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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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occidentale tedesca. Dal canto mio, non riuscivo a nascondere un sorrisino ironico, e a<br />

un certo punto gli chiesi che cosa gli sarebbe occorso per raggiungere lo scopo. Mi<br />

rispose che avrebbe avuto bisogno di un altro paio di corpi corazzati. Gli chiesi: “Anche<br />

se li avesse, come intenderebbe rifornirli?” La sua fu la classica risposta: “Non è cosa<br />

che mi riguardi. Questi sono affari suoi”».<br />

Veramente sono affari anche di Rommel, come egli stesso dovrà presto constatare. Se<br />

gli eserciti di una volta marciavano «con la pancia», quelli moderni navigano su un mare<br />

di petrolio. E quando sarà ridotto ad implorarne qualche goccia per rimettere in moto i<br />

suoi carri nell’infuriare di una battaglia, anche il comandante dell’Afrikakorps finirà<br />

(troppo tardi) per comprendere che in certe situazioni le guerre si vincono meno con le<br />

armi che con le autocisterne.<br />

Una piacevole notizia accoglie Rommel quando rientra in Libia: durante la sua assenza il<br />

nemico ha continuato a ritirarsi. Il 24 marzo il fortino di El Agheila cade dopo una breve<br />

scaramuccia nelle mani dei reparti di Streich. Con un altro balzo indietro di una<br />

cinquantina di chilometri lungo la via Balbia gli inglesi ripiegano su Mersa Brega, un<br />

villaggio costiero sperduto tra le dune. La rapidità dell’avanzata di Streich mette<br />

Rommel in imbarazzo. Secondo gli ordini ricevuti (mantenere le posizioni, preparando<br />

solo attacchi di carattere limitato, in attesa dell’arrivo della 15ª Panzerdivision), la linea<br />

di Mersa Brega non dovrebbe essere attaccata prima della fine di maggio. Il timore che<br />

in quei due mesi il nemico possa trincerarsi e bloccare l’offensiva tedesca spinge<br />

Rommel a rompere gli indugi. In barba alle precise direttive di Berlino, il 31 marzo<br />

Streich attacca ed espugna facilmente Mersa Brega. Gli inglesi continuano a sfuggirgli,<br />

ritirandosi davanti a lui. Due giorni dopo cade Agedabia, ottanta chilometri più a est.<br />

Com’era prevedibile, non passa molto tempo prima che arrivi l’alt del comando italiano.<br />

Gariboldi richiama all’obbedienza l’impaziente generale tedesco. Gli ordini non sono<br />

questi. Rommel fa orecchie da mercante e da Agedabia lancia, il 3 aprile, le sue forze su<br />

un ventaglio di tre piste. L’intenzione sarebbe quella di tagliare la strada alle forze<br />

britanniche in ritirata per isolarle e farle prigioniere. La marcia è in pieno deserto,<br />

spesso fuori dalle piste, su un difficile terreno mai battuto. Si direbbe che in certi<br />

momenti lo stesso deserto si ribelli a questa violazione inaspettata, sollevando tempeste<br />

di sabbia, ingannando i conducenti con i miraggi della Fata Morgana, facendo apparire<br />

davanti agli occhi dei soldati, arrossati dal vento e dalla polvere, oasi e stagni<br />

inesistenti.<br />

Rommel è dappertutto e non si ferma mai. Alternando lo Storch al Mammuth (un<br />

furgone blindato grigio-azzurro abbandonato dagli inglesi a El Mechili), batte in lungo e<br />

in largo il teatro delle operazioni. E tale è la sua foga da farlo irrompere più di una volta<br />

tra gli inglesi in ritirata. È nel corso di questo inseguimento che correrà il pericolo forse<br />

più grave di tutta la campagna. Così lo racconta lui stesso: «Alle sei dell’8 aprile sorvolai<br />

il fronte a bordo della “Cicogna” per seguire l’andamento dell’azione. A circa cinquanta<br />

metri di quota mi avvicinai ad un battaglione di bersaglieri, aggregato il giorno prima<br />

all’unità del colonnello Fabris. I soldati italiani non dovevano avere mai visto una<br />

“Cicogna” tedesca prima d’allora, perché furono così sconcertati dalla sua improvvisa<br />

comparsa che si misero a sparare da tutte le parti. Fu davvero un miracolo se, a soli<br />

cinquanta metri d’altezza, non fummo abbattuti».<br />

Delle tre piste imboccate ad Agedabia una porta a Bengasi, che cade la mattina del 4<br />

aprile.<br />

L’eterogeneo Cyrenaica Command è in piena rotta. Rommel sa benissimo che «gli ordini<br />

non sono questi», come gli ha detto lo stizzito Gariboldi. E difatti lo scrive alla moglie, in<br />

un tono tra l’ironico e il compiaciuto: «I miei superiori a Tripoli, a Roma e forse anche a<br />

Berlino si metteranno le mani nei capelli». A mo’ di spiegazione, aggiunge: «Ho corso

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