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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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famiglia e la corte) e a sera vi viene trasferito Mussolini: occupa l’appartamento n. 201<br />

che ha ingresso, soggiorno, due camere da letto e bagno.<br />

Otto Skorzeny conosce la nuova residenza di Mussolini la sera del 7 settembre; ad<br />

individuarla è la SS Kappler, capo della polizia di sicurezza tedesca a Roma, che riesce<br />

ad intercettare un messaggio cifrato inviato dal Gran Sasso a Roma e diretto al capo<br />

della polizia italiana, Senise. Il messaggio, a firma dell’ispettore di polizia Giuseppe<br />

Gueli, informa che «tutto è a posto, la scorta del noto personaggio ammonta a<br />

duecentocinquanta uomini e lui stesso è sorvegliato a vista dal tenente Alberto Faiola».<br />

Colpo di mano sul Gran Sasso<br />

L’operazione per liberare Mussolini, scattata immediatamente, viene ritardata per un<br />

paio di giorni dall’annuncio dell’armistizio; poi l’11 settembre il generale Kurt Student,<br />

della Luftwaffe – autore della conquista di Creta e ora incaricato di dirigere il piano per<br />

la liberazione di Mussolini – chiama a rapporto il maggiore Harald Mors, 33 anni, di<br />

origine svizzera, comandante del 1° Battaglione del 7° Reggimento paracadutisti della<br />

2ª Divisione, accampato alle pendici dei monti Albani nei pressi del collegio gesuita di<br />

Mondragone. A lui Student affida l’incarico di liberare Mussolini con un lancio di<br />

paracadutisti sul Gran Sasso mediante un certo numero di alianti (e di qui nascerà la<br />

polemica perché, nel dopoguerra, Mors dirà che Skorzeny si era subdolamente<br />

appropriato di tutto il merito della liberazione di Mussolini anche se Student lo aveva<br />

accolto nella operazione soltanto «in qualità di ospite»).<br />

La mattina di domenica 12 settembre, splendida e calda giornata di sole, una colonna<br />

formata da due compagnie di paracadutisti motorizzati, da una compagnia anticarro e<br />

da una parte della compagnia pesante – agli ordini di Mors – raggiunge in camion la<br />

valle di Asserigi occupando la stazione inferiore della funicolare del Gran Sasso; al<br />

tempo stesso dieci alianti con novanta paracadutisti a bordo, trainati da altrettanti<br />

Heinkel al comando del maggiore pilota Heidenreich, partono dalla base di Pratica di<br />

Mare. Sull’aliante di testa c’è Skorzeny che, poco prima, ha preso con sé un ostaggio da<br />

mandare avanti al momento dello sbarco a Campo Imperatore: è il generale Fernando<br />

Soleti, comandante dei metropolitani di Roma, prelevato dalle SS nella sua casa e<br />

trasportato senza spiegazioni all’aeroporto.<br />

La flottiglia degli alianti compare sopra il Gran Sasso alle 14 esatte, quando già Mors e i<br />

suoi uomini hanno occupato la base della funivia, uccidendo due carabinieri che vi erano<br />

di guardia. Dei dodici alianti otto atterrano felicemente, uno si fracassa contro una<br />

roccia e gli occupanti rimangono in parte uccisi e tre vengono dati per dispersi. Quello<br />

di Skorzeny è il primo a toccare terra andando in pezzi. Il capitano delle SS balza fuori,<br />

spingendo davanti a sé il generale Soleti che grida «Non sparate, non sparate!». Un<br />

appello inutile perché l’ispettore Gueli, Faiola e lo stesso Mussolini, subito apparsi alle<br />

finestre dell’albergo (Gueli è nudo, stava facendo la cura del sole), si sbracciano verso i<br />

soldati perché non reagiscano.<br />

Mussolini: «Fate di me ciò che volete»<br />

Dodici minuti dopo lo sbarco l’operazione è conclusa. Skorzeny si presenta a Mussolini:<br />

«Duce – gli dice – il mio Führer mi ha inviato da voi per liberarvi. Siete libero».<br />

Mussolini lo abbraccia: «Sapevo che il mio amico Adolfo Hitler non mi avrebbe

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