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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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europeo dominato dall’Asse. Ma quando i cannoni aprirono il fuoco, questo senso di<br />

irrealtà fu rotto dal tremendo rumore dello sbarramento di artiglieria. Sulla sponda<br />

opposta cominciò a levarsi una grande nuvola di fumo che diventava sempre più spessa<br />

e si spostava lentamente verso le file in avvicinamento dei mezzi d’assalto, che ben<br />

presto scomparvero completamente alla vista, Gli sbarchi non incontrarono resistenza,<br />

ad eccezione di alcune cannonate provenienti da lontano che furono fatte<br />

immediatamente cessare da attacchi aerei.<br />

Un solo reggimento tedesco era stato lasciato a difendere venticinque chilometri di<br />

costa, ma di fronte all’evidente forza dell’attacco si era ritirato. Neppure le unità costiere<br />

italiane opposero resistenza. Mai durante la giornata si prese contatto con i tedeschi, e<br />

al cadere della notte si era già raggiunta la linea Santo Stefano-Scilla. Quella stessa<br />

notte alcuni commandos sbarcarono a Bagnara, e riuscirono a piazzarsi saldamente alle<br />

spalle delle retroguardie tedesche.<br />

Elementi di testa della 5ª divisione si unirono ben presto con i commandos, ma si<br />

imbatterono in tante e tanto estese demolizioni che solo la fanteria a piedi fu in grado di<br />

entrare in città. In effetti, il terreno era straordinariamente adatto a queste tattiche<br />

ritardatrici, dato che i veicoli a ruote non potevano assolutamente muoversi fuori<br />

strada; come osserva Montgomery, «le strade in Calabria e in genere nell’Italia<br />

meridionale procedono serpeggiando in un paesaggio montuoso e sono ammirevoli<br />

opere di ingegneria. I numerosi ponti, viadotti, passaggi protetti e perfino gallerie<br />

danno al genio militare possibilità praticamente illimitate di effettuare demolizioni e<br />

creare blocchi stradali di ogni tipo». I tedeschi seppero sfruttare a fondo queste<br />

condizioni e riuscirono a rallentare senza difficoltà l’avanzata dell’8ª Armata, impiegando<br />

retroguardie poco consistenti,<br />

L’obiettivo iniziale del 13° corpo era il vallone di Catanzaro; per il mezzogiorno del 6<br />

settembre era stata occupata Gioia Tauro, mentre i canadesi erano stati deviati sulla<br />

costiera ionica per accelerare l’avanzata. Nel tentativo di tagliare fuori parte delle<br />

retroguardie nemiche, il comandante del corpo, il generale Dempsey, ordinò al 231°<br />

gruppo di brigata di sbarcare a Pizzo con un movimento avvolgente anfibio nelle prime<br />

ore dell’8 settembre. Questo assalto si trovò a coincidere col passaggio di elementi della<br />

29ª divisione Panzer Grenadieren che si ritiravano lungo la strada costiera, a soli pochi<br />

metri dalle spiagge su cui la brigata stava per prendere terra. L’avvicinamento dei mezzi<br />

da sbarco, scortati solo da un monitore e da due cannoniere, fu contrastato da tiri di<br />

artiglieria e da bombardieri in picchiata.<br />

Questa critica situazione fu brillantemente risolta dal comandante di una delle LST, che<br />

mandò la sua nave, già in fiamme. ad arenarsi a tutta velocità. «Un bolldozer spalancò<br />

di forza i portelloni di prua che si erano bloccati, e fu quindi possibile abbassare la<br />

rampa mobile e far sbarcare, in tutta fretta, cannoni da campo».<br />

I combattimenti continuarono all’interno e attorno a Pizzo per tutto il giorno, ma<br />

durante la notte i tedeschi si sganciarono lungo la costiera. Le brigate di testa del 13°<br />

corpo raggiunsero la linea Catanzaro-Nicastro circa 36 ore dopo (il 10 settembre).

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