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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Non deve aspettare molto: due anni, giorno più, giorno meno. Il 7 giugno 1940 il<br />

tenente generale Wilson, comandante delle truppe inglesi in Egitto, gli assegna il<br />

comando dell’armata britannica, la Western Desert Force. Wilson sceglie O’Connor<br />

perché cerca un comandante audace, di idee spregiudicate, capace di guidare le<br />

modeste forze inglesi facendo assegnamento soprattutto sulla mobilità. Gli inglesi sono<br />

infatti convinti che l’irreparabile stia per accadere. Temono cioè che l’Egitto sia preso<br />

nella morsa di due eserciti italiani: quello di Balbo, in marcia dalla Libia, e quello del<br />

duca d’Aosta, proveniente dall’Africa Orientale Italiana. Un piano strategico ad ampio<br />

raggio, che preoccupa gli inglesi ma al quale lo stato maggiore italiano non ha affatto<br />

pensato.<br />

Sir Richard, pari d’Inghilterra<br />

Piccolo di statura, naso diritto e mascella sporgente, fronte piuttosto vasta, leggermente<br />

balbuziente, O’Connor sa essere, oltre che un eccellente stratega, anche un trascinatore<br />

di uomini. Lui crede nei suoi soldati e i soldati credono in lui. «Un corpo e un’anima soli,<br />

erano», racconterà un testimone di quei tempi. Nel deserto africano, poi, O’Connor<br />

trasferisce per primo i principi di quella guerra di movimento per la quale Guderian è già<br />

diventato famoso in Europa. Il suo capolavoro lo compie quando riesce a sconfiggere<br />

addirittura l’armata di Graziani, facendo avanzare le sue colonne attraverso le piste<br />

cirenaiche per tagliare la strada agli italiani in ritirata lungo la costa. In due mesi, dal 9<br />

dicembre al 7 febbraio 1941, le truppe di Graziani sono costrette a retrocedere da Sidi<br />

El-Barrani a El Agheila, cioè a novecento chilometri a ovest. Quanto al porto di Tobruk,<br />

esso cade nelle mani degli inglesi quasi senza colpo ferire. Dopo la battaglia di Beda<br />

Fomm (5 e 6 febbraio), dove le forze italiane proprio mentre evacuano Bengasi sono<br />

intercettate dalla 7ª Armata, tutta la 10ª Armata italiana è distrutta e ben 130.000<br />

uomini sono fatti prigionieri<br />

Pianificatore intelligente e coraggioso, O’ Connor sarebbe arrivato a Tripoli, se avesse<br />

avuto carta bianca. Anche se in realtà i suoi uomini erano esausti, i mezzi logorati e<br />

senza più una goccia di benzina. A fermarlo non è il nemico ma una decisione di<br />

carattere politico: quella di inviare contingenti inglesi in Grecia.<br />

Nell’aprile del 1941 avviene il contrattacco di Rommel: O’Connor ha forse le stesse<br />

capacità militari e le stesse intuizioni strategiche dell’illustre collega Montgomery, ma<br />

non l’identica fortuna. E così per un banale errore del suo autista, viene fatto prigioniero<br />

dagli italiani il 6 aprile 1941. Trasferito in Italia, rimane nel castello di Vincigliate presso<br />

Firenze fino all’autunno del 1943 quando, dopo lo sfacelo dell’Esercito Italiano, riesce ad<br />

evadere e a tornare tra gli effettivi.<br />

La prigionia non ha comunque cambiato l’uomo, che vuole continuare ad essere un<br />

soldato, che si trova a suo agio solo nei campi di battaglia, faccia a faccia con il nemico.<br />

I due anni di Pescara sono stati una parentesi anche troppo lunga per questo generale<br />

che, come ha scritto lo storico Corelli Barnett, «sarebbe stato l’avversario ideale per<br />

Rommel. Ma gli avvenimenti della guerra fecero sì che il più affascinante degli scontri<br />

nel deserto, O’Connor contro Rommel, non avesse mai luogo».<br />

Nel 1944 O’Connor partecipa all’invasione alleata della Francia, comanda il 7° Corpo<br />

d’Armata che sbarca in Normandia durante la seconda quindicina di giugno 1944, dà il<br />

suo contributo a varie operazioni importanti. Tra queste all’operazione Goodwood, dal<br />

18 al 20 luglio, che porta alla liberazione degli ultimi quartieri di Caen. E rimane al<br />

comando dell’8° Corpo d’Armata fino alla capitolazione della Germania.<br />

A guerra finita, il re d’Inghilterra lo nomina «pari» e, contemporaneamente, suo<br />

consigliere militare. È questo un incarico di grande prestigio, a stretto contatto con la<br />

politica, ma che male si adatta all’uomo che è e vuole essere sempre un militare che

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