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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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verso il suo studio, dice: «Signori. con questo ordine del giorno voi avete aperto la crisi del<br />

regime».<br />

Sono le 3 del mattino del 25 luglio. Non si è «aperta» la crisi del regime, il regime è<br />

caduto, lo stesso Mussolini ignora che il re ha già disposto per la successione alla carica di<br />

primo ministro, Poco prima del voto Mussolini ha detto ancora ai membri del Gran<br />

Consiglio: «Ho sessant’anni, dopo tutto potrei chiamare questi vent’anni la più<br />

meravigliosa avventura della mia vita. Potrei in tali circostanze mettere fine all’avventura,<br />

ma io non me ne andrò. Il re e il popolo sono con me». Circa la fiducia sul secondo il duce<br />

certamente bluffa perché nella stessa seduta ha ammesso quali siano i veri sentimenti del<br />

popolo nei suoi confronti, ma sulla fiducia di Vittorio Emanuele è probabilmente sincero,<br />

spera davvero che il vecchio monarca non lo abbandoni.<br />

Grandi va la notte stessa da Acquarone, gli riferisce l’esito della seduta e gli consegna il<br />

testo dell’ordine del giorno approvato. Acquarone gli chiede chi potrebbe succedere a<br />

Mussolini e Grandi consiglia un militare non troppo compromesso con il regime, fa il nome<br />

del maresciallo Caviglia. Grandi aggiunge che il re dovrebbe abolire con effetto immediato<br />

il Gran Consiglio, restaurare il parlamento secondo lo Statuto che il fascismo ha messo in<br />

soffitta, sopprimere i tribunali speciali, abolire le leggi razziali e incorporare la milizia<br />

nell’esercito,<br />

Ma la scelta del re è già stata fatta. Pietro Badoglio aspetta la nomina a primo ministro e<br />

sta preparando una bozza di proclama alla nazione.<br />

Il giorno dopo, domenica 25 luglio, Mussolini chiede udienza al re che gli fissa<br />

l’appuntamento alle 17 a Villa Savoia. È il momento in cui il duce spera che il vecchio<br />

monarca lo sostenga, lo tolga dalla imbarazzante situazione in cui l’ha messo l’ordine del<br />

giorno approvato dal Gran Consiglio. Mussolini passa la domenica a riordinare le idee,<br />

consulta più volte il segretario del partito Scorza, che gli è rimasto fedele e con lui<br />

concorda sulla necessità di far varare con urgenza, con l’avallo del re, le «riforme» che<br />

non ha voluto presentare e illustrare durante la seduta notturna, il contraltare dell’ordine<br />

del giorno Grandi. Ed è d’accordo quando Scorza gli dice che deve fare presto, prima che<br />

Grandi e i suoi intervengano a loro volta su Vittorio Emanuele,<br />

Sono tutti fuori tempo. Vittorio Emanuele ha già predisposto il piano: riceverà Mussolini<br />

alle 17, gli comunicherà la sua decisione di licenziarlo, poi lo farà arrestare all’uscita di Villa<br />

Savoia. Il timore che per un’azione non tempestiva della Corona si possa rovesciare la<br />

situazione è infatti molto forte. L’incognita più grande è la milizia e i suoi collegamenti con<br />

i tedeschi. Intorno alla capitale ci sono la Divisione «M» e la 3ª Divisione motocorazzata<br />

tedesca. Se la milizia della «M» decide di prendere l’iniziativa può contare su elementi<br />

bene addestrati, armati dai tedeschi, Ambrosio ha pensato a questa eventualità e ha<br />

predisposto lo spostamento della Divisione corazzata Ariete verso la capitale, per<br />

intervenire in caso di necessità. Ma se pure la divisione tedesca entrasse in scena in<br />

appoggio alla milizia, allora la situazione potrebbe diventare critica. Nulla di tutto questo<br />

succede, per il momento il pericolo della guerra civile è scongiurato. E lo è soprattutto<br />

perché fino all’ultimo Mussolini si ritiene capace di convincere il re e quindi non ha dato<br />

alcuna disposizione di emergenza. A Villa Savoia, alle cinque di quel caldo pomeriggio di<br />

domenica il duce si trova di fronte un uomo ostile, ben deciso a sbarazzarsi di lui.<br />

Vittorio Emanuele rinfaccia a Mussolini tutti gli errori e le sopraffazioni del fascismo contro<br />

le istituzioni; è l’ultimo atto, drammatico, d’una monarchia che in extremis pensa di<br />

salvarsi dopo anni di colpevoli connivenze.<br />

Per Mussolini non c’è via d’uscita. Quando il re lo congeda si affida senza protestare ad un<br />

capitano dei carabinieri, che lo fa salire su un’autoambulanza e lo porta in una caserma<br />

dell’Arma. Da quel momento il duce è tagliato fuori dal resto del mondo. Inutilmente i suoi

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