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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Oxilia: «Vogliamo collegarci con comando italiano di Badoglio. Combattiamo i<br />

tedeschi».<br />

Italia: «Bene, bravi, vi chiameremo alle ore 10».<br />

Oxilia: «Chiamateci alle 10, alle 12, alle 14, alle 16, alle 18, alle 20».<br />

Italia: «State tranquilli. Vi chiameremo alle 10, 12, 14, 16, 18, 20».<br />

Oxilia: «Bene. Grazie. Chi siete?».<br />

Italia: «Brindisi Comando Supremo. Arrivederci, buona fortuna, bravi».<br />

Oxilia: «Arrivederci. Grazie. Non ci abbandonate».<br />

Italia: «State tranquilli. Bravi. Buona fortuna Auguri»,<br />

L’annientamento della divisione «Acqui»<br />

In Dalmazia, a Zara, i partigiani slavi e molti elementi della Divisione «Bergamo» fanno<br />

causa comune e difendono la città dai tedeschi fino al 27 settembre quando la<br />

resistenza è sopraffatta e vengono fucilati per rappresaglia i generali Alfonso Cigala<br />

Fulgosi, Salvatore Pelltgra e Raffaele Policardi (accusati di «avere fornito armi ai<br />

partigiani») nonché quarantasei ufficiali. A Ragusa il comandante della Divisione<br />

«Marche», generale Giuseppe Amico, viene catturato dai tedeschi e poi mandato in<br />

mezzo alle truppe per invitarle alla resa. Amico, invece, esorta i soldati alla ribellione<br />

che si accende per le strade e si prolunga finché il generale stesso cade ucciso in<br />

combattimento. Anche la «Messina», stanziata nei dintorni di Ragusa, resiste per<br />

quattro giorni mentre a Spalato, l’11 settembre, nasce il primo battaglione «Garibaldi»<br />

(350 uomini di cui 200 ex carabinieri, dotato di un cannone, un mortaio, dodici<br />

mitragliatrici pesanti e diciotto leggere) che già il 17 respinge un attacco di carri armati<br />

tedeschi.<br />

In Montenegro, al momento dell’armistizio, si sfascia la Divisione «Ferrara». mentre<br />

l’«Emilia» riesce a reimbarcarsi alle Bocche di Cattaro e la «Taurinense» e la «Venezia»<br />

stringono subito accordi con il 2° Corpus di Tito ed entrano in linea di combattimento.<br />

La «Venezia» (che il 10 ottobre ha finalmente ricevuto da Brindisi un radiomessaggio<br />

che la riconosce unità combattente a fianco delle Nazioni Unite) prende parte il 14<br />

ottobre alla battaglia di Jernisa Glava e dopo tre giorni di duri combattimenti espugna,<br />

assieme ai partigiani jugoslavi, il passo del Ciakor. Dalla fusione dei reparti della<br />

«Venezia» e della «Taurinense» sorge il 2 dicembre 1943 la Divisione «Garibaldi» su<br />

quattro brigate: è la prima grande unità nata all’estero dalle ceneri del Regio Esercito e<br />

che si unirà, nella lotta di resistenza, al Battaglione «Matteotti» creato in Dalmazia e<br />

spostato poi in Bosnia e in Serbia per dare vita alla futura Divisione «Italia».<br />

Profondamente diverse sono invece le conseguenze dell’armistizio fra i presidi del<br />

Dodecanneso dove la lotta contro la violenza e la prevaricazione nazista appare<br />

disperatamente chiusa in se stessa, senza possibilità di sviluppi futuri e che lascia nella<br />

storia soltanto l’eredità del sacrificio. È ben vero che Rodi, Lero, Corfù, Cefalonia hanno<br />

per gli Alleati una notevole importanza strategica e quindi sarebbe necessario<br />

rinforzarne i presidi italiani e le postazioni difensive, ma l’attenzione del Comando<br />

supremo anglo-americano per il Mediterraneo è ora tutta puntata sugli esiti dello sbarco<br />

di Salerno (confesserà Eisenhower nelle memorie, Crociata in Europa: «… La sostanza<br />

era che i distaccamenti italiani del Dodecanneso non offrivano garanzia e che noi non<br />

potevamo fare né avremmo fatto nulla nelle isole. Quelle isole, a parere mio, sebbene di<br />

considerevole importanza strategica, non si potevano paragonare come valore bellico al<br />

successo nella battaglia d’Italia»).

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