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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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insomma, c’è una diffusa fiducia nell’istituto monarchico, nello stesso Badoglio, nella<br />

loro capacità di tirare fuori il paese dalla guerra senza molti danni.<br />

È un’euforia che dura poco ma che scongiura i temuti «moti rivoluzionari» che<br />

ossessionano Badoglio. Le manifestazioni si riducono in assalti a sedi fasciste,<br />

simboliche demolizioni di «segni» del regime (fasci, aquile, busti del duce… ), cortei<br />

esultanti per le strade. Ma già lo stesso 26 luglio un proclama di Badoglio,<br />

evidentemente timoroso che le manifestazioni degenerino sfuggendo di mano alle<br />

autorità di polizia, invita tutti alla disciplina, vieta gli assembramenti e minaccia contro i<br />

riottosi l’inesorabile intervento della forza pubblica. In realtà le città sono pattugliate<br />

dall’Esercito che occupa i punti strategici e vigila sul rispetto delle norme imposte.<br />

L’intervento dell’Esercito è annunciato il 26 luglio con manifesti affissi da tutti i comandi<br />

territoriali in cui si annuncia l’assunzione della responsabilità dell’ordine pubblico da<br />

parte delle Forze Armate e si stabiliscono alcune rigide norme d’emergenza: coprifuoco<br />

dal tramonto all’alba per tutti i civili tranne quelli muniti di speciale permesso<br />

dell’autorità militare; chiusura, nelle ore di coprifuoco, di tutti i pubblici esercizi; divieto<br />

di riunione, anche in locali chiusi, per qualsiasi tipo di manifestazione, riunione o<br />

conferenza; proibizione alla vendita di armi e annullamento di tutti i permessi di porto<br />

d’armi esistenti; obbligo per tutti di essere muniti di un documento d’identificazione con<br />

fotografia; proibizione della circolazione di automobili private; divieto delle affissioni in<br />

luogo pubblico.<br />

L’Italia antifascista esce allo scoperto<br />

Sono disposizioni che vengono accolte i primi giorni come indispensabili per il trapasso<br />

dal vecchio regime al nuovo e la gente, pur con episodi sporadici qua e là di<br />

manifestazioni antifasciste relativamente moderate, accoglie le misure senza proteste.<br />

Gli stessi partiti e movimenti antifascisti non protestano, cercano di ritrovare linee<br />

comuni di azione tenendo conto della gravissima situazione del paese. Neppure<br />

l’annuncio, sempre del 26 luglio, secondo il quale la «Milizia volontaria per la sicurezza<br />

nazionale» entra a far parte delle Forze Armate, irrita oltre misura quanti avrebbero<br />

voluto la soppressione pura e semplice di questo corpo, espressione diretta del regime.<br />

Una prima espressione dei partiti, la cui attività peraltro rimarrà clandestina per le<br />

proibizioni imposte dal governo Badoglio, si ha con l’appello pubblicato dal comitato<br />

d’intesa milanese la sera del 26 luglio. In esso si chiedono: la definitiva liquidazione del<br />

fascismo con tutti i suoi mezzi repressivi; l’armistizio con gli Alleati per il raggiungimento<br />

di una pace onorevole; il ripristino delle libertà civili e politiche soppresse dai fascisti,<br />

compresa la libertà di stampa; la liberazione immediata dei detenuti politici; la<br />

soppressione delle leggi razziali.<br />

I contrasti tra i partiti antifascisti sono subito evidenti, ma su questi punti l’accordo è<br />

completo. Alcuni gruppi, come quelli comunisti, vorrebbero una partecipazione diretta<br />

dei partiti al nuovo governo, ma poi prevale la tesi di lasciare a Badoglio e alla Corona il<br />

compito di fare uscire con una trattativa armistiziale l’Italia dalla guerra. Il 3 agosto una<br />

commissione rappresentativa dei sette partiti componenti il comitato antifascista<br />

(democristiani, demolaboristi, repubblicani, socialisti, comunisti, liberali, «azionisti»)<br />

guidata da Ivanoe Bonomi presenta a Badoglio un ordine del giorno comune per<br />

sollecitare l’uscita del paese dal conflitto.<br />

Con lo stesso Bonomi, Badoglio ha concordato un certo tipo di ministero in cui vi sia<br />

almeno un accenno delle istanze politiche dell’Italia post-fascista. Ma al momento di

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