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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Mussolini, a questo punto, prende la parola per respingere le critiche rivolte al partito e<br />

per spiegare che la proposta Grandi di restituire alla Corona le sue prerogative non ha<br />

senso: «Il re», dice, «non ha mai, nemmeno in passato, esercitato l’effettivo comando».<br />

Scorza interviene suggerendo di rinviare la seduta all’indomani (e pare che lo faccia<br />

d’accordo con Mussolini).<br />

Grandi scatta in piedi, respingendo con fracasso la sedia. «No», esclama, «ah, no!». Poi si<br />

riprende: «Scusami, Duce, quando si trattava dei balilla o del dopolavoro ci tenevi qui fino<br />

alle quattro del mattino. Possiamo continuare a lavorare, ora che si tratta di decidere<br />

problemi vitali della nazione» (e Mussolini è subito conciliante, dice che va bene così:<br />

«Continuiamo pure. Sospenderemo solo la seduta per una mezz’ora». E se ne va, solitario,<br />

nel suo studio dove in pochi minuti riceve Alfieri, Buffanini Guidi, Polverelli e Scorza).<br />

Alla ripresa dopo quarantacinque minuti, il duce dà la parola a Bastianini e poi ad Alfieri, il<br />

quale – fra lo stupore generale – afferma che «non si possono nutrire illusioni su eventuali<br />

nuovi aiuti da parte della Germania: ripeto, essa non è più in condizione di mandarci sia<br />

pure un solo carro armato o un solo cannone».<br />

La «chance» di Mussolini<br />

Mussolini: «Quanto dice Alfieri è nettamente in contrasto con le assicurazioni da me<br />

ricevute a Feltre da Hitler personalmente». E aggiunge una frase misteriosa: «Pur tenendo<br />

conto della gravità della situazione militare in cui ci troviamo, non è detto che tutto sia<br />

perduto in tutti i sensi e che non vi sia modo di uscire dalla crisi in cui ci troviamo. Io ho<br />

ancora a mia disposizione una chiave per uscirne in maniera conveniente e<br />

soddisfacente».<br />

Parlano, brevemente, Tringali-Casanova, Galbiati (con voce roboante e atteggiamento<br />

gladiatorio tanto che il duce, chinandosi verso Scorza, mormora: «Speriamo che non tiri<br />

fuori i quadrati battaglioni… »), Cianetti – che lamenta di avere aderito all’ordine del<br />

giorno Grandi per un malinteso senso di fedeltà e onestà – Biggini, Frattari, Gottardi e De<br />

Stefani il quale invita senza ambagi Mussolini a spiegare quali sono le possibilità concrete,<br />

reali, di uscire dalla crisi. […] («Io ti prego formalmente, vivamente, a nome di tutti questi<br />

tuoi fedeli collaboratori, di mostrare anche a noi quali sono quelle chiavi della salvezza che<br />

sono ancora nelle tue mani») Ma il duce lo ignora e passa al contrattacco: sarà l’ultimo.<br />

«Questo ordine del giorno Grandi», dice Mussolini, «pone problemi molto gravi di dignità<br />

personale. Se il re accetta la restituzione della delega dei poteri militari, questo significa<br />

che debbo essere decapitato. È meglio parlarci chiaro. Io ho ormai sessant’anni e so cosa<br />

vogliono dire queste cose. Se poi domani il re a cui portassi questo vostro ordine del<br />

giorno dovesse rinnovare la sua fiducia in me, quale sarebbe la posizione di voi signori di<br />

fronte al re, di fronte al Paese, di fronte al partito, di fronte a me personalmente?».<br />

Grandi, a queste parole, guarda ostentatamente dinanzi a sé un grande foglio bianco,<br />

Rossoni è curvo su se stesso, Acerbo tiene le mani infilate nel cinturone della divisa, Albini<br />

è pallidissimo, Farinacci e Galbiati fissano il duce con intensità, Ciano è perplesso, Buffarini<br />

si muove inquieto sulla scomoda sedia, Bottai e De Stefani sembrano freddi e distanti.<br />

È Grandi ad intuire il pericolo nascosto in queste parole di Mussolini e interviene dicendo:<br />

«Credimi, Duce, noi tutti firmatari dell’ordine del giorno abbiamo sempre inteso porre la<br />

tua persona al di fuori e al di sopra non solamente di questa ma di tutte le discussioni e di<br />

tutti gli esami che abbiamo fatto della presente situazione, allo scopo di poter meglio<br />

renderci utili alla nazione ed a te che sei il nostro capo!».<br />

Cianetti: «Questo è fuori di dubbio».<br />

Suardo: «Sì è chiaro. Il Duce non c’entra».<br />

Mussolini: «Ha la parola il camerata Scorza».

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