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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Con questo documento in tasca, di cui Mussolini conosce per sommi capi il contenuto, e<br />

certamente il suo reale significato, perché lo stesso promotore gliene ha parlato il 22,<br />

Grandi si presenta alla seduta, forte dell’appoggio già assicurato di alcuni esponenti di<br />

primo piano del regime, sicuro che altri lo seguiranno. Alle cinque, dopo un’attesa nervosa,<br />

compare nella Sala del Pappagallo di Palazzo Venezia Mussolini. Tutti sono già ai loro<br />

posti. Sono arrivati silenziosi, alla spicciolata, senza alcuna particolare sottolineatura,<br />

tranne il fatto di indossare «l’orbace», come esplicitamente richiesto nella convocazione<br />

del segretario Scorza,<br />

Questi dirà nelle sue memorie che non è stato predisposto «nessun servizio speciale, dato<br />

che il Duce mi ha fatto ritirare l’ordine di mobilitazione dei Moschettieri e non ha voluto<br />

nemmeno il gagliardetto del Partito sul balcone: cose queste divenute ormai tradizionali<br />

nelle convocazioni del Gran Consiglio». «Nessun apparato» mi aveva detto «perché si<br />

tratta di un esame della situazione fatta per noi, ad uso interno, non esterno».<br />

E Mussolini comincia a parlare tracciando questo «esame» senza indulgenze, se è vero ciò<br />

che dice lo stesso Scorza e che anche altri confermano, per la sua posizione: «In questo<br />

momento», afferma ad un certo punto della sua esposizione il duce, «io sono l’uomo più<br />

detestato d’Italia; il che é perfettamente logico se si pensa alle masse sofferenti, male<br />

alimentate, soggette alla terribile usura fisica e morale dei bombardamenti “liberatori”, e<br />

alle suggestioni della propaganda nemica. Naturale anche che le critiche degli elementi<br />

politico-militari si dirigano soprattutto verso colui che ha la responsabilità della condotta<br />

della guerra». Ma subito dopo Mussolini passa all’autodifesa, cerca di dimostrare che il<br />

comando gli è stato dato spontaneamente dal re e tira in causa anche una lettera in tal<br />

senso (autentica) di Badoglio, quando questi era Capo di Stato Maggiore generale.<br />

Cerca di dimostrare che la guerra va male, fino al punto di combatterla ormai sul territorio<br />

nazionale non già per sua responsabilità (anzi si attribuisce alcuni meriti in relazione a<br />

episodi positivi per l’Italia del conflitto) ma per l’incapacità e l’inettitudine dello Stato<br />

Maggiore. Poi accenna con disprezzo all’atteggiamento dei siciliani nei confronti degli<br />

alleati, anche se subito dopo sembra in parte giustificarlo con i gravi bombardamenti subiti<br />

dall’isola. Conclude affermando che la guerra non è cosa sua, è di tutto il partito, della<br />

nazione. D’altronde, aggiunge, l’Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all’Italia.<br />

Molti intervengono dopo il discorso di Mussolini, di cui tutti hanno notato a tratti la<br />

contraddittorietà, il tono spesso così lontano dalla tradizionale sicurezza mussoliniana. De<br />

Bono difende l’esercito anche oltre il richiesto, perché nelle parole di Mussolini, che in<br />

realtà ha duramente criticato lo Stato Maggiore, ha scorto una polemica indiscriminata<br />

contro le Forze Armate; Farinacci ribadisce l’attacco alle alte gerarchie militari; Bottai cerca<br />

di riportare la discussione sul nodo del momento: che fare, continuare la guerra o uscirne?<br />

E osserva con la sua voce tagliente che il duce nella sua esposizione ha lasciato ben poca<br />

speranza ad una ipotesi di efficace difesa del territorio nazionale di fronte alla strapotenza<br />

degli Alleati.<br />

Poi è la volta di Grandi, che legge e illustra il suo ordine del giorno, ignoto ancora a gran<br />

parte dei membri del supremo consesso del regime. Secondo un racconto fatto dallo<br />

stesso Grandi alla rivista americana Life (forse l’unico che il presidente della Camera<br />

fascista abbia fatto di quella notte) lo scontro tra lui e Mussolini è violento. Mussolini<br />

definisce l’ordine del giorno che chiede la restituzione di tutte le prerogative alla Corona<br />

secondo lo Statuto «un documento inammissibile e vile». Grandi a sua volta avrebbe<br />

detto: «Il popolo italiano fu tradito da Mussolini il giorno in cui l’Italia ha cominciato a<br />

germanizzare. È quest’uomo che ci conduce sulla scia di Hitler; egli abbandonò la via di<br />

una leale e sincera collaborazione con l’Inghilterra e ci ha ingolfati in una guerra che è<br />

contro l’onore, gli interessi e i sentimenti del popolo italiano».

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