20.05.2013 Views

SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

fascista. La violenza dell’ex estremista Mussolini gli appare più convincente dei tentativi di<br />

raddrizzamento, opera degli ultimi esponenti liberali, fra cui come sempre più audace di<br />

tutti quella di Giolitti.<br />

Può darsi che a quel punto Giolitti sia superato, ma è avvilente ricordare che nel 1928, in<br />

piena fascismo, il re non andrà neppure ai suoi funerali e anzi non vi si farà nemmeno<br />

degnamente rappresentare. Quel funerale è seguito anche da uomini che rischiano<br />

qualcosa con la loro partecipazione. Lui, il re, non avrebbe rischiato nulla e avrebbe reso<br />

omaggio all’Italia liberale che aveva fatto la fortuna della sua Casa.<br />

Né molto di regale può vedersi, anni più tardi, nelle prese in giro postume dello statista<br />

che il re si permetterà di definire «callido» e «ignorante» e, per di più, chiacchierando con<br />

un Ciano qualsiasi. Ma Vittorio Emanuele è, come tutti, un impasto di umori e qualità<br />

contraddittorie difficile da classificare.<br />

Si è scritto che il coraggio che gli mancava era quella morale, il superare i timori e i disagi<br />

momentanei per seguire una coerenza profonda. Forse si può dire che l’ultimo re d’Italia<br />

quel coraggio lo perse per strada e lo ritrovò solo saltuariamente. Non gli era mancato<br />

all’inizio del regno quando aveva dimostrato di avere nello Statuto e nel sistema liberale<br />

quella fiducia che ormai mancava a troppi uomini politici. Non lo ritrova nel 1922 alla<br />

marcia su Roma e tanto meno nel 1924-25 durante la crisi Matteotti quando la situazione è<br />

più chiara e quando solidarietà e incoraggiamenti non gli mancano davvero. Non lo ritrova<br />

nel 1938-39 quando il consenso borghese intorno al fascismo comincia a venarsi di<br />

preoccupazioni che inducono molti a guardare al re. Ma il re firma le leggi razziali e, al pari<br />

di tanti italiani, si lascia vivere, va avanti giorno per giorno finché, nell’estate 1940, al<br />

momento delle vittorie tedesche, ritorna anche lui mussoliniano con riserva. Così ha<br />

lasciato gettare il paese nella tragedia con la sola prospettiva di qualche nuova «foglia di<br />

carciofo» territoriale da poter aggiungere al bottino di famiglia.<br />

Un coraggio tardivo<br />

Per queste sue colpe non pagherà neppure molto: la perdita della corona e un esilio senza<br />

strettezze materiali sono castighi di lusso paragonati alle tragedie di tanti poveracci. Però<br />

dall’inverno 1940-41 il re ha imboccato la via del ritorno, pur con le incertezze dovute agli<br />

alti e bassi della guerra. E il coraggio gli rinasce al 25 luglio che è sola opera sua. Si trova<br />

– è vero – stretto da una situazione inesorabile ma non ancora alle corde tanto che ha<br />

aspettato silenzioso e cocciuto l’avverarsi di certe sue fisime politiche e costituzionali,<br />

mentre da mesi tutti gli facevano fretta, a parole. Non è certo pavido il re che il suo<br />

aiutante Puntoni ci ha descritto mentre «passeggia su e giù per la sala» preparandosi al<br />

non facile colloquio fin quando alle 16.55 compare in fondo al viale di villa Savoia l’auto di<br />

Mussolini. La capacità di dire sulla faccia a Mussolini che dopo vent’anni deve andarsene,<br />

anzi che lo ha già sostituito, è sua. È lui che, pur nella concitazione, trova parole<br />

appropriate come «L’Italia è in tocchi» o come la qualifica di «straccioni» applicata ai<br />

gerarchi Buffarini e Farinacci. Purtroppo è un coraggio tardivo che, aggravato dal fardello<br />

dell’8 settembre, non lo salverà agli occhi degli italiani. Il re di Brindisi e di Napoli ha<br />

qualcosa di patetico: forse ha giocato il futuro della dinastia con la sua ostinazione nel non<br />

voler abdicare nonostante le pressioni degli Alleati, i consigli di Badoglio, di Croce e di altri<br />

monarchici esperti. Eccessivo attaccamento al trono ancorché vacillante? Convinzione di<br />

non avere mai avuto alcun torto? Forse. Noi crediamo soprattutto all’illusione senile nella<br />

sua capacità di sgravare da solo la corona dal fascismo e dalla sconfitta per poterla<br />

riconsegnare pulita al figlio Umberto.<br />

Con nessun capo del governo Vittorio Emanuele ha rapporti tesi come con Badoglio. Lo<br />

aveva sempre, e forse non a torto, sospettato di ambizioni personali e non lo temeva come

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!