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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Le famiglie, più che disperdersi, di sera preferivano stare raccolte a sentire la radio. Il<br />

10 luglio, giorno dell’invasione in Sicilia. sul primo programma si trasmetteva il<br />

Tannhäuser di Wagner, direttore d’orchestra Armando La Rosa-Parodi, e sul secondo<br />

Ma non dite che ve l’ho detto io, rivista di Age e Incrocci. Il 25 luglio. nell’ora<br />

dell’arresto del duce, suonava l’orchestra diretta dal maestro Cinico Angelini. Di sera,<br />

poco prima del clamoroso annuncio, sul primo programma la gente ascoltò I capricci di<br />

Marianna di De Musset, e sul secondo le canzoni del maestro Segurini.<br />

Bombe sulla Città Eterna<br />

Neppure Roma è risparmiata dai bombardamenti. Il 19 luglio le Fortezze Volanti<br />

puntano sulla capitale: le vittime sono oltre 1500<br />

Il bombardamento del 19 luglio 1943 su Roma è rievocato in un libro di Giorgio<br />

Bonacina, Obiettivo Italia: I bombardamenti delle città italiane dal 1940 al 1945, comparso<br />

da Mursia, Milano nel 1970.<br />

Per tre anni la necessità non s’era presentata, a causa della pochezza del potenziale<br />

industriale di Roma. L’invisibile spada di Damocle era rimasta però sempre sospesa<br />

sull’Urbe, e questo il Governo italiano lo sapeva benissimo. Sapeva che se voleva<br />

scongiurare il pericolo che Roma venisse bombardata aveva solo un mezzo,<br />

smilitarizzarla completamente. Questo significava molte cose, per la verità non facili da<br />

realizzarsi in modo integrale per un delicato assieme di complicazioni tecniche, prima fra<br />

tutte il recalcitrare della Wehrmacht: svuotare le caserme lasciando in città solo le forze<br />

di polizia, allontanare i Comandi e destinare ad altra sede perfino i Ministeri che<br />

avessero in qualunque modo a che fare con la guerra, rendere deserti gli aeroporti,<br />

eliminare fino all’ultima batteria contraerea, smistare tutto il traffico militare su altre<br />

linee ferroviarie.<br />

Invece Roma, anche se non possedeva industrie lontanamente paragonabili alla FIAT,<br />

alla Breda o alla Pirelli, s’era mantenuta in quegli anni tutto l’opposto di una città<br />

aperta. Non solo era il cervello politico e amministrativo del regime, ma, proprio perché<br />

lasciata indisturbata, aveva finito col diventare un centro militare di primissimo piano.<br />

Verso la fine del 1942, Eden aveva rotto ogni indugio e chiesto esplicitamente al<br />

Governo americano di far bombardare Roma dalla USAAF. La risposta era stata decisa:<br />

no. La Casa Bianca non vedeva ancora alcuna utilità in un’operazione di questo genere<br />

e paventava anzi gli svantaggi che immancabilmente ne sarebbero derivati, dalla<br />

censura spirituale e diplomatica del Vaticano alla deplorazione di una parte troppo<br />

rappresentativa degli stessi americani. […]<br />

Ma nel luglio del 1943 le esigenze della guerra ebbero il sopravvento. Stabilito il<br />

principio che la Città del Vaticano non poteva per nessuna ragione essere colpita,<br />

stabilito pure (in via eccezionale) che le costruzioni monumentali del centro di Roma<br />

dovevano essere salvaguardate, bisognava tuttavia sacrificare alcuni rioni periferici, con<br />

i tempi che correvano, perché inglobavano un obiettivo assolutamente irrinunciabile: i<br />

grandi scali ferroviari di San Lorenzo e del Littorio.<br />

La popolazione di Roma era stata solennemente messa sull’avviso. Non c’era che da<br />

passare all’azione.<br />

Eisenhower aveva detto: «Stiamo per invadere un Paese ricco di storia, di cultura e<br />

d’arte come pochissimi altri. Ma se la distruzione di un bellissimo monumento può<br />

significare la salvezza per un solo G.I., ebbene, si distrugga quel bellissimo

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