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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo cinquantottesimo<br />

La fuga del re<br />

Per portare l’Italia ad una infelice via d’uscita dalla guerra, con l’armistizio di Cassibile, ci<br />

sono voluti per Badoglio e la monarchia 45 lunghissimi giorni, pieni di sofferenze per gli<br />

italiani e durante i quali i tedeschi non hanno smesso un attimo di rafforzare il loro<br />

dispositivo militare nella penisola. Lo sfacelo, la ritorsione tedesca e il ritorno dei fascisti<br />

dominano il paese già nelle prime 96 ore dopo l’annuncio dell’armistizio. Sono le 96 ore<br />

che sanciscono il fallimento di Badoglio nel suo tentativo di rovesciamento di fronte per<br />

l’Italia e che decidono la divisione dell’Italia in due parti, ambedue sotto l’occupazione<br />

straniera.<br />

Più dura sarà l’occupazione tedesca e tragico il ritorno dei fascisti al potere per il popolo<br />

italiano e in prospettiva anche per gli stessi gerarchi che avranno mansioni di primo piano<br />

nella repubblica-fantoccio di Salò. Non benevola è certo l’occupazione anglo-americana,<br />

anche se Badoglio finirà per fare accettare uno stato di cobelligeranza che, almeno sulla<br />

carta, mitigherà un po’ le condizioni armistiziali.<br />

I tedeschi hanno tutto predisposto durante i 45 giorni per una azione decisa in caso di<br />

«tradimento» dell’Italia, che avrebbe stroncato in breve la resistenza dell’esercito e portato<br />

alla cattura dei principali responsabili di governo e della famiglia reale. Non avrebbero<br />

dovuto faticare molto a piegare la resistenza italiana, perché tranne sporadici episodi di<br />

resistenza, l’esercito si sfalda completamente nelle prime ore dopo l’annuncio<br />

dell’armistizio. Quanto al progetto di catturare il re, Badoglio e gli altri, il piano invece non<br />

riesce perché la decisione di fuggire da parte del re, della sua famiglia e dei suoi<br />

governanti è tempestiva; il prezzo sarà il completo abbandono del paese a se stesso,<br />

aperto alle rappresaglie tedesche.<br />

Badoglio si rende conto della completa disorganizzazione del paese alla vigilia<br />

dell’armistizio e il 7 settembre ha sollecitato un rinvio dei termini agli Alleati: il rinvio<br />

riguarda non già l’8, ma la data precedentemente fissata, del 12 settembre. Ma il vecchio<br />

maresciallo non si rende conto della diffidenza che gli Alleati hanno nei confronti dell’Italia<br />

e dei suoi governanti, benché avessero rovesciato Mussolini, così come gli Alleati non si<br />

rendono conto di quanto grande fosse la disorganizzazione in Italia e incombente il<br />

pericolo di una occupazione tedesca che in molte regioni della penisola è già un fatto<br />

compiuto.<br />

Questo, della diffidenza nei confronti degli italiani, è forse il motivo determinante<br />

dell’improvvisa richiesta di Eisenhower, per tutta risposta alla richiesta di dilazione, di<br />

anticipare l’annuncio all’8 settembre. Il diktat del comandante alleato prende l’Italia alla<br />

gola e getta nella costernazione, e subito dopo nel panico, Badoglio e i suoi.<br />

Dopo avere ricevuto la dura ingiunzione di Eisenhower (che suona praticamente così: «Io<br />

annuncerò l’armistizio alle 20 di questa sera, lei faccia altrettanto»), Badoglio, quando già<br />

la notizia per indiscrezioni captate da agenzie di stampa anglo-americane fa il giro del<br />

mondo, convoca una riunione urgente al Quirinale per le 18. Ha invitato tutti i responsabili<br />

militari. Sono presenti il Capo di Stato Maggiore Ambrosio, il Sottocapo di Stato Maggiore<br />

dell’esercito De Stefanis, in assenza di Roatta che non si riesce a trovare, il ministro della<br />

Guerra Sorice, quello dell’Aeronautica Sandalli, quello della Marina, ammiraglio De<br />

Courten, il generale Carboni, comandante delle truppe preposte alla difesa della capitale, il

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