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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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stesso tema in questa motivazione di sentenza, in relazione all’imputato Rendulic, è<br />

applicabile anche in questo caso, e la si richiama con riferimento alla situazione<br />

presente. Dobbiamo costatare che l’uccisione degli ufficiali italiani costituisce un crimine<br />

di guerra, del quale l’imputato è responsabile.<br />

Mussolini racconta Mussolini<br />

Il racconto quasi romanzato che Mussolini fa della sua liberazione al Gran Sasso<br />

Scrivendo in terza persona, nell’estate del 1944, durante la crepuscolare Repubblica di<br />

Salò, Mussolini volle rievocare il periodo cruciale della guerra in una serie di articoli<br />

comparsi – anonimi – sul Corriere della Sera e poi raccolti nel volumetto, edito dallo<br />

stesso giornale nel settembre 1944, che ha per titolo Il tempo del bastone e della carota<br />

– Storia di un anno: ottobre ’42 – settembre ‘43. Nel brano che riportiamo di seguito<br />

Mussolini descrive la sua liberazione da Campo Imperatore.<br />

Erano esattamente le 14, e Mussolini stava con le braccia incrociate seduto davanti alla<br />

finestra aperta, quando un aliante si posò a cento metri di distanza dall’edificio. Ne<br />

uscirono quattro o cinque uomini in kaki i quali postarono rapidamente due mitragliatrici<br />

e poi avanzarono. Dopo pochi secondi altri alianti atterrarono nelle immediate vicinanze<br />

e gli uomini ripeterono la stessa manovra. Altri uomini scesero da altri alianti. Mussolini<br />

non pensò minimamente che si trattasse di Inglesi. Per prelevarlo e condurlo a Salerno<br />

non avevano bisogno di ricorrere a così rischiosa impresa. Fu dato l’allarme. Tutti i<br />

carabinieri, gli agenti si precipitarono con le armi in pugno fuori dal portone del rifugio<br />

schierandosi contro gli assalitori,<br />

Nel frattempo il capitano Faiola irruppe nella stanza del duce intimandogli: «Chiudete la<br />

finestra e non muovetevi!».<br />

Mussolini rimase invece alla finestra e vide che un altro più folto gruppo di Tedeschi,<br />

occupata la funivia, era salito e dal piazzale di arrivo marciava compatto e deciso verso<br />

l’albergo. Alla testa di questo gruppo era Skorzeny. I carabinieri avevano già le armi in<br />

posizione di sparo, quando Mussolini scorse nel gruppo Skorzeny un ufficiale italiano,<br />

che poi – giunto più vicino – riconobbe per il generale Soleti del corpo dei metropolitani.<br />

Allora Mussolini gridò nel silenzio che stava per precedere di pochi secondi il fuoco:<br />

«Che fate? Non vedete? C’è un generale italiano. Non sparate! Tutto è in ordine!».<br />

Alla vista del generale italiano che veniva avanti col gruppo tedesco le armi si<br />

abbassarono.<br />

Le cose erano andate così. Il generale Soleti fu prelevato al mattino dal reparto<br />

Skorzeny e non gli fu detto nulla circa il motivo e gli scopi. Gli fu tolta la pistola e partì<br />

per l’ignota destinazione. Quando nel momento dell’irruzione intuì di che si trattava ne<br />

fu lieto. Si dichiarò felice di avere contribuito alla liberazione di Mussolini e di avere,<br />

forse con la sua presenza, evitato un sanguinoso conflitto. Disse a Mussolini che non<br />

era consigliabile tornare immediatamente a Roma, dove c’era una «atmosfera di guerra<br />

civile», diede qualche notizia sulla fuga del Governo e del re […]. Gli uomini di Skorzeny<br />

dopo essersi impadroniti delle mitragliatrici che erano state postate ai lati della porta<br />

d’ingresso del rifugio, salirono in gruppo nella stanza del Duce. Skorzeny, sudante e<br />

commosso, si mise sull’attenti e disse: «Il Führer, che dopo la vostra cattura ha pensato<br />

per notti e notti al modo di liberarvi mi ha dato questo incarico. Io ho seguito con<br />

infinite difficoltà giorno per giorno le vostre vicende e le vostre peregrinazioni. Oggi ho

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