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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Alle 22.45 l’infaticabile duca Acquarone corre alla sede dell’EIAR e consegna il<br />

comunicato che rappresenta la fine di un’epoca durata due decenni: «Sua Maestà il Re<br />

e Imperatore ha accettato le dimissioni… di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito<br />

Mussolini… ». Il breve testo viene letto dalla «voce littoria», Giambattista Arista, con lo<br />

stesso tono usato centinaia di volte per annunciare i fasti del regime. Poi lo speaker<br />

legge il proclama di Vittorio Emanuele agli italiani e quello di Badoglio, con la sciagurata<br />

frase «la guerra continua». Va detto purtroppo che, oltre al primo, anche il secondo<br />

messaggio – le cui conseguenze saranno catastrofiche – è stato compilato da un<br />

autorevole esponente dell’Italia democratica prefascista, Vittorio Emanuele Orlando.<br />

Acquarone e Badoglio trascorrono la notte fra il 25 e il 26 luglio correggendo e<br />

ricorreggendo la lista dei ministri. L’aspetto assolutamente anomalo della crisi, anche<br />

dal punto di vista costituzionale, è che per 24 ore il paese ha un capo del governo ma<br />

non ha un governo. I rimaneggiamenti continuano fino a mezzogiorno di lunedì 26; nel<br />

frattempo, non esiste nemmeno un gabinetto per la normale amministrazione perché i<br />

ministri fascisti sono scomparsi, in fuga o addirittura braccati dai carabinieri.<br />

Martedì 27 luglio viene pubblicata la lista dei ministri e nella stessa giornata il governo<br />

tiene la sua prima riunione al Viminale, sotto la presidenza di Pietro Badoglio. Questo<br />

governo vivrà fino ai 9 settembre; all’alba di quell’infausto giorno, un giovedì, il re e il<br />

suo primo ministro fuggiranno verso il sud e la compagine governativa del dopo-<br />

Mussolini si disperderà travolta dall’uragano dell’armistizio, almeno in gran parte. Questi<br />

sono gli «uomini dei 45 giorni».<br />

Raffaele Guariglia (Esteri). Nato a Napoli il 19-2-1889. Nel 1943 ha già raggiunto i<br />

massimi gradi della diplomazia, essendo stato ambasciatore a Madrid, a Buenos Aires, a<br />

Parigi e presso la Santa Sede. Al momento del colpo di Stato, rappresenta il nostro<br />

paese ad Ankara. Su lui si era già appuntata l’attenzione di Ciano, quando questi era<br />

ministro degli Esteri; gli aveva detto infatti, alla partenza per la Turchia: «Vi aspettiamo<br />

presto a Roma per salvare l’Italia». Il giudizio di Ciano è molto positivo: «Di Guarigiia ho<br />

stima, come ingegno e come carattere». Il generale Carboni lo definisce «uomo<br />

prudentissimo». Ma prudenza non vuole dire viltà, e infatti nell’incontro con i tedeschi a<br />

Tarvisio, il 6 agosto, polemizzerà con von Ribbentrop e col generale Keitel usando<br />

parole molto dure.<br />

Bruno Fornaciari (Interni). Nato a Sondrio il 17-10-1881. Il neo-ministro durante la<br />

formulazione del governo non si trova e viene cercato per tutto il 25 luglio e nella<br />

mattinata del 26. Arriva trafelato nel pomeriggio, senza avere la più pallida idea di ciò<br />

che lo attende: la scottante poltrona dei Viminale. Era stato prefetto a Trieste e a<br />

Milano, poi direttore generale al ministero dell’interno; di lui il dizionario biografico La<br />

Nazione operante, edizione 1934, dice che è «fascista di vecchia data», definizione<br />

solitamente affibbiata a quei funzionari ai quali non è possibile attribuire meriti di<br />

regime più precisi. Però è vero che, come riferisce Monelli in Roma 1943, «quando si<br />

parlò di mandare via i prefetti troppo compromessi col fascismo, non seppe proporre<br />

che tre o quattro nomi». Verrà sostituito dopo 15 giorni da un altro senatore ex<br />

prefetto, Umberto Ricci.<br />

Melchiade Gabba (Africa italiana). Nato a Milano il 20-8-1874, colonnello durante la<br />

Prima Guerra Mondiale, capo di S.M. del 29° Corpo d’Armata, aveva poi svolto una<br />

delicata missione postbellica nel Caucaso, dove gli inglesi avevano proposto all’Italia di<br />

occupare e sfruttare i pozzi petroliferi di Baku. Saggiamente, nella sua relazione aveva<br />

dato parere negativo. Capo di S.M. di De Bono in Etiopia, poi promosso generale<br />

designato d’Armata, nel 1939 era stato nominato senatore. Il 26 luglio viene chiamato a<br />

gestire un ministero ovviamente agonizzante, visto che di Africa Italiana non ce n’è più<br />

nemmeno un metro quadrato.

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