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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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comune con lui: dopo di che, si sarebbe potuto prendere in mano la truppa, farla marciare<br />

e portarla al fuoco. Inoltre, egli propugnava con calore la necessità di dare<br />

immediatamente la caccia a tutti i fascisti che, con singolare e sospetta benevolenza, il<br />

regime badogliesco aveva lasciato in circolazione, e di farli fuori decisamente.<br />

Sia l’una che l’altra proposta, per quanto approvate da qualche altro ufficiale, non ebbero<br />

praticamente seguito: ma i fatti dovevano poi dimostrare come quella che aveva potuto<br />

apparire una spicciativa spregiudicatezza fosse in realtà una prova di saggia lungimiranza.<br />

Il 10 settembre, si tornò alla carica presso il generale comandante la zona, per riproporgli,<br />

con nuovi argomenti e con più marcata insistenza, la domanda di arruolamento dei<br />

militanti del Partito d’Azione. Ma anche stavolta, si fece solo un buco nell’acqua. Per il<br />

generale, la partita era oramai chiusa, e non c’era assolutamente niente da fare. Egli era<br />

perfettamente rassegnato, fermamente deciso a non muovere un dito contro i tedeschi,<br />

desideroso soprattutto d’evitare «disordini» e «pasticci»: stava già mandando a casa, in<br />

borghese, i suoi ufficiali; altro che arruolare dei volontari!<br />

In realtà, si era in pieno sfacelo. Non solo i reparti della 4ª Armata arrivati dalla Francia<br />

già in stato di crisi, ma anche quelli di stanza in città, e sino allora perfettamente in ordine,<br />

si decomponevano rapidamente. In particolare, quel colonnello che il suo subalterno<br />

voleva uccidere, nelle prime ore del pomeriggio aveva radunato attorno a sé, nel cortile<br />

della caserma, tutto il battaglione, ed aveva lasciato liberi gli uomini di andarsene a casa,<br />

previo versamento delle armi individuali.<br />

Fu uno degli spettacoli più tristi ed umilianti cui si potesse assistere, questo di una<br />

magnifica unità, in perfetta efficienza, che si sfasciava senza nemmeno avere visto il<br />

nemico, e di centinaia di uomini che, in disordine affannosa, si precipitavano fuori della<br />

caserma, col terrore di non fare in tempo ad arrivare a casa. Mai come in quel giorno<br />

abbiamo capito cos’è e cosa vuol dire l’onore militare e la dignità nazionale: quelle parole,<br />

che spesso ci erano parse insopportabilmente convenzionali e guaste dalla retorica, ora ci<br />

svelavano la loro sostanza dolorosamente umana, attraverso la pena che ci stringeva il<br />

cuore e la vergogna che ci bruciava. E questo fu un motivo di più, per gli antifascisti, di<br />

passare decisamente all’azione.<br />

Fu appunto in questo quadro di delusione e di avvilimento, ma insieme di risoluta volontà<br />

d’azione, che prese conclusivamente corpo il proposito sino allora perseguita solo in via<br />

eventuale, di dare vita alla resistenza armata «irregolare», a quella che già più d’un secolo<br />

fa uno scrittore piemontese chiamava la «guerra per bande». Se l’esercito si sfasciava, se<br />

generali e colonnelli mancavano alla prova, se coi reparti regolari non si poteva concludere<br />

nulla, tanto valeva che gli antifascisti cercassero di fare da sé.<br />

Il primo problema era quello dell’armamento (ed anche, seppure in misura assai minore,<br />

dell’equipaggiamento). Per ciò, a dire il vero, non si era atteso lo scoccare dell’ultima ora.<br />

Nello studio di Gaiimberti erano già affluite armi (oh, la meraviglia del Parabellum russo<br />

sottratto alla caserma del 2° Alpini! Era il primo che noi «borghesi» vedevamo), caricatori,<br />

bombe a mano (che arrivavano pudicamente avvolte nella loro carta oleata, in pacifiche<br />

borse avvocatizie), zaini, coperte ed altro materiale. E il tenente così poco tenero per il suo<br />

colonnello, di cui si è parlato più sopra, prima ancora che il battaglione fosse sciolto, aveva<br />

caricato una carretta di armi e d’altra roba, e, scortata da alpini fidati, l’aveva fatta uscire<br />

in pieno giorno dalla caserma, alla volta di Peveragno, dove pensava di costituire una<br />

banda. Un altro gruppetto di ufficiali teneva pronto un camion carico di armi e viveri:<br />

l’autista non aspettava altro che il segnale della partenza.<br />

Si cercava tuttavia di avere qualcosa di più: se i soldati, su ordine dei comandanti,<br />

buttavano le armi, perché queste non potevano essere consegnate, o almeno «lasciate<br />

prendere», a coloro che volevano battersi? Ma era una vana illusione.

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