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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Un ultimo tentativo, Umberto lo compie per la verità sul campo d’aviazione di Pescara. Qui,<br />

polemizzando con Badoglio, chiede al re di autorizzarlo a tornare a Roma. Ma il maresciallo<br />

ribatte che la separazione del principe ereditario dal re potrebbe essere interpretata come<br />

una prova di doppio gioco della dinastia da parte degli Alleati; Elena, peraltro, interviene<br />

nella discussione supplicando il figlio di desistere dai suoi propositi («Non andare, ti<br />

uccideranno!»). Interviene finalmente il re, ordina al figlio per l’ultima volta di seguirlo e<br />

da quel momento Umberto desiste da ogni tentativo di dissociarsi dalla «fuga».<br />

Sulla «Baionetta» verso Brindisi<br />

Nel pomeriggio del 9 si decide l’imbarco della comitiva su due navi da guerra leggere, le<br />

corvette Baionetta e Chimera, dopo avere scartato per vari motivi il viaggio aereo. Come<br />

già era successo la notte precedente, anche la notte tra il 9 e il 10, quando il corteo che<br />

ormai è fatto di una settantina di macchine si avvia verso le banchine d’imbarco, si<br />

incrociano colonne militari tedesche. Solo il caso vuole che i fuggitivi non siano riconosciuti<br />

e catturati.<br />

Si è discusso a lungo tra Badoglio, il re e pochi altri sulla destinazione. Particolarmente<br />

vivace è stata la discussione il mattino del 9, prima di raggiungere Pescara, quando il<br />

corteo si è fermato a colazione nel castello di Crecchio, in provincia di Chieti, ospite, il re e<br />

il suo seguito, del duca di Bovino.<br />

Il monarca si è caparbiamente ostinato a sostenere di volere raggiungere un lembo di<br />

territorio nazionale che «non sia in mano dei tedeschi né degli Alleati», forse in un ultimo<br />

soprassalto di orgoglio nazionale. Badoglio, molto più timoroso, o realista, a seconda delle<br />

interpretazioni, insiste invece per un luogo saldamente in mano degli anglo-americani,<br />

«fosse anche la Tunisia», perché, sostiene, «qui è la pelle di tutti noi in pericolo».<br />

La Baionetta imbarca così nella notte il re con la sua famiglia, Badoglio e De Courten. Per<br />

gli altri l’appuntamento è a Ortona a Mare, ma la nave ritarda e al suo arrivo quelli che<br />

aspettano, militari, funzionari, ministri perdono la calma, dopo ore di tensione e di effettivo<br />

pericolo di cadere nelle mani dei tedeschi.<br />

Vogliono imbarcarsi tutti, subito, e lo spettacolo che dà questa massa di graduati e<br />

dignitari è poco edificante. Finalmente una parte riesce ad imbarcarsi; per i rimanenti De<br />

Courten interviene duramente: si rassegnino ad aspettare ancora, arriverà la Chimera tra<br />

poco a rilevarli. Ma quando la seconda nave arriva (ormai è giorno) sulla banchina di<br />

Ortona a Mare non trova più nessuno.<br />

Vittorio Emanuele e Elena trascorrono la notte sul ponte, seduti su sedie a sdraio, avvolti<br />

in coperte; sonnecchiano fino all’alba, quando l’ordinanza del comandante della corvetta<br />

porta loro due gavettini di caffè. Alle 14.30 del giorno 10 i sovrani sbarcano a Brindisi.<br />

Viene messo a loro disposizione un appartamento al primo piano della palazzina<br />

dell’ammiraglio Rubartelli. Comincia così il drammatico e malinconico «regno del Sud».<br />

Il giorno prima la corazzata Roma è stata affondata da una bomba-razzo tedesca al largo<br />

dell’Asinara e l’attacco alla flotta italiana che poi raggiungerà Malta, secondo le condizioni<br />

dell’armistizio di Cassibile, segna l’inizio della rappresaglia tedesca, dell’occupazione totale<br />

del territorio italiano da parte delle truppe di Hitler che danno inizio nella penisola a quella<br />

lunga battaglia ritardante che sarà la campagna d’Italia.<br />

A ben vedere nulla si è fatto, da parte del governo di Roma e del comando supremo, per<br />

porre il paese e la sua struttura portante del momento – cioè le Forze Armate – al riparo di<br />

una simile tragica eventualità che farà allungare per noi la guerra di due anni. Per contro

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