SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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entrare immediatamente a Roma con il gruppo speciale e di arrestare subito tutto il governo, il re, tutto quel marciume, e anzitutto il principe ereditario, e di ridurre all’impotenza quella ciurma, a cominciare da Badoglio con il suo entourage. Vedrete allora come si faranno molli fino alle ossa, e in due o tre giorni ci sarà di nuovo un rovesciamento della situazione». Keitel: «Del piano “Alarico” ci resta ora soltanto da mettere in marcia la 715ª divisione». (“Alarico” era il nome convenzionale del piano, previsto già da tempo, per far affluire nuove truppe in Italia in caso di rottura dell’alleanza. Un analogo piano “Konstantin”, per la stessa evenienza, esisteva per i Balcani) Il Führer: «Questa qui ha almeno i carri d’assalto, tutti i 42 carri?». Buhle: «Deve avere appunto 42 carri armati, che sono stati regolarmente mandati a suo tempo». Jodl: «Ecco l’organico». (lettura) Il Führer: «A che distanza si trovano da Roma?». Jodl: «A circa 100 chilometri». Il Führer: «100? Saranno 60 chilometri! Non è possibile che siano di più. Se egli parte con truppe motorizzate, può entrare subito e arrestare tutto il marciume». Jodl: «Sono da 50 a 60 chilometri». Il Führer: «Non è lontano dunque». Waizenegger: «La divisione ha effettivamente 42 carri d’assalto». Il Führer: «Sono laggiù, presso la divisione?». Waizenegger: «Sissignore, presso la divisione». Il Führer: «Jodl, stendete subito l’ordine!». Jodl: «6 battaglioni». Keitel: «Perfettamente pronti per l’impiego, altri 5 interi battaglioni relativamente pronti». Il Führer: «Jodl, stendete subito l’ordine da mandare laggiù per la 3ª divisione corazzata granatieri, ordine di partire con carri d’assalto per Roma senza dire nulla ad alcuni e di arrestare il governo». […] Il Führer: «Voglio avere soprattutto il principe ereditario». Keitel: «È più importante del vecchio». Bodenschatz: «Bisogna organizzare le cose in modo che siano subito impacchettati e portati via con aerei». Il Führer: «Con aerei, via subito, immediatamente via!». Bodenschatz: «Perché il Bambino non vada perduto magari all’aeroporto!». Il Führer: «Così entro 8 giorni ci sarà qui di nuovo un rovesciamento della situazione. Lo vedrete!». Christian: «Il maggiore generale Jeschonnek era già partito quando è stato chiamato. Inizialmente aveva intenzione di partire appena domani a mezzogiorno, invece è già atterrato questa sera al nostro aeroporto. Non ho ancora potuto parlare con lui, è arrivato appena 10 minuti fa». Il Führer: «Quanto tempo ci impiegherà a giungere fino a qui?». Bodenschatz: «In auto ci metterà un’ora e mezzo». Il Führer: vDitegli che appena arriva si presenti qui. E ora vorrei parlare con il maresciallo del Reich». Bodenschatz: «Lo chiamo immediatamente al telefono». Il Führer: «Naturalmente il momento risolutivo sarà quando le nostre forze saranno concentrate in modo che quei reparti possano portarsi a Roma e disarmare tutta quella gentaglia. A giustificazione di tutta la faccenda varrà il fatto che i generali traditori, e Ciano prima di tutti – egli è comunque odiato – sono responsabili di un colpo dì Stato contro il
fascismo». (Colloquio telefonico del Führer con il maresciallo Göring. Le domande e le risposte del maresciallo del Reich non sono state udite dagli stenografi) Il Führer: «Hallo, Göring! Non so, avete già avuto notizie? Dunque, non c’è ancora una conferma diretta, ma ormai è quasi fuori dubbio che il duce si è dimesso e che Badoglio è subentrato al suo posto. Finora si era parlato, a proposito di Roma, di eventualità, ora siamo giunti ai fatti compiuti. E il fatto è questo, Göring, non c’è alcun dubbio! Come? Non lo so, bisogna accertano. È naturalmente un guaio. E Badoglio dice che continua, ma come? Vedranno, quelli là, come continueremo noi! Dunque, volevo dirvi questo: date le circostanze, credo che sarebbe in ogni caso bene che voi veniste qui il più presto possibile. Come dite? Non lo so. Ve ne informerò più tardi. Ma in ogni modo tenete in considerazione la possibilità che sia così!». ( f ine del colloquio telefonico) Cara Claretta... «La stella s’è oscurata», comunica il duce alla Petacci la mattina del 25 luglio 1943 «Claretta, la mia stella adesso si è oscurata». Così telefono Mussolini a Claretta Petacci, la sua amante, alle 3.10 del mattino del 25 luglio 1943, appena terminata la seduta del Gran Consiglio. Il colloquio, registrato dall’Ufficio Cuffia G. 21, è pubblicato in L’orecchio dei regime – Le intercettazioni telefoniche al tempo del fascismo, di Ugo Guspini, Mursia, Milano 1973. Claretta Petacci: «Quando hai finito?». Mussolini: «Da poco… ». Petacci: «Com’è andata?». Mussolini: «Come vuoi che andasse… ». Petacci: «Mi spaventi!». Mussolini: «C’è poco da spaventarsi, siamo giunti all’epilogo… alla più grande svolta della storia… ». Petacci: «Ma che hai, Benito mio, non ti capisco!». Mussolini: «La stella s’e oscurata… ». Petacci: «Non tormentarmi, spiegami… ». Mussolini: «È finito tutto. Occorre che anche tu cerchi di metterti al riparo». Petacci (si sente il suo pianto): «E tu?». Mussolini: «Non pensare a me, fai presto!». Petacci: «Ma se non si sa nulla… ». Mussolini: «Saprai tra qualche ora». Petacci: «Sarà una tua idea». Mussolini: «Disgraziatamente non è così». Petacci: «Allora?… ». Mussolini: «Fai ciò che ti ho detto, altrimenti potrebbe essere peggio».
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Cara Claretta...<br />
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sua amante, alle 3.10 del mattino del 25 luglio 1943, appena terminata la seduta del Gran<br />
Consiglio. Il colloquio, registrato dall’Ufficio Cuffia G. 21, è pubblicato in L’orecchio dei<br />
regime – Le intercettazioni telefoniche al tempo del fascismo, di Ugo Guspini, Mursia,<br />
Milano 1973.<br />
Claretta Petacci: «Quando hai finito?».<br />
Mussolini: «Da poco… ».<br />
Petacci: «Com’è andata?».<br />
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Petacci: «Mi spaventi!».<br />
Mussolini: «C’è poco da spaventarsi, siamo giunti all’epilogo… alla più grande svolta della<br />
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Petacci: «Ma che hai, Benito mio, non ti capisco!».<br />
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Petacci (si sente il suo pianto): «E tu?».<br />
Mussolini: «Non pensare a me, fai presto!».<br />
Petacci: «Ma se non si sa nulla… ».<br />
Mussolini: «Saprai tra qualche ora».<br />
Petacci: «Sarà una tua idea».<br />
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Petacci: «Allora?… ».<br />
Mussolini: «Fai ciò che ti ho detto, altrimenti potrebbe essere peggio».