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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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la mattina del 10 settembre. Il giorno dopo Milano sarà occupata dai carri della divisione<br />

Hermann Göring.<br />

Il 9 il generale Vittorio Ruggero, comandante della regione militare della Lombardia e<br />

dell’alta Emilia, ha conferito con Riccardo Lombardi che a nome dei partiti antifascisti ha<br />

chiesto armi per distribuirle alla popolazione. Ruggero è un ufficiale di stretta osservanza<br />

monarchica, e tuttavia ha accordato a Lombardi, con cui è in contatto fin dai primi giorni di<br />

settembre, 110 mitragliatori e alcune migliaia di fucili, anche se con scarsa dotazione di<br />

cartucce, non più di dieci a testa. Ruggero ha dato la propria parola di soldato che intende<br />

resistere, e ha impartito ordini in tal senso ai presidi da lui dipendenti.<br />

Nel tardo pomeriggio del 9 Riccardo Lombardi si è incontrato con Parri, Albasini e altri<br />

dirigenti politici in corso Italia 6, e ha organizzato una manifestazione popolare che si è<br />

svolta affollata in piazza Duomo. Durante il comizio sono apparse le prime autoblindo<br />

tedesche, senza però intervenire. A comizio concluso, nella sede di via Manzoni del partito<br />

d’Azione sono stati distribuiti ai milanesi i primi duemila fucili ottenuti da Ruggero.<br />

Senonché il generale cambia idea. Nella notte giunge nel suo ufficio un certo colonnello Di<br />

Leo, inviato dal Comando Supremo a coprire il posto rimasto vacante di capo del<br />

controspionaggio presso il Corpo d’Armata di Milano. Di Leo si dichiara latore di alcune<br />

speciali istruzioni il cui contenuto non verrà mai reso noto, ma che servono ad<br />

ammorbidire la volontà di combattere di Ruggero. E questi il 10, in contrasto con tutto il<br />

suo comportamento precedente, energico e coraggioso, prende contatto coi tedeschi,<br />

tratta la resa. La sera dello stesso giorno, rivolgendosi per radio alla cittadinanza, afferma<br />

che i tedeschi si limiteranno a transitare per Milano, senza occupare la città né pretendere<br />

il disarmo delle forze italiane. I civili vengono invitati a consegnare le armi, pena la<br />

fucilazione.<br />

La mattina dell’11 i carristi della Hermann Göring entrano nella città, disarmano i soldati<br />

italiani, fanno prigioniero Ruggero che subisce la deportazione in Germania. I panzer<br />

sfilano per Foro Bonaparte, raggiungono piazza Duomo, si accampano nella galleria<br />

Vittorio Emanuele. Un milite fascista che si è rimesso la divisa avvicina uno sbarramento di<br />

tedeschi, saluta a braccio teso, e viene accolto tra di loro.<br />

L’ultimatum alla capitale<br />

Il generale Caviglia, protagonista delle «giornate di Roma», racconta<br />

come arrivò ad accettare l’ultimatum di Kesselring<br />

Le note del diario del maresciallo d’Italia Enrico Caviglia (1862-1945) relative al settembre<br />

1943 sono essenziali per avere un quadro completo della situazione creatasi a Roma<br />

all’indomani dell’armistizio. E, questo, non tanto per l’autorità del testimone ma perché<br />

Caviglia – uscito in quei giorni, casualmente, dal suo sdegnoso esilio di Finalmarina - fu<br />

protagonista degli eventi.<br />

8-10 settembre 1943.<br />

Il mattino dell’8 settembre 1943 arrivai a Roma in treno per alcuni miei affari privati. Vi ero<br />

stato per pochi giorni in agosto.<br />

Avevo lasciato Roma alla fine di maggio per l’annuale trasferimento a Finalmarina; dopo di<br />

allora era avvenuto il colpo di stato del 25 luglio […]. Appena sceso alla stazione di Roma,<br />

dissi al generale Campanari di chiedere un’udienza al Sovrano, per presentargli i miei<br />

ossequi. L’udienza fu domandata, e il Re fece rispondere: «Se è una cosa urgente,

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