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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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circolava tra i feriti per confortarli. Qui e là batteva su una spalla, per esprimere la sua<br />

simpatia. Poi arrivò al letto di un soldato di 24 anni, seduto in lacrime, con la testa fra le<br />

mani. A detta dei testimoni della scena, Patton avrebbe chiesto: «Che avete?». Il<br />

soldato mormorò una risposta che il generale non riuscì ad afferrare. Patton ripeté la<br />

sua domanda. «Sono i miei nervi, ho paura di non poter più sopportare i<br />

bombardamenti», rispose il soldato, sempre secondo i testimoni.<br />

Al che, Patton scoppiò. Avrebbe – si dice – trattato il soldato come un «lavativo», un<br />

«codardo» e – si afferma – lo avrebbe coperto di numerosi epiteti. E ordinò di rinviare il<br />

soldato al fronte. La scena attirò parecchie persone, compresi l’ufficiale che comandava<br />

l’ospedale, il medico che aveva ricoverato il soldato e una infermiera. In un eccesso di<br />

rabbia ispirato dalla sua simpatia per gli uomini realmente feriti, il generale fece capire<br />

chiaramente che secondo lui il soldato in questione non apparteneva a questa<br />

categoria, e così gli assestò un colpo sulla nuca con il bordo della mano. Un’infermiera<br />

accorse prontamente per proteggere il malato, ma il medico la trattenne. A questo<br />

punto s’interpose il comandante dell’ospedale. Poi Patton passò avanti ad altri malati,<br />

sempre furente e lanciando vituperi. Tornando dal soldato sotto choc, riprese ad<br />

insultarlo.<br />

Il soldato sembrava sempre più sbalordito per la piega che prendevano i fatti, ma si<br />

dichiarò pronto a tornare al fronte e tentò di alzarsi. Patton lasciò l’ospedale senza<br />

tornare sull’episodio. In seguito si seppero i precedenti del soldato in questione: era un<br />

soldato dell’esercito regolare che s’era arruolato prima della guerra nella sua città natale<br />

del Sud. S’era battuto in tutte le campagne di Tunisia e di Sicilia e i suoi rapporti di<br />

servizio erano eccellenti. Riconosciuto malato la settimana precedente, aveva rifiutato di<br />

lasciare il fronte e s’era sforzato per continuare a sopportare la tensione della battaglia.<br />

Finalmente, il medico della sua unità lo aveva inviato d’ufficio in ospedale.<br />

Dopo la partenza di Patton, il soldato aveva preteso di essere rinviato al fronte. La sua<br />

richiesta fu respinta al momento, ma poiché dopo una settimana di riposo aveva<br />

recuperato, allora fu autorizzato a raggiungere la sua unità. Si afferma che subito dopo<br />

l’incidente, il soldato sembrava in stato di prostrazione. Soldato di mestiere, fiero del<br />

suo stato di servizio, aveva avuto l’impressione che tutto il suo mondo stesse crollando.<br />

«Non lo dite a mia moglie! Non lo dite soprattutto a mia moglie!», ripeteva<br />

incessantemente.<br />

Comunque il cappellano dell’ospedale affermò che l’atteggiamento di Patton fu dovuto<br />

ad un eccesso di collera dipendente dalla tensione della battaglia e, alla fine di più<br />

incontri con il soldato, lo persuase a vedere le cose sotto quest’angolazione. Si riferì<br />

l’incidente a Eisenhower. Il comandante in capo scrisse subito a Patton, stigmatizzando<br />

la sua condotta e con l’ordine di presentare le scuse pena l’allontanamento dal<br />

comando. «Sicuramente il Vecchio l’ha strigliato duro», disse un portavoce del quartier<br />

generale alleato.<br />

Allora Patton si mostrò così generoso da dimostrarsi addirittura patetico. Presentò le<br />

scuse al soldato che aveva picchiato, al comandante dell’ospedale e a tutti i testimoni<br />

dell’episodio. Poi si recò da tutti gli ufficiali e agli uomini che gli fu possibile radunare in<br />

ciascuna delle unità sotto il suo comando e ripresentò le scuse.

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