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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Documenti e testimonianze<br />

L’eccidio di Cefalonia<br />

A Cefalonia dove dal 1° maggio 1941 stazionano le truppe della Divisione «Acqui», la<br />

notizia dell’armistizio provoca scene d’indescrivibile entusiasmo. Essa, ha scritto un<br />

reduce, «dette luogo a intemperanti manifestazioni di gioia, sia fra la truppa italiana, sia<br />

fra quella tedesca, e sia – specialmente – tra la popolazione civile. Si udirono a lungo –<br />

in segno di allegria – colpi di moschetti, di pistole e bombe a mano; si videro soldati<br />

italiani fraternizzare e cantare, a braccetto, con i soldati tedeschi; la gente si<br />

abbracciava per le vie; le campane di molte chiese, soprattutto dei dintorni di Argostoli<br />

e delle campagne, suonarono a distesa».<br />

Anche qui, su quest’isola greca che sorge davanti al golfo di Corinto, in una posizione<br />

strategica che fin dagli albori della civiltà mediterranea ne ha fatto la preda più ambita<br />

d’innumerevoli eserciti invasori, il comunicato di Badoglio è stato interpretato male. Di<br />

quel messaggio i soldati italiani, con le loro scarpe rotte, le divise a pezzi e una fame<br />

che dura da ventotto mesi, hanno capito una cosa sola: che la guerra è finita e che<br />

presto si potrà tornare a casa. È curioso che lo stesso errore sia stato commesso dai<br />

loro commilitoni di lingua tedesca, gli anziani austriaci che quella sera ad Argostoli si<br />

daranno a copiose libagioni prima di essere portati in caserma dalle pattuglie della<br />

polizia militare.<br />

Eppure quei soldati non sono lì per caso. Il loro arrivo a Cefalonia risale ad appena due<br />

mesi prima e rientra, evidentemente, tra le misure di sicurezza prese dall’alto comando<br />

tedesco proprio in vista di quell’evento che essi sembrano avere frainteso: l’uscita<br />

dell’Italia dal conflitto e il suo armistizio con gli anglo-americani. I 25 ufficiali e i 2000<br />

uomini del 399° Granadierbattalion e del corpo di artiglieria da fortezza al comando del<br />

tenente colonnello di fanteria Hans Barge sono sbarcati tra il 5 e il 10 agosto e hanno<br />

piazzato i loro cannoni nel settore di Lixuri, proprio davanti ad Argostoli. Sono venuti ad<br />

aiutarci o a tenerci d’occhio? Si preparano a difendere l’isola da eventuali attacchi<br />

nemici o aspettano il momento giusto per puntare le loro bocche da fuoco contro di noi?<br />

Undicimila soldati italiani «abbandonati» su un’isola<br />

Gli italiani a Cefalonia sono quasi undicimila: due reggimenti di fanteria, un reggimento<br />

di artiglieria divisionale, quattro gruppi di artiglieria di rinforzo, un gruppo contraereo,<br />

due compagnie di mitraglieri e due sezioni di mitraglieri contraerei, reparti di genieri, tre<br />

ospedali da campo, una compagnia di carabinieri e una di finanzieri. C’è anche un<br />

nucleo della Marina, comandato dal capitano di fregata Mastrangelo, che la notte dell’8<br />

settembre, obbedendo all’ordine di trasferimento della flotta italiana a Malta, ha fatto<br />

partire i pochi MAS di cui era dotato lasciando sull’isola il comando, due batterie e gli<br />

ufficiali di una flottiglia di dragamine. Il comandante della Divisione «Acqui» è un<br />

avezzanese di cinquantadue anni, uscito dall’accademia militare di Modena, che deve la<br />

sua prima onorificenza ad un atto generoso: nel 1911, in Tripolitania, si è buttato nelle<br />

acque del Mediterraneo per salvare la vita di tre dei suoi soldati che rischiavano di<br />

annegare. Si chiama Antonio Gandin ed è considerato un buon ufficiale, umano e<br />

coraggioso. Ben presto avrà modo di provarlo.<br />

La prima misura di Gandin, dopo avere ascoltato dalla radio l’annuncio di Badoglio alla<br />

nazione, è l’anticipo del coprifuoco. I greci si chiudono nelle loro case e le strade

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