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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Il 25 luglio 1943 Galimberti è a Torino ma l’indomani, lunedì, accorre a Cuneo in treno e si<br />

incontra con gli amici nel suo studio di avvocato. È in programma un comizio in piazza<br />

Vittorio e, all’ultimo momento, un negoziante di materiale radiofonico mette a disposizione<br />

un microfono e alcuni amplificatori. Gli oratori designati sono Galimberti e Dino Giacosa. Il<br />

primo a parlare è «Duccio»: «Sì», dice, «la guerra continua ma fino alla cacciata<br />

dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla<br />

vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana ma non si accorda<br />

ad una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli<br />

italiani».<br />

L’analisi del 25 luglio è così chiara e spietata, così rigorosa, che la sera stessa il governo<br />

militare di Badoglio fa spiccare mandato di cattura contro «Duccio».<br />

I biografi di Galimberti rilevano che il discorso di piazza Vittorio suscitò fra la gente<br />

contrastanti reazioni. Qualcuno, illuso che i tedeschi – se non fossero stati provocati –<br />

avrebbero accettato che l’Italia uscisse liberamente dal conflitto e avrebbero ritirato le loro<br />

divisioni al di là del Brennero, lo commentò con sarcasmo dicendo che «Duccio ha<br />

dichiarato guerra alla Germania». In realtà Galimberti è persuaso che una guerra contro i<br />

nazisti sia «indispensabile ed inevitabile» e che l’unica carta in mano dell’Italia, quando si<br />

giungerà alla pace, sia proprio il suo contributo alla sconfitta tedesca. Coerente a queste<br />

convinzioni, due giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre, Galimberti parte da Cuneo, in<br />

bicicletta, per la Valle Gesso e raggiunge Madonna del Colletto, «un piccolo colle, una<br />

piccola chiesa», dove con undici amici costituisce la danda azionista «Italia libera».<br />

Il 28 novembre 1944 Galimberti, diventato capo della direzione militare del CLN<br />

piemontese, è catturato dai fascisti a Torino in una panetteria dov’era il recapito<br />

clandestino del comando partigiano. Vani risultano i tentativi del CLN di trattare la sua<br />

liberazione attraverso uno scambio di prigionieri. La sera del 2 dicembre Galimberti è<br />

trasferito a Cuneo, percosso a sangue nella caserma delle brigate nere e quindi, alle prime<br />

luci del giorno 4, trasferito in macchina nei pressi di Centallo e ucciso a raffiche di mitra in<br />

aperta campagna. Appena avuta la tragica notizia il CLN piemontese, riunito in seduta<br />

plenaria e solenne, proclama Tancredi Galimberti eroe nazionale.<br />

Giuseppe Mayda<br />

Autunno 1943: per gli italiani inizia il periodo più nero della guerra<br />

Gli italiani che comprano il giornale la mattina di giovedì 16 settembre 1943, festa di<br />

Sant’Eufemia vergine, leggono in prima pagina, fra le notizie sull’erogazione dell’acqua, il<br />

rinvio degli esami di riparazione, la distribuzione annonaria di legumi e marmellata e la<br />

riduzione provvisoria della razione di pane, che Benito Mussolini «ha ripreso la direzione<br />

del fascismo».<br />

È, questo, l’atto di nascita del nuovo regime – «la repubblichina», la chiamerà Calosso da<br />

Radio Londra con un termine di reminiscenze alfieriane destinato a restare – sotto il quale<br />

due terzi dell’Italia dovranno vivere ancora 587 giorni di guerra.<br />

Prima di nascere, la repubblica di Mussolini ha fatto in tempo a cambiare nome tre volte<br />

(«Stato Fascista Repubblicano», «Stato Nazionale Repubblicano d’Italia» e, infine,<br />

«Repubblica Sociale Italiana», che i cronisti abbrevieranno in RSI) ma del fascismo che<br />

risorge il giudizio più acuto e immediato è quello del giornale clandestino del Partito<br />

d’Azione, L’Italia Libera, che circola nelle fabbriche e nelle università: «Uno Stato e un<br />

governo nati per volontà altrui e destinati a tornare nel nulla».

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