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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Nella Valle d’Aosta è un ex sergente maggiore della Scuola militare di Alpinismo, Celestino<br />

Perron detto «Tito», che raccoglie attorno a sé un gruppo di partigiani. A pochi chilometri<br />

da Torino, in Val Susa e in Val Chisone – nomi di gloriosi battaglioni alpini, cari al cuore di<br />

quelle genti – nascono altre bande. Alla Madonna del Colletto (a pochi chilometri da un<br />

paese che entrerà nel martirologio della Resistenza: Boves) salgono Livio Bianco e Duccio<br />

Galimberti, uomini del partito d’azione; e quella sarà una banda «Giustizia e Libertà».<br />

Nell’alta Valle del Po danno vita ad una formazione partigiana un ufficiale di cavalleria,<br />

Pompeo Colajanni, «Barbato», un antifascista appena uscito di galera, Gian Carlo Pajetta,<br />

e Antonio Giolitti, nipote dell’«uomo di Dronero»; tutti e tre si ritroveranno poi nel partito<br />

comunista. In Valsesia Vincenzo Moscatelli detto «Cino» mette insieme i primi partigiani di<br />

un gruppo destinato a svilupparsi in ben 4 divisioni. Nel Biellese un giovane comunista,<br />

Francesco Moranino, organizza un primo distaccamento Garibaldi.<br />

In Lombardia il tenente colonnello dei bersaglieri Carlo Croce si rinserra con un paio di<br />

centinaia di uomini nelle vecchie fortificazioni di monte San Martino, nel Varesotto,<br />

formando una banda romanticamente battezzata «Cinque Giornate». È una decisione<br />

coraggiosa ma anche militarmente sprovveduta. La concezione meramente difensiva è<br />

esattamente l’opposto dei canoni della guerriglia, che prevede estrema mobilità, grazie alla<br />

quale infliggere colpi improvvisi all’avversario e compensare l’inferiorità (infatti l’episodio di<br />

San Martino si concluderà tragicamente). Al Pizzo d’Erna, sotto il Resegone, nel Lecchese,<br />

si riuniscono molti operai, della zona e milanesi, e molti ex prigionieri alleati ben decisi a<br />

combattere; anche sulle Grigne si rifugiano alcune decine di partigiani.<br />

A nord di Erba, sui monti che sovrastano Bellagio, vi sono piccoli gruppi di armati, uno dei<br />

quali probabilmente è il primo che si sia formato in tutta la provincia di Como; lo comanda<br />

un giovane tenente degli alpini che ha con sé un altro giovane, destinato al martirio:<br />

Giancarlo Puecher. In Valtellina, terra di garibaldini e di alpini, Angelo Ponti addirittura<br />

apre gli arruolamenti per un battaglione di volontari; decisione un po’ ingenua che<br />

richiama l’attenzione dei fascisti e dei tedeschi; tuttavia è un seme che porterà frutti e la<br />

Valtellina darà anch’essa il suo contributo alla lotta di liberazione.<br />

Nel Bresciano, primi di tutti sono gli operai delle industrie belliche della Val Trompia a<br />

salire le pendici del monte Guglielmo, dove formano una banda. Poco dopo, per l’azione<br />

decisa di un generale degli alpini già noto come antifascista, Luigi Masini «Fiore» (che<br />

dopo la guerra sarà deputato socialista), nascono le «Fiamme Verdi»; inutile specificarne<br />

l’estrazione, così chiaramente denunciata dal nome: sono tutti alpini, soldati, sottufficiali e<br />

soldati delle valli bresciane e bergamasche: «Fiamme Verdi» infatti saranno la<br />

maggioranza delle bande di quella zona, e altre formeranno una divisione partigiana in<br />

Friuli, la «Osoppo».<br />

Nel Veneto nasce subito una brigata «Pisacane», nelle Prealpi bellunesi. Attivissimi in<br />

questa zona sono gli uomini del Partito d’azione, che formano bande «gielliste» come<br />

quella battezzata «Italia Libera», sul Grappa; quella formata da Antonio Giuriolo in Carnia;<br />

quelle raccolte da Fermo Solari, Alberto Cosattini e Carlo Comessatti a Faedis, Attinis e<br />

Nimis. Poi ci sono i garibaldini di Giacinto Calligaris.<br />

Nel Centro-Sud, per le ragioni già esposte, non si ha una pari proliferazione di bande,<br />

anche se molti sono coloro che prendono la via della montagna: ma sono più numerosi<br />

quelli che vogliono semplicemente sottrarsi alla cattura che quelli che vogliono combattere.<br />

Solo più tardi la Toscana darà un imponente contributo alla lotta; nei primi tempi c’è una<br />

banda comandata dal tenente Melis in Umbria, un gruppo sulle pendici del Gran Sasso, un<br />

altro gruppo sulla Majella alla testa del quale è l’avvocato Ettore Troilo; e infine a Roma<br />

nasce il Centro Militare, imperniato sulla straordinaria personalità del colonnello di Stato<br />

Maggiore Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Questo coraggioso ufficiale, che morirà

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