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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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caduta del fascismo aveva provocato sorpresa, ma non opposizione politica violenta. Erano<br />

stati formati, da membri dei vecchi partiti politici, dei comitati cittadini che in seguito si<br />

erano scissi. Il desiderio più diffuso era di assicurare la libertà e di distruggere il fascismo.<br />

Il problema era complesso. Oltre i comunisti, tra i membri dei comitati vi erano vecchi<br />

socialisti, repubblicani. gente modesta e onesta che tra il luglio e il settembre del 1943<br />

aveva perseguita una politica moderata. Essi rifuggivano dalla violenza e non vi erano stati<br />

moti rivoluzionari. Tranne che in poche località, come Forlì e Faenza, non si erano verificati<br />

seri disordini.<br />

L’armistizio giunse come un grave colpo, perché significava il crollo del potere militare del<br />

paese, il disonore, la distruzione del prestigio internazionale. Nessuna autorità, civile o<br />

militare, fu più riconosciuta. Il colpo più grave era stata la perdita di Mussolini, ma con la<br />

sua liberazione l’orgia antifascista ebbe fine. La creazione della repubblica fascista non<br />

aveva suscitato entusiasmi: il popolo era troppo depresso. Ciò nonostante la accolse bene.<br />

La rapida ricostituzione delle organizzazioni fasciste non era stata molto saggia e aveva<br />

causato dei disordini. Le squadre federali, per esempio. erano andate oltre gli ordini del<br />

governo rendendo il partito responsabile delle conseguenze; spesso la ricostituita milizia<br />

del partito sembrava essere in discordia col governo. I tribunali provinciali non sempre si<br />

comportavano coerentemente con i principi che avevano presieduto alla loro creazione e si<br />

verificavano troppe vendette e troppe violenze di parte. In Romagna, per esempio, vi<br />

erano molti simpatizzanti per le idee mazziniane di libertà e per la repubblica. Si sarebbero<br />

dovuti avvicinare e utilizzare alcuni socialisti per portare i lavoratori ad interessarsi<br />

vivamente dei loro problemi che erano quelli dell’intero paese.<br />

Mentre Mussolini trascorreva il tempo alla Rocca delle Caminate, immerso nella lettura dei<br />

giornali che segnava al margine con la sua matita blu, la natura e l’estensione del<br />

fallimento divenivano sempre più evidenti. Il nuovo compito che gli stava davanti, tuttavia,<br />

risollevò il suo morale depresso dal recente isolamento dal mondo: egli tornava ad un<br />

lavoro a lui noto e in luoghi per lui pieni di ricordi storici.<br />

Sia gli ex militanti estremisti della sinistra, sia i fascisti della destra, messi in disparte dopo<br />

il «compromesso monarchico» del 1922, mostravano ora segni di voler riprendere, sotto<br />

una bandiera repubblicana, la guida di un movimento dal quale erano stati banditi e dello<br />

Stato fascista repubblicano.<br />

Fatto tipico, Mussolini cominciò subito a lavorare alla ricostituzione di una nuova stampa<br />

basata come in passato su giornali regionali. Ma il suo giornale personale, «ll Popolo<br />

d’Italia», non era ancora uscito a Milano. Una cautela istintiva gli impediva di<br />

compromettere prematuramente il suo prestigio personale in un momento ancora confuso,<br />

in cui ancora non si erano chiariti i limiti del controllo tedesco. «Io posso e devo<br />

sacrificarmi in questa tragica situazione, ma non il mio giornale. Per venti anni è stato una<br />

bandiera e le bandiere devono sventolare liberamente». Occorreva però rimettere in<br />

funzione la macchina della propaganda che il «duce» aveva sempre considerato un’arma<br />

personale. Una rete di giornali, alcuni nuovi, alcuni epurati e venuti di nuovo alla luce, si<br />

diffuse nel Nord. Ogni direzione di giornale divenne, come nel passato, una cellula e un<br />

centro di influenza politica. Il controllo della stampa di provincia era sempre stato un<br />

elemento essenziale per la politica fascista.<br />

Il 28 settembre Mussolini consegnò alla stampa la prima di una serie di note politiche<br />

anonime che da allora innanzi avrebbero rappresentato il suo contributo alla battaglia<br />

giornalistica. Era intitolata: Parliamoci chiaro.<br />

«Inutile ora recriminare. Bisogna uscire da questo abisso, bisogna uscire con le ossa rotte,<br />

magari, ma ancora vivi e capaci di vivere. Nel giugno del 1940, quando si entrò in lizza.

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