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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Togliatti ha così descritto i suoi incontri col re: «Era una disperazione, desolante. Sempre<br />

molto corretto, molto cortese, quando entravo e uscivo si inchinava leggermente».<br />

Bonomi dice di lui: «È un buon giovane».<br />

Sforza: «È il primo re sabaudo che parla e pensa in italiano, e non in piemontese. È meglio<br />

di suo padre».<br />

De Gasperi: «È una gran brava persona».<br />

Nenni prima lo definisce «Un giovanottino scialbo che pare un impiegatino»; poi un giorno<br />

Umberto gli parla di sua sorella Mafalda morta a Buchenwald, come la figlia di Nenni, e<br />

Nenni commenta: «È in fondo un bravo figliolo». Togliatti ha ragione quando gli dice: «Il<br />

tuo punto debole è non sapere odiare, perché l’odio in politica è un’arma essenziale».<br />

L’Italia è prostrata. Occorrono i «punti» per acquistare gli abiti o le scarpe, c’è il<br />

Commissariato degli alloggi, molti generi sono razionati, anche l’energia elettrica è<br />

distribuita secondo degli orari. Il costo della vita, che nel 1938 era 100, è salito nel<br />

gennaio del 1946 a 2781.[…]<br />

Sui giornali si parla molto di «forze della reazione in agguato», e i cori dei manifestanti<br />

comunisti dicono, rivolgendosi a De Gasperi: «E vattene, e vattene, odioso cancelliere, se<br />

non ti squagli subito, son calci nel sedere». Quelli delle Figlie di Maria rispondono:<br />

«Sempre col Papa fino alla morte, che bella sorte, che bella sorte».<br />

La polemica è sempre più accesa. C’è un giornalista che si è fatto un gran nome:<br />

Guglielmo Giannini. La sua rubrica si chiama Le Vespe. Vi si leggono frasi come queste:<br />

«Togliatti, Nenni, Silone, farabutti, falsari, immondo brulicare di politica verminaia». E<br />

anche «Fetenti, fetentoni, fregnoni, panscrementi, carogne e simili». Il suo giornale si<br />

chiama l’Uomo Qualunque, vende ottocentomila copie. […]<br />

Umberto di Savoia conduce una vita intensa. Pochi giorni lo separano dal referendum, e<br />

non sarà facile guadagnare il tempo perduto. È una lotta fra sentimenti e risentimenti. In<br />

fondo la figura in discussione non è nemmeno la sua, ma piuttosto quella del re che ha<br />

abdicato. Di Umberto si dice: «Doveva farsi paracadutare fra i partigiani»», ma a Vittorio<br />

Emanuele si rimproverano tante cose. Nel 1924 il fascismo era in crisi, era una minoranza,<br />

e lui non si liberò di Mussolini, come tutti si aspettavano. «Sarebbe stato», scrive<br />

qualcuno, «il salvatore della patria».<br />

Lasciò accantonare lo Statuto, permise la creazione di una milizia di parte, l’istituzione del<br />

Tribunale speciale e del confino, le avventure dell’Africa e della Spagna, il patto d’acciaio.<br />

È vero che nel 1943 c’era stato il 25 luglio, e che si era ribellato ai tedeschi, ma anche la<br />

pagina dell’8 settembre veniva ricordata con amarezza: non perché si fosse messo in<br />

salvo, come del resto avevano fatto molti altri sovrani, ma per il disordine nel quale aveva<br />

lasciato il paese. «Farò ritorno fra voi», annunciava Toscanini alla radio americana, «come<br />

cittadino della libera Italia, ma non quale suddito del re degenerato e dei principi di casa<br />

Savoia».<br />

«Prepariamoci al commiato», dice Umberto al ministro della Real Casa durante un viaggio<br />

nel Nord dell’Italia. A Genova un giovane scalmanato si avvicina alla sua macchina e gli<br />

grida «Assassino», a Venezia, quando passa davanti all’arsenale, centinaia di operai lo<br />

fissano in silenzio. Solo gli allievi del Collegio navale di Sant’Elena lanciano i berretti<br />

candidi e gridano evviva. […]<br />

Il 1° giugno, vigilia delle elezioni, il Corriere della Sera, che ha un deciso atteggiamento<br />

repubblicano, pubblica un fondo del suo direttore, Mario Borsa. Concludendo, è il titolo.<br />

«Paura di che?», scrive l’editorialista. «Del nuovo perché nuovo? Qualunque cosa ci capiti<br />

domani non sarà mai così brutta, così disastrosa, così tragica come ciò che ci è capitato<br />

ieri. Paura di che? Del famoso salto nel buio? Lo credano i nostri lettori: il buio non è nella<br />

Repubblica o nella Monarchia. Il buio, purtroppo, è in noi, nella nostra ignoranza, o

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