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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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occa, il 50/60 rinculava pochissimo; altre raffinatezze tipicamente germaniche erano il<br />

ruotino per consentire alle code d’affusto un posizionamento senza sforzo e un<br />

congegno bloccante le sospensioni quando le stesse code venivano divaricate, in modo<br />

da mantenere ferma in senso verticale la bocca da fuoco. Poiché però a 450 metri il tiro<br />

del pezzo da 40 mm e delle mitragliatrici dei carri inglesi si faceva pericoloso, il vero<br />

vincitore del duello tra proietto e corazza nel deserto fu il cannone contraereo da 88,<br />

già impiegato come controcarro dalla Legione Condor durante l’offensiva in Catalogna<br />

del 1938-39 ancora nella versione modello 18, derivata negli Anni Venti, con la<br />

complicità della Bofors svedese, da un pezzo della Prima Guerra Mondiale. Ovviamente<br />

occorreva impiegare non le granate a shrapnel usate contro i velivoli, ma proietti più<br />

massicci a scoppio leggermente ritardato grazie alla spoletta posteriore. Sia il modello<br />

18 che il modello 1936. in pratica la versione scudata del primo, avevano la canna lunga<br />

m 4,93, una lunghezza totale di m 7.62, un peso, in ordine di marcia sulle quattro<br />

ruote, di 7,2 tonnellate, che scendevano a 5 in posizione. La granata controcarro,<br />

pesante 15,3 kg, aveva una velocità iniziale di 795 m/sec. e a 1300 m perforava 95 mm<br />

d’acciaio.<br />

Per la difesa ravvicinata, come armi controcarro i tedeschi usavano i fuciloni PzB.38 e<br />

39 calibro 7,92 (il bossolo era molto più grande di quello del fucile Mauser), capaci di<br />

perforare fino a 30 mm a 100 m, cariche cave a mignatta o lanciabili, fasci di sei<br />

involucri di bomba a mano M 1924 legati intorno a un ordigno dello stesso tipo ma<br />

intero, cioè col manico e l’accenditore, bombe da fucile, anche queste a carica cava,<br />

chiamate P.40. Vi era poi il fucilone 2,8 cm SPzB.41 pesante 229 kg comprese le ruote<br />

applicabili, ma dotato di una canna il cui calibro, riducendosi verso la bocca da 28 a 20<br />

mm, dava pressioni elevatissime e quindi schizzava fuori, ad una velocità iniziale di ben<br />

1400 m/sec. un proietto che così perforava a 360 m ben 56 mm d’acciaio.<br />

Passando alle artiglierie più convenzionali, esse andavano dai cannoni leggeri da<br />

fanteria calibro 75/12 (400 kg. portata 3.5 km) ai pezzi da 172,5 («17 cm Kanone 18»)<br />

che raggiungeva i 29 km. I più diffusi erano però gli obici da campagna da 105/28 (12<br />

km), quelli pesanti da 150/30 (19 km) e i cannoncini contraerei leggeri da 37 (tiro utile<br />

fino a quota 4800 m e cadenze pratica di 80 colpi al minuto), nonché le mitragliere<br />

Mauser da 20. Tra i semoventi, molto impiegati i 47 mm cecoslovacchi su scafi del<br />

Panzer I, il Marder con bocca da fuoco russa da mm 76,2 o tedesca da 75 o il già citato<br />

Diana. Le autoblindo leggere migliori erano le tipo 221, 222 e 223 a quattro ruote,<br />

differenti essenzialmente le prime due per l’armamento, una MG 34 oppure una 20 mm<br />

e la terza per la grande antenna rettangolare della ricetrasmittente a lunga portata.<br />

L’autonomia era di 300 km su strada e di 180 su terreno rotto, e la velocità massima di<br />

80 km orari. Prestazioni analoghe, con una velocità un po’ superiore (85 km orari),<br />

avevano le autoblindo pesanti a otto ruote tipo 231 (cannoncino da 20 e mitragliatrice<br />

da 7,62 mm), 232 (solo cannoncino, versione ricetrasmittente), 233 (cannone da 75/24)<br />

e 264 (senza torretta, antenna rettangolare, eventualmente una mitragliatrice). Le<br />

«Achtrader» (ottoruote) avevano tutte guida anteriore e posteriore. Per i carri armati<br />

rimandiamo alle Schede che li illustrano dettagliatamente; è doveroso però ricordare<br />

che in questo campo la superiorità fu sempre tedesca finché non comparvero gli<br />

Sherman: la bilancia sarebbe stata di nuovo rovesciata a favore della Wehrmacht già a<br />

El-Alamein con i Panzer IV armati del 75/43 e in Tunisia con i primi Tigre se non ne<br />

fossero arrivati in Africa troppo pochi e troppo tardi.<br />

Gianfranco Simone

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