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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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La stessa massa che il 26 luglio apprendendo la caduta dell’opprimente e brigantesco<br />

regime fascista aveva gridato: Viva Badoglio, intendendo in tal modo esprimere la<br />

propria fiducia nell’uomo che in antitesi con Mussolini doveva essere simbolo di Pace e<br />

Libertà, delusa nella vigilante attesa delle prime settimane, volle far sentire la sua<br />

incontenibile volontà astenendosi compatta dal lavoro.<br />

L’episodio culminante fu una canagliosa sparatoria di un ufficiale comandante il reparto<br />

di truppa adibito alla sorveglianza dello stabilimento FIAT-Grandi Motori. Costui, tanto<br />

per dimostrare che… il fascismo non era morto, non potendo ottenere dai suoi soldati<br />

che si macchiassero di sangue fraterno, si servì egli stesso di un fucile mitragliatore e<br />

sparò sugli operai inermi che ancora non avevano varcato la soglia dello stabilimento.<br />

In segno di protesta per i feriti, alcuni dei quali gravissimi, ricoverati negli ospedali della<br />

Città, i torinesi nella totalitarietà, scioperarono. Lo stato d’assedio non ha impedito che<br />

la dimostrazione, contenuta in limiti di austera serietà e compostezza, riuscisse, tanto<br />

che le autorità cittadine considerarono opportuna la chiamata del Ministro Piccardi e dei<br />

Commissari della Confederazione dei Lavoratori dell’Industria. […] Lo sciopero generale<br />

di Torino seguito a quello di tanti altri centri lavoratori, potrà essere domani la rivolta di<br />

tutto un popolo, che, compresso per tanti anni nella sua libertà intende ad ogni costo<br />

riscattarla.<br />

La strage di Bari<br />

La ricostruzione della sparatoria del 28 luglio con l’invito di Bonomi a Senise<br />

(capo della polizia) ad aprire un’inchiesta<br />

I durissimi ordini di Badoglio per impedire qualsiasi manifestazione popolare al<br />

momento della caduta del fascismo porteranno a sanguinosi episodi in tutta Italia. Il più<br />

grave, senza dubbio, è la strage di Bari dove il 28 luglio 1943 i soldati apriranno il fuoco<br />

su un corteo di giovani uccidendone venti e ferendone moltissimi altri.<br />

Fra le vittime (alcune di 13 e 14 anni) vi è anche lo studente diciottenne Graziano Fiore:<br />

il ragazzo, quel mattino, si è recato al carcere di Bari dove devono essere liberati<br />

numerosi antifascisti, fra i quali suo padre – lo scrittore Tommaso Fiore – il professor<br />

Guido Calogero, Peppino Laterza, figlio del noto editore , il filosofo Guido De Ruggiero.<br />

L’autorità militare vieterà i funerali e due mesi dopo un sergente a Taranto viene<br />

processato per la strage e assolto. All’Archivio Centrale dello Stato è conservato questo<br />

documento , probabilmente di Bonomi e inviato al governo per una indagine. Sul foglio,<br />

infatti, c’è una annotazione a mano, datata 2 agosto 1943, che dice: «Eccellenza Senise<br />

consegnatomi dall’ecc. I. Bonomi che segnala la necessità di una inchiesta».<br />

Il giorno 28 luglio, alle ore 12.30 antimeridiane circa, si era formato un gruppo di<br />

giovani studenti, che, recando alla testa due bandiere e un cartellone con la scritta<br />

«viva il re! viva il maresciallo Badoglio!», si portava verso il comando del Corpo<br />

d’armata di Bari, inneggiando alla patria, al re, all’esercito e al maresciallo Badoglio.<br />

Come avviene di solito, i dimostranti erano preceduti da una numerosa schiera di<br />

monelli, dell’età dai dieci ai quindici anni.<br />

I dimostranti si sono fermati in un primo tempo davanti alla sede del Corpo d’armata,<br />

che era presidiato da soli quattro carabinieri, e alle cui finestre erano gli ufficiali addetti.<br />

Analogamente, alle finestre del palazzo Diana trovavansi tutti gli ufficiali del comando<br />

marina. Nessuno di essi ha dimostrato di voler impedire o non gradire la dimostrazione.

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