SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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Emilio de Bono. (n. il 14-3-1866 a Cassano d’Adda, m. l’1-11-1944). Ufficiale di carriera, combatte in Eritrea e in Libia; allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è colonnello e comanda il 15° Reggimento bersaglieri. Si comporta valorosamente alla Trincea delle Frasche e sul Monte Grappa (è autore dell’omonima canzone). Finisce la guerra generale di Corpo d’Armata. Nel 1920 lascia l’esercito e aderisce al fascismo. Quadrumviro della Marcia su Roma, è il primo capo della polizia del regime. Nel 1935 è nominato comandante in capo in Etiopia. Mantiene l’incarico per 43 giorni, poi viene silurato per manifesta incapacità e sostituito da Badoglio. Premio di consolazione: la greca da maresciallo d’Italia. Nel luglio del 1943 è un vecchio di 77 anni che si addormenta facilmente ed è duro d’orecchio. Come ha firmato senza capirci molto l’o.d.g. Grandi, così segue poco la discussione in Gran Consiglio. Morirà fucilato a Verona, comportandosi con calma e coraggio. Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. (n. a Casale Monferrato il 14-11-1884, m. il 23-6-1959). Quadrumviro della Marcia su Roma, fece da «ponte» fra il Re e Mussolini. Vittorio Emanuele, il 28 ottobre 1922, lo gratificò di un pubblico abbraccio. Ricoperse numerosissime cariche, fra le quali – a dispetto della sua nota ignoranza – quella di ministro dell’Educazione. Ciano scrisse di lui: «Agli americani dicono che ogni minuto nasce un imbecille: basta trovarlo. Questa volta l’ho trovato». Giacomo Suardo. (n. a Bergamo il 25-8-1883, m. il 18-5-1947). Volontario nelle Argonne, superdecorato. Come sottosegretario all’interno, si distingue nella persecuzione degli antifascisti; contro la volontà del capo della polizia Bocchini fa arrestare De Gasperi e la moglie. Dopo mezzogiorno è sempre mezzo sbronzo. Aderisce all’o.d.g. Grandi e, in extremis, ritira singhiozzando la firma. Dino Grandi di Mordano. (n. a Mordano il 4-6-1895). Già seguace di Romolo Murri, aderisce poi al fascismo. È stato il più giovane ministro degli Esteri d’Europa. Ambasciatore a Londra, diventa filoinglese. Nominato Guardasigilli, si comporta con grande rigore. Mussolini non se ne fida e lo fa sorvegliare; lo definisce «bigio, torbido e infido». È il perno della congiura di luglio contro Mussolini, insieme con Bottai e Ciano, sebbene dica: «Fra me e Ciano è impossibile la fiducia e l’amicizia». Giuseppe Bastianini. (n. a Perugia l’8-3-1899, m. il 17-12-1961). Squadrista, sceglie poi la strada della diplomazia. AI convegno di Feltre (19-7-1943), cui partecipa come sottosegretario agli Esteri, insiste con Mussolini perché parli chiaro a Hitler. Ciano dice di lui: «Non ha grande ingegno, non vede lontano e quel poco che vede è sempre maledettamente scuro». Giuseppe Albini. (n. a Porto Maggiore il 26-8-1895). Marcia su Roma, fa poi tutta la carriera prefettizia fino a diventare sottosegretario all’interno. Mussolini lo definirà «livida faccia di autentico traditore». Carlo Scorza. (n. a Paola il 15-6-1896). Capo di squadracce in Lucchesia, ordinò la feroce bastonatura di Giovanni Amendola a Montecatini, in conseguenza della quale il leader liberale morì poco dopo. Nella vicenda del 25 luglio gioca una parte ambigua: prima è con Grandi, poi contro. A Mussolini grida, durante la seduta: «Non siete stato abbastanza dittatore!». Alla fine della guerra la Repubblica italiana gli riconoscerà la pensione da generale! Alfredo de Marsico. (n. a Sala Consilina il 29-5-1888). Professore universitario, avvocato, partecipa ai conciliaboli pre-Gran Consiglio e prepara per l’o.d.g. Grandi un codicillo giuridico così noioso che Ciano lo fa togliere. Giacomo Acerbo. (n. a Loreto Aprutino il 25-7-1888). Dottore in agraria, squadrista, ampiamente coinvolto nel delitto Matteotti, massone, ottiene il tanto sospirato titolo di barone.
Carlo Alberto Biggini. (n. a Sarzana il 9-12-1902, m. nel 1945). Professore di diritto costituzionale, di lui Bottai ha scritto che era «impacciato, querulo, eternamente impaurito». In Gran Consiglio fa un intervento contro l’o.d.g. Grandi. Carlo Pareschi. (n. a Poggio Renatico il 19-8-1908. m. l’11-1-1944). Prima di allora era un illustre ignoto, divenuto ministro dell’Agricoltura nei febbraio del 1943. È il più giovane membro del Gran Consiglio (35 anni), al quale partecipa per la prima volta. Non apre bocca, ma vota per l’o.d.g. Grandi. Morirà, a Verona, coraggiosamente gridando: «Viva l’Italia! Viva il duce!». Tullio Cianetti. (n. ad Assisi il 20-7-1899). Squadrista, figura di secondo piano. Dà il voto all’o.d.g. Grandi, ma la mattina dopo scrive una lettera di pentimento e ritrattazione ai duce: atto che gli salverà la vita a Verona. Gaetano Polverelli. (n. a Visso il 17-11-1886, m. il 19-9-1960). Giornalista, Marcia su Roma, uno dei pochi gerarchi non decorato e nemmeno combattente. Notissima la sua incapacità a capire le barzellette. Durante la seduta, Farinacci urla a Mussoini: «Quando avevi da scegliere un uomo per un posto importante sceglievi sempre il più fesso! Eccone l’esempio» e indica Polverelli. Questi interviene nella discussione tremante, asciugandosi frequentemente il sudore. Alla fine della seduta, nei silenzio glaciale, è l’unico che prorompe in un grido stentoreo: «A noi!». Luigi Federzoni. (n. a Bologna il 27-9-1878, m. il 24-1-1967). Volontario, ex nazionalista, famoso per avere duellato con un ufficiale austriaco… in difesa dell’italianità del lago di Garda. Ministro dell’interno dopo il delitto Matteotti, è responsabile delle leggi speciali. Odiato dai fascisti, si batté a favore degli ebrei nel 1937. Nella seduta, rinfaccia a Mussolini che la guerra «è impopolare perché fascista». Era l’unico di cui Grandi si fidasse nella preparazione del complotto. Enzo Galbiati. (n. a Monza il 25-5-1897). Combattente valoroso nella brigata «Sassari», poi in AOI. Durante la seduta, conciona a vanvera, roteando gli occhi nella consueta imitazione dei duce. Dice: «Che importano le deficienze di armamenti? Per vincere basta la volontà di combattere», e altre scemenze del genere. Dopo il 25 luglio, però, non muoverà un dito a favore di Mussolini e anzi offrirà i suoi servigi a Badoglio. Antonino Tringali-Casanova. (n. a Cecina l’11-4-1888, m, il 30-10-1943). Appena costituito il Tribunale Speciale, entrò a farne parte diventandone poi presidente, dal 1932 sino alla fine. Spietato persecutore degli antifascisti, recita anche in Gran Consiglio la parte del duro. Grida ai cospiratori del gruppo Grandi: «Pagherete con le vostre teste questo tradimento!». Giovanni Balella. (n. presso Ravenna il 12-7-1893). Personaggio politicamente inesistente, durante la seduta non pronuncia nemmeno una parola e vota l’o.d.g. Grandi. Uomo dell’ambiente industriale, scamperà alla vendetta fascista trovando facile rifugio in Svizzera. Ettore Frattari. (n. a Ravenna nel 1886). Dottore in agraria, ignoto a quasi tutti i membri del Gran Consiglio, vota contro l’o.d.g. Grandi senza nemmeno sapere il perché. Luciano Gottardi. (n. presso Ferrara il 19-2-1899, m. l’11-1-1944). Ragioniere, sindacalista, buon combattente, Marcia su Roma. È la figura più patetica nella tragedia dei 25 luglio. Dirà, durante il processo di Verona: «Era la prima volta che partecipavo al Gran Consiglio ed ero felice». Sarà poi così ingenuo da chiedere l’iscrizione ai neo partito fascista, durante la RSI. Persino Mussolini dirà che non era consapevole di ciò che faceva. Ma ciò non lo sottrarrà alla morte. Annio Bignardi. (n. a Ferrara il 18-4-1907, m. l’11-1-1944). Figura così scialba che non compare nemmeno una volta nei Diari di Ciano e nemmeno in quel Who’s Who del
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combatte in Eritrea e in Libia; allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è colonnello e<br />
comanda il 15° Reggimento bersaglieri. Si comporta valorosamente alla Trincea delle<br />
Frasche e sul Monte Grappa (è autore dell’omonima canzone). Finisce la guerra generale<br />
di Corpo d’Armata. Nel 1920 lascia l’esercito e aderisce al fascismo. Quadrumviro della<br />
Marcia su Roma, è il primo capo della polizia del regime. Nel 1935 è nominato comandante<br />
in capo in Etiopia. Mantiene l’incarico per 43 giorni, poi viene silurato per manifesta<br />
incapacità e sostituito da Badoglio. Premio di consolazione: la greca da maresciallo d’Italia.<br />
Nel luglio del 1943 è un vecchio di 77 anni che si addormenta facilmente ed è duro<br />
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Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. (n. a Casale Monferrato il 14-11-1884, m. il<br />
23-6-1959). Quadrumviro della Marcia su Roma, fece da «ponte» fra il Re e Mussolini.<br />
Vittorio Emanuele, il 28 ottobre 1922, lo gratificò di un pubblico abbraccio. Ricoperse<br />
numerosissime cariche, fra le quali – a dispetto della sua nota ignoranza – quella di<br />
ministro dell’Educazione. Ciano scrisse di lui: «Agli americani dicono che ogni minuto nasce<br />
un imbecille: basta trovarlo. Questa volta l’ho trovato».<br />
Giacomo Suardo. (n. a Bergamo il 25-8-1883, m. il 18-5-1947). Volontario nelle<br />
Argonne, superdecorato. Come sottosegretario all’interno, si distingue nella persecuzione<br />
degli antifascisti; contro la volontà del capo della polizia Bocchini fa arrestare De Gasperi e<br />
la moglie. Dopo mezzogiorno è sempre mezzo sbronzo. Aderisce all’o.d.g. Grandi e, in<br />
extremis, ritira singhiozzando la firma.<br />
Dino Grandi di Mordano. (n. a Mordano il 4-6-1895). Già seguace di Romolo Murri,<br />
aderisce poi al fascismo. È stato il più giovane ministro degli Esteri d’Europa. Ambasciatore<br />
a Londra, diventa filoinglese. Nominato Guardasigilli, si comporta con grande rigore.<br />
Mussolini non se ne fida e lo fa sorvegliare; lo definisce «bigio, torbido e infido». È il perno<br />
della congiura di luglio contro Mussolini, insieme con Bottai e Ciano, sebbene dica: «Fra<br />
me e Ciano è impossibile la fiducia e l’amicizia».<br />
Giuseppe Bastianini. (n. a Perugia l’8-3-1899, m. il 17-12-1961). Squadrista, sceglie poi<br />
la strada della diplomazia. AI convegno di Feltre (19-7-1943), cui partecipa come<br />
sottosegretario agli Esteri, insiste con Mussolini perché parli chiaro a Hitler. Ciano dice di<br />
lui: «Non ha grande ingegno, non vede lontano e quel poco che vede è sempre<br />
maledettamente scuro».<br />
Giuseppe Albini. (n. a Porto Maggiore il 26-8-1895). Marcia su Roma, fa poi tutta la<br />
carriera prefettizia fino a diventare sottosegretario all’interno. Mussolini lo definirà «livida<br />
faccia di autentico traditore».<br />
Carlo Scorza. (n. a Paola il 15-6-1896). Capo di squadracce in Lucchesia, ordinò la feroce<br />
bastonatura di Giovanni Amendola a Montecatini, in conseguenza della quale il leader<br />
liberale morì poco dopo. Nella vicenda del 25 luglio gioca una parte ambigua: prima è con<br />
Grandi, poi contro. A Mussolini grida, durante la seduta: «Non siete stato abbastanza<br />
dittatore!». Alla fine della guerra la Repubblica italiana gli riconoscerà la pensione da<br />
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Alfredo de Marsico. (n. a Sala Consilina il 29-5-1888). Professore universitario,<br />
avvocato, partecipa ai conciliaboli pre-Gran Consiglio e prepara per l’o.d.g. Grandi un<br />
codicillo giuridico così noioso che Ciano lo fa togliere.<br />
Giacomo Acerbo. (n. a Loreto Aprutino il 25-7-1888). Dottore in agraria, squadrista,<br />
ampiamente coinvolto nel delitto Matteotti, massone, ottiene il tanto sospirato titolo di<br />
barone.