SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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20.05.2013 Views

aveva detto che non tutti i commenti di Stevens erano scritti da lui, che anche il giornalista Cassuto e, pare, Cecil Spriggs, erano autori di quelle note). Il colonnello era molto addolorato soprattutto per alcuni attacchi che Franzero gli aveva rivolto su un quotidiano di Roma. Poi lasciò cadere il discorso: parlò di Napoli, di spaghetti, di cibi, evitò i riferimenti alla politica, giocò col gatto della padrona di casa. Insistemmo perché rimanesse ancora, quando manifestò l’intenzione di andarsene, ma riuscimmo a trattenerlo appena qualche minuto: disse che il suo treno stava per partire. Si congedò con molta gentilezza, mi fece pena perché mi sembrò un uomo solo, che aveva servito con onore il suo paese e che – direi certamente in buona fede – credeva con fermezza di essersi comportato da amico anche con noi, e che un giorno aveva avuta l’amara sorpresa di sentirsi accusare di poca lealtà. Credetti di potere giustificare le reticenze, e anche la sua tristezza. Enzo Biagi Lo sbarco alleato a Salerno Il 3 settembre 1943 (mentre a Cassibile il generale Castellano si prepara a firmare segretamente l’armistizio), gli Alleati, attraverso lo stretto di Messina, sbarcano in Calabria e senza incontrare eccessivi ostacoli cominciano a risalire la penisola, puntando verso nord, verso la Campania. Sei giorni dopo, altri due sbarchi: a Taranto e a Salerno. A Taranto tutto avviene pacificamente, all’imbrunire del 9 giungono in Mar Grande gli incrociatori che trasportano la prima divisione aviotrasportata; li attendono i rimorchiatori e i piloti italiani che li guidano ai punti di attracco, li pilotano attraverso il canale navigabile. Uno sbarco senza alcuna resistenza, funestato, tuttavia, da un incidente: il dragamine inglese Abdiel salta su una mina, i morti sono 150. In due giorni tutto l’arco dello Ionio, dalla Puglia alla Calabria, è sotto il controllo dell’8ª Armata, e l’avanzata prosegue rapida sul versante adriatico, verso le grandi città della Puglia. Sulla costa tirrenica, invece, la battaglia infuria con esito incerto. L’Operazione «Avalanche» (Valanga), come in codice viene chiamato lo sbarco a Salerno, comincia nelle primissime ore del 9 e subito si rivela una colossale valanga di errori, che per poco non consentono ai tedeschi di ributtare a mare gli anglo-americani, trasformando le spiagge salernitane in una nuova e più tragica Dunkerque. Innanzitutto il suolo: se le spiagge e i fondali sono buoni, il terreno circostante non lo è affatto, dominato come da un anfiteatro montuoso e percorso da una sola strada, la nazionale 18, che porta a Napoli scavalcando passi montani che i tedeschi possono controllare. Eisenhower inoltre ha rinunciato ad un bombardamento aereo-navale sperando, invano, in una sorpresa tattica che consenta alle prime ondate di prendere terra senza ostacoli. Infine la sopravvalutazione delle proprie forze terrestri e, probabilmente, la sottovalutazione delle forze di Kesselring, che in quel settore può far accorrere 6 divisioni, e parecchi mezzi corazzati. La strada per Napoli Il piano alleato stabilisce che le truppe debbano subito liberare Napoli e marciare al più presto su Roma: ma per arrivare a Napoli è necessario occupare Salerno con le strade e i passi che portano a nord, e prima ancora assicurarsi il controllo dell’aeroporto di Montecorvino e della città di Battipaglia, un nodo stradale e ferroviario di primaria importanza, dove si collega la statale 19 che proviene dalla Puglia e dalla Lucania.

Come stabilito, lo sbarco avviene sui 45 km di costa che dividono Agropoli da Salerno: nel settore nord sbarca il 10° Corpo di Armata britannico, a sud il 6° americano. Le prime truppe toccano terra verso le 3.30 del mattino, mentre si levano le prime luci dell’alba; poi a ondate successive seguono le altre. La resistenza tedesca è subito accanita e verso le 7 nella zona di Agropoli compaiono i primi panzer che cercano di raggiungere la spiaggia e ributtare a mare i nemici. Kesselring ordina alla 29ª Divisione panzergrenadieren impegnata in Calabria a contrastare l’avanzata di Montgomery, di sganciarsi e accorrere a Salerno; lo stesso ordine è impartito alla 3ª panzergrenadieren che, dopo la resa delle truppe italiane schierate a protezione di Roma, è libera di manovrare e accorrere sul fronte dello sbarco. Fra il 10 e il 15 settembre la situazione si mantiene incerta e più volte gli Alleati rischiano di andare incontro ad un insuccesso. Il 10 gli inglesi occupano Salerno e Battipaglia ma, dopo un violento contrattacco di carri, sono ricacciati via da Battipaglia, mentre il porto di Salerno è martellato dalle artiglierie tedesche situate sulle colline che dominano la zona. La situazione è estremamente pericolosa anche a sud, nel settore americano, e Clark, di fronte all’insistente e sempre più massiccia controffensiva nemica, ordina all’ammiraglio Hewitt di preparare un piano che preveda il rapido reimbarco del 6° Corpo d’Armata americano e il suo immediato sbarco nel settore britannico. Ma non sarà necessario arrivare a questo: la marina e l’aviazione eviteranno uno scacco. Kesselring si ritira A giocare un ruolo decisivo nel successo dell’intera operazione sono, infatti, l’aviazione e la marina: per cinque giorni, dalle navi al largo delle coste salernitane parte una valanga di fuoco contro le postazioni tedesche, mentre l’aviazione martella senza soste le retrovie, interrompendo le vie di comunicazione e impedendo il sopraggiungere di altri rinforzi. La sera del 14, dopo un ennesimo contrattacco, il generale Vietingoff telegrafa al maresciallo Kesselring: «L’attacco di questa mattina è stato sottoposto al fuoco delle artiglierie di almeno 16-18 corazzate, incrociatori e grandi caccia. Con straordinaria precisione e libertà di manovra queste navi hanno fatto fuoco su tutti i bersagli che individuavano con effetti micidiali». Due giorni dopo, il 16, Kesselring ordina alle sue truppe di ritirarsi verso nord «per sottrarsi all’efficace bombardamento da parte delle navi da guerra». Per gli angloamericani la via di Napoli è aperta. «Se a Saierno», commenta il generale Alexander ad operazione conclusa, «la marina e l’esercito non avessero potuto disporre della superiorità aerea, lo sbarco sarebbe fallito» Ma se, nonostante tutto, l’operazione «Avalanche» dal punto di vista militare è stata un successo, politicamente e strategicamente non raggiunse gli obiettivi che si era prefissi: immediata liberazione di Napoli e rapida avanzata su Roma. Per liberare Roma occorreranno infatti circa nove mesi e per percorrere i 54 km che separano Salerno da Napoli 22 giorni. Il «corto armistizio» Il documento che il generale Castellano sottoscrisse, per delega di Badoglio, a Cassibile il 3 settembre del 1943 Riportiamo integralmente le dodici clausole dell’armistizio firmato il 3 settembre 1943 a Cassibile dal generale Castellano, per delega di Badoglio.

aveva detto che non tutti i commenti di Stevens erano scritti da lui, che anche il<br />

giornalista Cassuto e, pare, Cecil Spriggs, erano autori di quelle note).<br />

Il colonnello era molto addolorato soprattutto per alcuni attacchi che Franzero gli aveva<br />

rivolto su un quotidiano di Roma.<br />

Poi lasciò cadere il discorso: parlò di Napoli, di spaghetti, di cibi, evitò i riferimenti alla<br />

politica, giocò col gatto della padrona di casa.<br />

Insistemmo perché rimanesse ancora, quando manifestò l’intenzione di andarsene, ma<br />

riuscimmo a trattenerlo appena qualche minuto: disse che il suo treno stava per partire.<br />

Si congedò con molta gentilezza, mi fece pena perché mi sembrò un uomo solo, che<br />

aveva servito con onore il suo paese e che – direi certamente in buona fede – credeva<br />

con fermezza di essersi comportato da amico anche con noi, e che un giorno aveva<br />

avuta l’amara sorpresa di sentirsi accusare di poca lealtà. Credetti di potere giustificare<br />

le reticenze, e anche la sua tristezza.<br />

Enzo Biagi<br />

Lo sbarco alleato a Salerno<br />

Il 3 settembre 1943 (mentre a Cassibile il generale Castellano si prepara a firmare<br />

segretamente l’armistizio), gli Alleati, attraverso lo stretto di Messina, sbarcano in<br />

Calabria e senza incontrare eccessivi ostacoli cominciano a risalire la penisola, puntando<br />

verso nord, verso la Campania. Sei giorni dopo, altri due sbarchi: a Taranto e a Salerno.<br />

A Taranto tutto avviene pacificamente, all’imbrunire del 9 giungono in Mar Grande gli<br />

incrociatori che trasportano la prima divisione aviotrasportata; li attendono i<br />

rimorchiatori e i piloti italiani che li guidano ai punti di attracco, li pilotano attraverso il<br />

canale navigabile. Uno sbarco senza alcuna resistenza, funestato, tuttavia, da un<br />

incidente: il dragamine inglese Abdiel salta su una mina, i morti sono 150. In due giorni<br />

tutto l’arco dello Ionio, dalla Puglia alla Calabria, è sotto il controllo dell’8ª Armata, e<br />

l’avanzata prosegue rapida sul versante adriatico, verso le grandi città della Puglia. Sulla<br />

costa tirrenica, invece, la battaglia infuria con esito incerto. L’Operazione «Avalanche»<br />

(Valanga), come in codice viene chiamato lo sbarco a Salerno, comincia nelle primissime<br />

ore del 9 e subito si rivela una colossale valanga di errori, che per poco non consentono<br />

ai tedeschi di ributtare a mare gli anglo-americani, trasformando le spiagge salernitane<br />

in una nuova e più tragica Dunkerque.<br />

Innanzitutto il suolo: se le spiagge e i fondali sono buoni, il terreno circostante non lo è<br />

affatto, dominato come da un anfiteatro montuoso e percorso da una sola strada, la<br />

nazionale 18, che porta a Napoli scavalcando passi montani che i tedeschi possono<br />

controllare. Eisenhower inoltre ha rinunciato ad un bombardamento aereo-navale<br />

sperando, invano, in una sorpresa tattica che consenta alle prime ondate di prendere<br />

terra senza ostacoli. Infine la sopravvalutazione delle proprie forze terrestri e,<br />

probabilmente, la sottovalutazione delle forze di Kesselring, che in quel settore può far<br />

accorrere 6 divisioni, e parecchi mezzi corazzati.<br />

La strada per Napoli<br />

Il piano alleato stabilisce che le truppe debbano subito liberare Napoli e marciare al più<br />

presto su Roma: ma per arrivare a Napoli è necessario occupare Salerno con le strade e<br />

i passi che portano a nord, e prima ancora assicurarsi il controllo dell’aeroporto di<br />

Montecorvino e della città di Battipaglia, un nodo stradale e ferroviario di primaria<br />

importanza, dove si collega la statale 19 che proviene dalla Puglia e dalla Lucania.

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