1945, al Nord) per cacciare i tedeschi prima che giungano le avanguardie<br />

alleate, i cui cannoni brontolano già all’orizzonte. È la volontà di condurre la lotta<br />

personalmente, senza demandarne lo sforzo agli altri, agli stranieri. Quando i primi<br />

reparti americani arriveranno, troveranno la Terra di Lavoro sgombra di tedeschi e<br />

coloro che li hanno cacciati pronti ad offrirsi come guide alle unità alleate che inseguono<br />

i granatieri nazisti in ritirata.<br />

Le quattro giornate di Napoli<br />

«È proibito farsi arrestare». Questo press’a poco è il succo di un’ordinanza prefettizia<br />

del 1942. I napoletani patiscono la fame e molti di loro hanno ingegnosamente trovato<br />

il modo di mangiare a spese dello stato: un piccolo reato, e via in prigione dove un<br />

pasto al giorno è assicurato, Nell’autunno 1943 Napoli «vanta» un terrificante primato:<br />

120 bombardamenti e 100.000 vani distrutti. L’ira dei napoletani, quindi, si rivolge<br />

contro i bombardieri alleati, mentre verso i tedeschi non c’è nessun particolare<br />

sentimento di avversione. In fondo, la tradizione risorgimentale di lotta contro lo<br />

straniero di lingua tedesca non li ha nemmeno sfiorati.<br />

Dopo l’8 settembre la musica cambia. La razione di pane scende sotto i 50 grammi al<br />

giorno e i bombardamenti si intensificano. La colpa – pensano non a torto i napoletani –<br />

è di questi tedeschi che non se ne vanno. Inoltre le supreme autorità naziste in Italia<br />

hanno la bella pensata di mettere al comando della città un prussiano di nome Scholl,<br />

colonnello, un uomo con la mentalità meno adatta al mondo a capire il popolo di Napoli.<br />

Scholl infila un errore dietro l’altro, perché è feroce ma anche stupido. Per esempio, fa<br />

riunire con la forza 6000 cittadini perché assistano alla fucilazione di un marinaio<br />

italiano colpevole (ma non si saprà mai se l’accusa era fondata) di avere gettato una<br />

bomba a mano contro le truppe del Reich. Poi Scholl ripete la macabra sceneggiata ad<br />

Aversa dove, presenti centinaia di persone mobilitate a colpi di calcio di fucile, ordina<br />

l’esecuzione di 14 carabinieri.<br />

La goccia che fa traboccare il vaso è il bando di mobilitazione per il servizio del lavoro<br />

obbligatorio. Il colonnello Scholl, a questo punto, ha la prima brutta sorpresa: nessuno<br />

si presenta ai centri di reclutamento. Nuovi manifesti, redatti in cattivo italiano,<br />

minacciano dai muri la morte per chi non obbedisce all’ingiunzione. Ma il risultato è<br />

zero. Scholl riceve dal comando di Kesselring l’ordine di predisporre le misure necessarie<br />

in vista di un possibile sbarco alleato nel golfo. Meraviglia che un capo militare di<br />

prim’ordine quale certamente è Kesselring affidi compiti di responsabilità ad uno Scholl;<br />

c’è da pensare che nessuno informa il maresciallo delle brillanti iniziative del<br />

comandante di Napoli.<br />

Fatto sta che Scholl emana l’ordine di sgombero dei civili dalla fascia costiera per la<br />

profondità di cinque chilometri: vuole dire evacuare l’intera Napoli. Scholl è costretto a<br />

correggere l’ordine, 300 metri invece di cinque chilometri.<br />

Tra il 20 e il 26 settembre, in modo del tutto spontaneo, la gente si procura le armi;<br />

non c’è serratura di deposito che resista, non c’è nascondiglio che tenga. Nell’impresa si<br />

sono gettati gli scugnizzi: carichi fino all’inverosimile, questi bambini malnutriti di dieci,<br />

dodici anni, col favore della notte trasportano fucili, munizioni, bombe, mitragliatrici.

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