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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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chiedendo il libero transito sul ponte della Magliana dei suoi paracadutisti e di altri reparti<br />

minori dell’aviazione tedesca. I tedeschi chiedono di poter attraversare Roma, senza<br />

sostare in città, per proseguire versa il nord. Si acconsente, ma viene però stabilita una<br />

breve tregua d’armi.<br />

Ma non appena i primi reparti tedeschi passano il ponte gli accordi vengono calpestati.<br />

L’artiglieria e i pezzi anticarro nemici riaprono il fuoco sulle nostre posizioni. Si riaccende la<br />

lotta, i combattimenti riprendono furiosi, accaniti.<br />

A mezzogiorno del 10 settembre, sulla piazza dell’Emporio, a Testaccio, molta gente fa<br />

ressa intorno ad alcuni automezzi militari italiani: a gran voce i cittadini chiedono le armi<br />

per difendersi e per combattere contro l’invasore tedesco.<br />

Alla Passeggiata Archeologica le granate lanciate dai mortai tedeschi scoppiano con<br />

sempre maggiore intensità. Una cannonata colpisce l’obelisco di Axum facendo volare in<br />

aria un’infinità di schegge. Il caos e la confusione sono generali. Una ridda di notizie, le più<br />

assurde, circola di bocca in bocca: «Hanno detto che a Civitavecchia i tedeschi sono stati<br />

sopraffatti, disarmati e rinchiusi nel penitenziario». La notizia che i tedeschi hanno la<br />

peggio infervora i ragazzi romani.<br />

La mattina del 10 settembre, a seguito del ripiegamento della linea del fuoco, si è attuato<br />

un nuovo schieramento della resistenza italiana che sbarra la zona compresa tra la via<br />

Ostiense e la via Ardeatina. li Comando del reggimento si è installato in una palazzina<br />

rossa della Montagnola, dietro la linea del fuoco.<br />

Da pochi minuti è stata concordata con i tedeschi una tregua del combattimento. Il<br />

colonnello Di Pierro ha chiamata a rapporto i comandanti di battaglione, i quali hanno<br />

riferito che le munizioni sono quasi esaurite. Sono circa le otto. Improvvisamente alle<br />

spalle del Comando sbucano due autoblindo tedesche seguite da carri armati,<br />

evidentemente guidati da elementi della quinta colonna: soltanto agenti della quinta<br />

colonna possano avere così tempestivamente individuato la sede del Comando.<br />

La capitale deve arrendersi<br />

Calpestando la tregua stabilita i tedeschi aprono il fuoco sulla palazzina, a distanza<br />

ravvicinata, uccidendo il tenente Perna e alcuni granatieri addetti al Comando. Ci saranno<br />

vittime anche fra la popolazione civile della Mantagnola.<br />

Le condizioni della nostra difesa sono sempre più difficili. Ormai i granatieri e gli artiglieri<br />

del reparto corazzato (RE.CO.) appartenenti al reggimento Montebello, al comando del<br />

colonnello Giordani, si stanno battendo da oltre 30 ore, senza rancio, senza acqua, sotto il<br />

sole martellante, in continua alternativa di ordini e contrordini, di informazioni allarmanti e<br />

contraddittorie. La notizia della fuga del re, del governo e del comando supremo è arrivata<br />

fino sulla linea del fuoco. I combattenti, demoralizzati, con insistenza si chiedono se non<br />

stanno versando il loro sangue invano, se non si sta tramando il tradimento alle loro<br />

spalle. Lo sconforto si legge sui visi pieni di sudore dei comandanti. La sfiducia comincia a<br />

serpeggiare lungo la linea tortuosa del fronte.<br />

Malgrado tutto si resiste, si contesta il terreno palmo a palmo, da un fossato ad un angolo<br />

di strada. Lo squadrone del Montebello ormai combatte allo scoperto sotto il fuoco diretto<br />

degli anticarro tedeschi.<br />

A porta San Paolo, sul monte di Testaccio, nelle strade, soldati e popolo sono uniti nella<br />

lotta. Si combatte all’antica, tra le vecchie mura di Roma, contro i carri armati.<br />

Nel tardo pomeriggio del 10 settembre, l’Agenzia Stefani comunica: «Le trattative iniziate<br />

ieri tra le Autorità militari italiane e tedesche si sono concluse oggi alle 16».<br />

La capitolazione prevede la consegna delle armi al nemico e la dichiarazione di «Roma,<br />

città aperta», sotto il comando amministrativo e di polizia del generale Calvi di Bergolo.

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