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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Re Vittorio Emanuele III, la Regina Elena e Pio XII si recarono con sollecitudine nei rioni<br />

sinistrati. Il Papa uscì in automobile dal Vaticano con monsignor Montini, sostituto della<br />

Segreteria di Stato, con monsignor Grano e l’ingegner Galeazzi dell’Ufficio Tecnico, Si<br />

inginocchiò sulle rovine ancora fumanti di San Lorenzo e recitò il De Profundis, poi<br />

rivolse un’allocuzione alla folla. Il giorno dopo fece pervenire al suo Vicario Generale in<br />

Roma, cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani, una lettera dov’era detto fra l’altro:<br />

«… Come Vescovo di quest’alma città, con assiduo interessamento, ci adoperammo…<br />

perché alla nostra diletta Roma fossero risparmiati gli orrori e i danni dei<br />

bombardamenti. Senza ricordare l’immensa importanza storica dell’urbe vetusta, per noi<br />

Roma è la Città Santa del cattolicismo… inoltre, quasi al centro dell’Urbe – e perciò<br />

esposta a pericoli di offesa aerea – è la nostra Città del Vaticano, stato indipendente e<br />

neutrale… Tutto questo Noi facemmo chiaramente e ripetutamente presente,<br />

raccomandando a chi di dovere, in nome della civiltà umana e della dignità cristiana,<br />

l’incolumità di Roma… Ma purtroppo questa nostra così ragionevole speranza è andata<br />

delusa… ».<br />

Centocinquantamila romani sfollarono subito, con ogni mezzo. Ai colpiti giunsero<br />

numerose offerte, oltre un milione di lire fu raccolto tra gli aviatori della Luftwaffe di<br />

stanza a Roma.<br />

Il generale Spaatz scrisse al generale Arnold che il bombardamento era stato «poco<br />

interessante» perché «troppo facile».<br />

Lo schiaffo di Patton<br />

Un banale episodio di vita militare rischia di far espellere<br />

il generale americano Patton dall’esercito<br />

«Patton il papà olio-di-gomito» , «Patton il cow-boy», «Patton, lo sventratore». Tali<br />

espressioni erano usate dai G.I. per designare il generale di divisione George S. Patton<br />

jr., comandante della 7ª Armata. Capo militare dotato, egli si reputava esperto in tutti i<br />

campi, che fossero o no di sua competenza. Si sosteneva anche che ogni volta che<br />

apriva bocca era per fare una gaffe. Durante la campagna d’Italia capitò un episodio<br />

spiacevole e il suo comportamento bizzarro gli fece correre il rischio d’essere espulso<br />

dall’esercito. Per alcuni, l’episodio era senza importanza e non avrebbe dovuto avere<br />

conseguenze; altri, al contrario, sottolineano la sua gravità nella misura in cui esso<br />

toccava il morale delle truppe. La storia sarebbe stata dimenticata se un giornalista<br />

americano, Edward Kennedy, non l’avesse pubblicata, sul Post Dispatch di St. Louis il 23<br />

novembre 1943. Eccola:<br />

QUARTIERE GENERALE ALLEATO, Algeri, 23 novembre (AP) – Oggi s’è appreso<br />

ufficialmente che il generale di divisione George S. Patton ha presentato pubbliche<br />

scuse agli ufficiali e agli uomini della 7ª Armata per avere picchiato un soldato durante<br />

la campagna di Sicilia. […]<br />

È una storia curiosa – la storia di un generale di cui tutto il mondo è d’accordo nel<br />

riconoscergli il valore, che però perse la calma nel fuoco dell’azione, poi riconobbe il suo<br />

torto presentando le scuse. Secondo i testimoni dell’incidente, le cose sono andate così.<br />

Il generale Patton ha schiaffeggiato un soldato ricoverato in un ospedale da campo per<br />

choc conseguente ad un bombardamento, persuaso di avere a che fare con uno<br />

«scansafatiche». L’incidente è capitato ai primi di agosto, durante una delle fasi più<br />

critiche della campagna di Sicilia. Patton era in visita nell’ospedale di smistamento e

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