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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo cinquantasettesimo<br />

L’8 settembre<br />

La prima preoccupazione del governo Badoglio dopo la caduta di Mussolini è quella di<br />

trovare il modo di far uscire l’Italia dal conflitto il più rapidamente possibile.<br />

Contemporaneamente si tenta di rassicurare l’alleato tedesco con l’affermazione, che<br />

diventa leit motiv fino all’ultimo, secondo cui «la guerra continua». Si vuole evitare una<br />

ritorsione di Hitler contro il paese che, cacciando dal potere Mussolini, si è messo<br />

automaticamente nei panni del «traditore».<br />

Ma il gioco di Badoglio è ambiguo e incerto. Da una parte non riesce per nulla a<br />

rassicurare Berlino; al contrario, le divisioni della Wehrmacht continuano a calare dal<br />

Brennero per occupare l’Italia e ridurre all’impotenza il suo esercito nel momento in cui<br />

il «tradimento» sarà definitivamente consumato. Dall’altra il Maresciallo non riesce a<br />

convincere del tutto gli Alleati sui suoi propositi. Questi considerano la formula «la<br />

guerra continua» come un espediente per evitare peggiori sciagure all’Italia da parte dei<br />

tedeschi, ma contemporaneamente ritengono che non ci si debba fidare in genere degli<br />

italiani, e di Badoglio che per tanto tempo è stato compromesso con il regime.<br />

Alla diffidenza degli Alleati si aggiunge poi un altro fatto che risulterà determinante nel<br />

tortuoso sviluppo delle trattative e nell’infelice conclusione dell’armistizio dell’8<br />

settembre: inglesi e americani non sono d’accordo sulle condizioni da imporre all’Italia.<br />

Gli inglesi, ancora prima del 25 luglio, hanno preparato un documento in 45 punti,<br />

durissimo, che sostanzialmente fissa per il nostro paese una resa senza condizioni che<br />

lo pone «mani e piedi legati» (sono parole di Churchill) nelle mani degli Alleati. A questo<br />

documento, Eisenhower contrappone condizioni meno intransigenti. Per Eisenhower è<br />

importante che l’Italia sia eliminata dal conflitto insieme con il regime fascista e per<br />

ottenere questo duplice scopo occorre, a suo avviso, incoraggiare gli italiani con un<br />

minimo di concessioni.<br />

In questo senso il generale americano ha chiesto a Washington che gli sia concessa la<br />

libertà «in relazione agli sviluppi della situazione, di giudicare se vantaggi decisivi<br />

possono essere ottenuti attraverso contatti con gruppi civili e militari [italiani] oppure<br />

con membri della famiglia reale». Proprio il 25 luglio, giorno della caduta di Mussolini, il<br />

Capo di Stato Maggiore americano Marshall risponde a Eisenhower che non gli è<br />

concessa alcuna facoltà di avviare trattative, che come comandante militare ha una sola<br />

possibilità d’intervento: quella di chiedere all’Italia la resa senza condizioni. La risposta<br />

di Marshall deriva direttamente da Roosevelt, fino a quel momento sordo a qualunque<br />

sollecitazione volta a trattare la pace separata con l’Italia.<br />

Ma il giorno dopo la caduta di Mussolini da parte americana c’è un relativo<br />

ammorbidimento delle posizioni. Eisenhower ha nuovi argomenti alla sua tesi e insiste<br />

su Roosevelt e i suoi uomini perché si capiscano i grandi vantaggi che nella strategia<br />

generale della guerra avrebbe l’uscita dell’Italia dal conflitto. Il presidente americano è<br />

ora più propizio alle trattative, ma è ancora diffidente nei confronti di Badoglio e della<br />

monarchia.<br />

Ben più spregiudicata la posizione di Churchill, che si esprime chiaramente<br />

nell’affermazione, contenuta in un messaggio inviato alla Casa Bianca il 26 luglio: «Ora<br />

che Mussolini se ne è andato, tratterei con qualsiasi governo italiano non fascista che<br />

fosse in grado di consegnare la merce». Ma ora che l’avversario, l’Italia, è alle strette,

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