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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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non c’era un solo italiano che non credesse che la guerra sarebbe finita vittoriosamente».<br />

Ma poi molti non avevano compiuto il loro dovere…<br />

Ai primi d’ottobre Mussolini mandò a chiamare Giorgio Pini, suo importante e stretto<br />

collaboratore in campo giornalistico e, per molto tempo dopo la morte di Arnaldo, suo<br />

uomo di fiducia nel mondo giornalistico, e lo nominò direttore del «Corriere della Sera» a<br />

Milano. Pini, nelle settimane dopo l’8 settembre, aveva assunto la direzione del vecchio<br />

giornale di Grandi a Bologna, «Il Resto del Carlino». Intorno a questo giornale si erano<br />

raccolti gli oppositori locali di Grandi, consapevoli che in una situazione così fluida, con<br />

Mussolini lì vicino che teneva corte temporanea alla Rocca, era quello il momento per<br />

sostenere le rivendicazioni del movimento fascista repubblicano nel capoluogo romagnolo.<br />

La storia dell’organizzazione fascista a Bologna rappresentava in piccolo quella dell’Italia<br />

nel precedente ventennio, una storia di epurazioni e d’inchieste di partito, di complotti e di<br />

controcomplotti. Ora che Grandi era il traditore numero uno del 25 luglio, il suo sconfitto<br />

rivale politico a Bologna, Leandro Arpinati, divenne, dopo tanti anni passati nell’ombra, un<br />

possibile collaboratore e un contrappeso nell’amministrazione provvisoria formata con<br />

l’aiuto tedesco a Roma alla fine di settembre.<br />

Mussolini approfittò della visita di Pini alla Rocca per prospettargli questa possibilità, e tre<br />

giorni dopo, il 6 ottobre, Arpinati fu invitato a recarsi dal «duce». Arpinati era il tipico<br />

rappresentante dei capi fascisti messi in disparte intorno al 1930, ostinati nella loro<br />

indipendenza regionale, vittime di rivali locali nella lotta per la conquista dei posti di<br />

comanda alla direzione del partito. Con l’adesione di tali uomini Mussolini poteva rinnovare<br />

gli elementi della sua politica ed evitare di dipendere esclusivamente da un unico gruppo.<br />

Sembra che abbia offerta ad Arpinati la presidenza del Consiglio; Arpinati si astenne dal<br />

recriminare sul passato, ma rifiutò nettamente. Non si era lasciato prendere dal<br />

«neosocialismo» e non era repubblicano; inoltre era ostile ai tedeschi. Mussolini si lamentò<br />

che essi fossero oppressivi, e che le SS lo sorvegliassero intorno alla sua casa, nel<br />

giardino, e controllassero il suo telefono; però – affermò – erano imbattibili in guerra.<br />

Arpinati replicò che non lo erano abbastanza per vincere e la conversazione terminò senza<br />

risultati, tranne quello di rivelare che Mussolini seguiva sempre la stessa tattica.<br />

L’esperimento politico approvato da Hitler a Rastenburg non poteva però essere<br />

procrastinato senza rischiare un totale fallimento. La scelta della sede del governo<br />

spettava alle autorità militari tedesche. Il 5 ottobre Mussolini disse al suo nuovo segretario<br />

personale, il prefetto Giovanni Dolfin: «Domani o dopodomani mi trasferirò nella località<br />

che è stata prescelta per il mio quartiere generale. Ignoro fino a questo momento dove sia<br />

ubicata. È comunque sulla sponda occidentale del Garda».<br />

Il 10 ottobre Mussolini partì, in auto per Gargnano, sul lago di Garda, accompagnato da<br />

Renato Ricci e dal nipote e segretario aggiunto Vito Mussolini. Le autorità tedesche<br />

avevano requisito la villa Feltrinelli come sede del capo del nuovo Stato repubblicano.

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