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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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quella dell’avvolgimento. Ma fino a quel momento mai il campo di battaglia aveva<br />

abbracciato terra e mare in simili proporzioni».<br />

Il «salto del montone» può realizzarsi, però, soltanto grazie alla superiorità aerea (i<br />

Liberator, i Mitchell, i Boston e i Lightning della 5ª Air Force del tenente generale<br />

Whitehead) e così la 6ª Armata del generale Krueger, il 22 aprile 1944, superando di<br />

molto la grande base nemica di Wewak, sbarcherà a Hollandia, a Tanahmera, a 650<br />

chilometri ovest di Madang, e anche ad Aitapè, tra Hollandia e Madang, isolando in un<br />

colpo solo 60.000 giapponesi. L’avanzata americana prosegue aggirando importanti<br />

capisaldi ormai inutili ma a condizione, naturalmente, che Nimitz, nell’area di propria<br />

competenza, abbia neutralizzato (o distrutto) la flotta giapponese. Dovunque si<br />

insediano gli americani organizzano campi di aviazione quali basi di partenza per i<br />

bombardieri incaricati di preparare un nuovo balzo in avanti. Un simile procedimento<br />

però esige la perfetta cooperazione con le altre forze armate: la marina che trasporta e<br />

rifornisce le truppe da un’isola all’altra limitandosi ad appoggiarle in combattimento e<br />

l’aviazione che, in mancanza di obiettivi strategici, agisce tutta come artiglieria volante<br />

bombardando in picchiata le postazioni avversarie, a brevissima distanza di sicurezza<br />

dalle truppe sbarcate (talvolta anche a meno di un centinaio di metri, come avviene in<br />

Nuova Guinea per la presa di Rabaul).<br />

Il progetto di MacArthur, durante e dopo la battaglia di Guadalcanal, è quello di<br />

investire la capitale della Nuova Britannia, Rabaul, una base che i giapponesi hanno<br />

fortificato con 100.000 uomini, 600 aerei e l’8ª Flotta Imperiale costituita da dieci<br />

incrociatori, venti cacciatorpediniere e dieci sommergibili. La difesa contraerea è dotata<br />

di un centinaio di cannoni e 250 mitragliatrici; una efficiente rete telefonica e di<br />

apparecchiature radar è in grado di lanciare l’allarme trenta minuti prima dell’arrivo del<br />

nemico. Spiagge e litorali, poi, pullulano di pali piantati nel terreno, blocchi di<br />

calcestruzzo, mine, reticolati, trappole anticarro, nidi di mitragliatrici. Non solo; i<br />

giapponesi hanno messo a punto un piano per ingannare l’avversario con tutta una<br />

serie di stratagemmi: falsi cannoni, segnali luminosi costieri collocati in località<br />

sbagliate, finti villaggi fortificati. Ma non sarà sufficiente. Quello che, malgrado tutte<br />

queste misure, porterà prima all’accerchiamento e poi alla caduta di Rabaul, è la solita<br />

rivalità fra marina ed esercito giapponese, ciascuno dei quali pretende di difendere<br />

l’arcipelago secondo i propri criteri.<br />

Davanti alla minaccia americana l’ammiraglio Jinichi Kusaka, comandante di Rabaul,<br />

decide di rafforzare la base di Lae, che sarà certamente il primo obiettivo nemico, e vi<br />

manda un convoglio con 10.000 soldati.<br />

L’assalto americano a Rabaul<br />

L’aviazione americana lo individua e lo attacca – nella notte dal 3 al 4 marzo 1943 al<br />

largo di Papua – impiegando una nuova tecnica, quella del volo radente e lancio di<br />

bombe a scoppio ritardato che consente agli aerei attaccanti di evitare gli effetti delle<br />

esplosioni. Questa battaglia – detta «del Mare di Bismarck» – dura tre giorni, fino<br />

all’affondamento di tutte le navi trasporto e di quattro cacciatorpediniere mentre i<br />

caccia USA abbattono 25 aerei delle pattuglie di scorta: in totale i giapponesi lamentano<br />

oltre 3600 morti.<br />

Allarmato dalla situazione che va peggiorando sensibilmente, Yamamoto accorre a<br />

Rabaul e organizza (con duecento aerei della 2ª Flotta Imperiale, cui ne aggiunge un<br />

altro centinaio raccolto a terra) una offensiva contro la navigazione americana

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