SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Gaetano Azzariti (Grazia e Giustizia). Nato a Napoli il 26-3-1881. Magistrato, elaboratore dei codice civile insieme con sommi giuristi come Francesco Carnelutti e Piero Calamandrei, ricopre le funzioni di direttore generale ai ministero. Dopo la guerra, proseguirà nella carriera fino a diventare presidente della Corte di Cassazione. Di lui Caviglia ha scritto: «Simpaticissimo, sordo, tranquillo e sorridente, vedeva tutte le cose con ottimismo». Domenico Bartolini (Finanze). Nato a Roma il 26-8-1880. Ha raggiunto i massimi livelli della carriera bancaria diventando direttore dei Banco di Roma e provveditore generale dello Stato. È stato anche direttore del Poligrafico e nel 1943 è senatore del Regno. Dopo la guerra lo vedremo dirigere l’istituto Italiano per l’Enciclopedia. Antonio Sorice (Guerra). Nato a Nora il 3-11-1897. Generale di brigata, è uno dei personaggi principali degli eventi di luglio. Avversario implacabile dell’ex capo di S.M. generale Cavallero, è lui a darne l’ordine di arresto. Sottosegretario alla Guerra il 5-2- 1943, insiste con il re perché licenzi Mussolini. È dichiaratamente filoinglese. Caviglia lo definisce «spirito teorico e burocratico»; Carboni, che lo ha in antipatia, lo accusa di «sistematica tortuosità». Preso possesso della carica, nei 45 giorni si dimostra un forcaiolo terribile, ordinando di stroncare le agitazioni operaie dell’agosto «con repressione inflessibile». Si rifiuta di fare liberare i detenuti politici antifascisti e ha l’ossessione dell’ordine pubblico, tanto che chiede, ma senza ottenerlo, l’arruolamento di altri 5000 carabinieri. Raffaele De Courten (Marina). Nato a Milano il 23-9-1888, ammiraglio di divisione. Conserverà la poltrona per tre anni. È al seguito del re durante la fuga di Pescara e ne organizza l’imbarco sulla Baionetta. Dalla plancia della corvetta respinge tutti coloro che sono in sovrappiù rispetto ai numero dei salvagente di cui dispone la nave; perciò diranno di lui che «ha il pallino della ciambella».Toccherà a lui – dopo l’8 settembre – ordinare alla flotta di consegnarsi agli inglesi, e convincere l’ammiraglio Bergamini, che si rifiuta di obbedire. Renato Sandalli (Aeronautica). Nato a Palermo il 25-2-1897. Generale di divisione aerea, personaggio poco noto, completamente ai di fuori dei giochi di potere delle alte sfere militari, tanto che anche il generale Carboni ha scritto che «lo conosceva poco». Si riparlerà di lui quando riceverà da Ambrosio l’ordine di preparare i campi di Cerveteri e di Furbara per i’aviosbarco dei paracadutisti americani del generale Taylor. Cosa che egli fa regolarmente; ma Carboni, mentendo, dice a Taylor che non sono pronti e che sono occupati dai tedeschi. Sandalli si comporterà molto bene nei giorni dell’armistizio. Poi a Brindisi riscuoterà stima e simpatia dagli Alleati «per la risoluta operosità». Dopo la guerra, comanderà la Prima Regione Aerea, a Milano. Leonardo Severi (Educazione Nazionale). Nato a Fano il 31-12-1882. Alto funzionario del ministero dell’E.N., già vicecapo gabinetto di Croce e capo gabinetto di Gentile, all’epoca consigliere di stato. Il suo nome è stato suggerito da Marcello Soleri ad Acquarone. È di tendenze liberali. Domenico Romano (Lavori Pubblici). Nato a Maricuccà (Reggio C.) il 10-11-1887. Avvocato, alto funzionario, direttore generale ai ministero dei LL.PP. per vent’anni, esperto in operazioni di soccorso. Dopo la guerra sarà senatore nelle liste della DC. Alessandro Brizi (Agricoltura e Foreste). Nato a Poggio Nativo (Rieti) il 7-9-1878. Come quello di Severi, anche il suo nome è stato suggerito da Soleri. Della sua presenza resterà una sola, labile traccia per un intervento in materia di prezzi agricoli, nell’agosto 1943. Era stato consigliere nazionale e professore di politica agraria. Federico Amoroso (Comunicazioni). Nato a Napoli il 29-5-1891. Generale dei genio. È stato indicato da Ambrosio, che ne ha grande stima. Dopo la guerra diventerà il presidente della associazione imprenditori edili.

Leopoldo Piccardi (Corporazioni, che, dal 6-8-1943, diventa ministero dell’industria, Commercio e Lavoro). Nato a Ventimiglia il 12-6-1899, consigliere di Stato. Non vuole accettare l’incarico perché non apprezza il tipo di governo di cui è chiamato a far parte. Infatti, pur avendo seguito Badoglio al sud, il 12-11-1943 si dimette perché il ministero non è espressione delle forze politiche. Di lui Caviglia ha scritto: «Brava persona, onesto, mosso dall’interesse dell’Italia». Anche il suo nome era stato suggerito da Marcello Soleri. Nei governo dei 45 giorni si distingue per moderazione, opponendosi alla «mano pesante» dei generali Sorice e Favagrossa. Guido Rocco (Cultura Popolare). Nato a Napoli il 26-11-1886. Diplomatico, all’epoca direttore della stampa estera, di fede rigorosamente monarchica (dopo la guerra aderirà ai PNM). Non si preoccuperà affatto di epurare i ranghi di un ministero fortemente inquinato di fascismo, ma in compenso – nei pochi giorni in cui rimarrà in carica (si dimetterà infatti il 14 agosto) – eserciterà una censura molto rigorosa, proibendo persino ai giornali di occuparsi delle responsabilità del fascismo. In una lettera ufficiale indirizzata il giorno stesso delle sue dimissioni al prefetto di Milano dice: «Ricordarsi che il martello inglese è grosso e l’incudine tedesca durissima». Lo sostituirà, il 15 agosto, un altro ambasciatore, Carlo Galli. Giovanni Acanfora (Scambi e Valute). Nato a Castellammare di Stabia il 7-4-1884. Già dirigente ai ministero delle Finanze e direttore generale della Banca d’Italia. Carlo Favagrossa (Produzione bellica). Generale di divisione. Con Sorice, è l’unico superstite dell’ultimo governo Mussolini, in cui copriva le stesse funzioni. Conosceva perfettamente la situazione disastrosa dei rifornimenti. Era noto il suo ritornello: «Non abbiamo niente! Niente!». Anfuso lo definisce «faccia onesta e allegra», Caviglia «calmo e sicuro di sé». Avversario irriducibile di Cavallero ma anche seccamente polemico con Badoglio, da lui accusato di condurre il governo «con sistemi dittatoriali». Nei 45 giorni si rivelerà un «duro»: si opporrà alla missione conciliativa di Piccardi presso gli operai di Torino in sciopero. Comunque sempre molto sincero, anche nei 45 giorni, come lo era stato – per esempio – con Ciano nel maggio del 1940, quando gli aveva detto chiaro e tondo che in Italia c’erano, in tutto, 100 tonnellate di nichel. Pietro Baratono (Sottosegreteria alla Presidenza). Nato a Frosinone il 25-9-1894, ha percorso tutta la carriera prefettizia, dirigendo le province di Novara, Firenze e Varese. Dopo lo scoppio della guerra è stato alto commissario a Napoli. All’epoca, consigliere di Stato; sulla sua collaborazione, efficiente e silenziosa, conta molto Badoglio. Viene considerato, nel governo dei maresciallo, «di sinistra», come Piccardi e Severi. Franco Fucci Obiettivo Italia Le sirene dell’allarme aereo suonano a Torino otto minuti dopo la mezzanotte di martedì 11 giugno 1940. L’Italia è entrata in guerra il giorno prima. Comincia la sirena di Mirafiori e subito la segue quella della Maddalena, poi le altre. L’urlo lamentoso, della durata di quindici secondi, si ripete sei volte, ad intervalli regolari: aerei sconosciuti, varcate le Alpi sulla verticale del Moncenisio, si dirigono su Torino. È una notte afosa ma non troppo calda. Malgrado l’oscuramento parecchia gente sosta nelle strade; i locali della collina, verso Cavoretto, sono affollati. I cinema – dove ancora si proiettano film americani come L’amato thé del generale Yen e, in terza visione, Seguendo la flotta con Fred Astaire e Ginger Rogers – hanno chiuso i battenti alle 23. La Manon di Massenet, in scena al Teatro della Moda, è terminata alle 24 in punto: l’urlo delle sirene accoglie gli spettatori che per ultimi lasciano la sala. Nel silenzio che

Leopoldo Piccardi (Corporazioni, che, dal 6-8-1943, diventa ministero dell’industria,<br />

Commercio e Lavoro). Nato a Ventimiglia il 12-6-1899, consigliere di Stato. Non vuole<br />

accettare l’incarico perché non apprezza il tipo di governo di cui è chiamato a far parte.<br />

Infatti, pur avendo seguito Badoglio al sud, il 12-11-1943 si dimette perché il ministero<br />

non è espressione delle forze politiche. Di lui Caviglia ha scritto: «Brava persona,<br />

onesto, mosso dall’interesse dell’Italia». Anche il suo nome era stato suggerito da<br />

Marcello Soleri. Nei governo dei 45 giorni si distingue per moderazione, opponendosi<br />

alla «mano pesante» dei generali Sorice e Favagrossa.<br />

Guido Rocco (Cultura Popolare). Nato a Napoli il 26-11-1886. Diplomatico, all’epoca<br />

direttore della stampa estera, di fede rigorosamente monarchica (dopo la guerra aderirà<br />

ai PNM). Non si preoccuperà affatto di epurare i ranghi di un ministero fortemente<br />

inquinato di fascismo, ma in compenso – nei pochi giorni in cui rimarrà in carica (si<br />

dimetterà infatti il 14 agosto) – eserciterà una censura molto rigorosa, proibendo<br />

persino ai giornali di occuparsi delle responsabilità del fascismo. In una lettera ufficiale<br />

indirizzata il giorno stesso delle sue dimissioni al prefetto di Milano dice: «Ricordarsi che<br />

il martello inglese è grosso e l’incudine tedesca durissima». Lo sostituirà, il 15 agosto,<br />

un altro ambasciatore, Carlo Galli.<br />

Giovanni Acanfora (Scambi e Valute). Nato a Castellammare di Stabia il 7-4-1884. Già<br />

dirigente ai ministero delle Finanze e direttore generale della Banca d’Italia.<br />

Carlo Favagrossa (Produzione bellica). Generale di divisione. Con Sorice, è l’unico<br />

superstite dell’ultimo governo Mussolini, in cui copriva le stesse funzioni. Conosceva<br />

perfettamente la situazione disastrosa dei rifornimenti. Era noto il suo ritornello: «Non<br />

abbiamo niente! Niente!». Anfuso lo definisce «faccia onesta e allegra», Caviglia «calmo<br />

e sicuro di sé». Avversario irriducibile di Cavallero ma anche seccamente polemico con<br />

Badoglio, da lui accusato di condurre il governo «con sistemi dittatoriali». Nei 45 giorni<br />

si rivelerà un «duro»: si opporrà alla missione conciliativa di Piccardi presso gli operai di<br />

Torino in sciopero. Comunque sempre molto sincero, anche nei 45 giorni, come lo era<br />

stato – per esempio – con Ciano nel maggio del 1940, quando gli aveva detto chiaro e<br />

tondo che in Italia c’erano, in tutto, 100 tonnellate di nichel.<br />

Pietro Baratono (Sottosegreteria alla Presidenza). Nato a Frosinone il 25-9-1894, ha<br />

percorso tutta la carriera prefettizia, dirigendo le province di Novara, Firenze e Varese.<br />

Dopo lo scoppio della guerra è stato alto commissario a Napoli. All’epoca, consigliere di<br />

Stato; sulla sua collaborazione, efficiente e silenziosa, conta molto Badoglio. Viene<br />

considerato, nel governo dei maresciallo, «di sinistra», come Piccardi e Severi.<br />

Franco Fucci<br />

Obiettivo Italia<br />

Le sirene dell’allarme aereo suonano a Torino otto minuti dopo la mezzanotte di martedì<br />

11 giugno 1940. L’Italia è entrata in guerra il giorno prima. Comincia la sirena di<br />

Mirafiori e subito la segue quella della Maddalena, poi le altre. L’urlo lamentoso, della<br />

durata di quindici secondi, si ripete sei volte, ad intervalli regolari: aerei sconosciuti,<br />

varcate le Alpi sulla verticale del Moncenisio, si dirigono su Torino.<br />

È una notte afosa ma non troppo calda. Malgrado l’oscuramento parecchia gente sosta<br />

nelle strade; i locali della collina, verso Cavoretto, sono affollati. I cinema – dove ancora<br />

si proiettano film americani come L’amato thé del generale Yen e, in terza visione,<br />

Seguendo la flotta con Fred Astaire e Ginger Rogers – hanno chiuso i battenti alle 23.<br />

La Manon di Massenet, in scena al Teatro della Moda, è terminata alle 24 in punto:<br />

l’urlo delle sirene accoglie gli spettatori che per ultimi lasciano la sala. Nel silenzio che

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