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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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senza doversi guardare le spalle. Gli Alleati, dal canto loro, stentano a credere che<br />

quella stessa gente che si è battuta così malvolentieri contro di loro in una guerra<br />

combattuta, dopo tutto, secondo le regole, possa ora gettarsi in una guerriglia che<br />

richiede ben più coraggio e determinazione, non fosse altro perché offre, tra le molte<br />

torve prospettive, anche quella della tortura e dell’esecuzione sommaria in caso di<br />

cattura.<br />

Le otto settimane che seguono l’armistizio convincono il comando nazista che c’è un<br />

fronte interno già aperto alle spalle delle sue divisioni; e costringono gli anglo-americani<br />

a rimangiarsi lo scetticismo. Ciò sarà la conseguenza di decine e decine di episodi, simili<br />

a quegli incendi estivi nei boschi, quando il vento accende una miriade di focolai, tutti<br />

abbastanza piccoli ma che si propagano velocemente e tendono a diventare un unico<br />

ruggente mare di fiamme. Ricordiamo alcuni dei molti episodi, i più esemplari, i più<br />

famosi.<br />

L’eccidio di Boves<br />

Boves è un paesone 10 chilometri a sud di Cuneo. Dopo l’armistizio vi sono affluiti a<br />

migliaia gli sbandati della 4ª Armata. La comandava un generale in fama di micidiale<br />

jettatore: non c’era soldato che non facesse gli scongiuri al nome di Mario Vercellino. Il<br />

generale s’è squagliato, i soldati pure, la cassa è rimasta nelle mani del generale<br />

Raffaello Operti (che baratterà in seguita i 150 milioni di franchi da lui nascosti con il<br />

comando di zona del CVL; ma finirà malamente). Per la maggior parte degli sbandati<br />

Boves è una tappa per sostituire il grigioverde con panni borghesi e poi riprendere la<br />

strada di casa; per altri invece è il posto giusto per predisporre una base partigiana. Nei<br />

primissimi momenti sembra di vedere in funzione il vecchio esercito: sentinelle,<br />

baionette inastate, saluti scattanti, gerarchie rispettate. Ma in pochi giorni il simulacro<br />

militare «ancién regime» si dissolve e restano non più di 150 uomini, comandati da<br />

Renato Aimo, Bartolomeo Giuliano, Ezio Aceto, tutti del posto, e da un tenente<br />

veneziano, poeta e letterato, di nome Ignazio Vian. Hanno fucili modello 91,<br />

mitragliatori, mitragliatrici Breda, persino un cannone da 75 (con un solo colpo a<br />

disposizione).<br />

La notizia della presenza dei soldati italiani raggiunge il comando tedesco di Cuneo (c’è<br />

qualcuna che ha fatto la spia) e il comando manda due aerei a lanciare manifestini con<br />

inviti alla resa. Boves risponde picche. È il 17 settembre 1943. Il giorno dopo, il<br />

comandante nazista, maggiore delle SS Joachim Peiper, dà un’immediata dimostrazione<br />

dei metodi tedeschi: spedisce una colonna con due pezzi da 88 e bombarda il paese. La<br />

colonna porta il secondo ultimatum: o i ribelli consegnano le armi o saranno fucilati tutti<br />

gli uomini di Boves. La risposta è la stessa: no. Il 19 settembre Peiper invia a Boves due<br />

militi SS su un’automobile: è una chiara provocazione e i due soldati tedeschi hanno il<br />

ruolo di esche. Naturalmente vengono subito catturati e portati in montagna. È quello<br />

che Peiper vuole. Forse spera che li ammazzino, così ha il pretesto per scatenarsi. Alle<br />

12,30 arriva a Boves Peiper in persona. Non trova né podestà né segretario comunale.<br />

Si presentano il parroco don Giuseppe Bernardi e l’industriale Antonio Vassallo. A loro<br />

Peiper urla di intimare ai ribelli la restituzione dei due soldati tedeschi. Il sacerdote gli<br />

chiede se risparmierà il paese e Peiper dà la sua parola di ufficiale. Si vedrà presta che<br />

cosa vale la parola di un ufficiale tedesco.<br />

Don Giuseppe e Vassallo vanno su dai partigiani e ottengono senza fatica da Vian la<br />

restituzione dei prigionieri, che sono stati trattati correttamente. Appena i due SS

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