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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Il dovere dei fascisti è questo: dare questa sensazione e, più che una speranza, la<br />

certezza assoluta, dovuta a una decisione ferrea, incrollabile, granitica. […]<br />

Oggi che il nemico si affaccia ai termini sacri della Patria, i quarantasei milioni di italiani,<br />

meno trascurabili scorie, sono in potenza e in atto quarantasei milioni di combattenti,<br />

che credono nella vittoria perché credono nella forza eterna della Patria.<br />

La dura estate del ‘43<br />

Nell’Italia in preda alla devastazione dei bombardamenti,<br />

vige una stretta economia di guerra<br />

Scarpe ortopediche, orticelli di guerra, le «code» per il pane e le sigarette, i<br />

bombardamenti, l’oscuramento, continui adeguamenti della pressione fiscale, pene per<br />

gli accaparratori e i borsari neri, legumi e tante patate in sostituzione del pane,<br />

distribuzione di marmellata ai vecchi e ai ragazzi: questo panorama della vita italiana di<br />

tutti i giorni, durante la primavera-estate 1943, è disegnato da Mario Cervi in uno de I<br />

documenti terribili di Mondadori, L’8 settembre, Milano 1973.<br />

Roma trascorreva un’estate grama, dominata dall’economia di guerra. I salari erano<br />

bloccati fin dal 1940. I prezzi invece, rispetto al 1939, erano lievitati di oltre il 70%.<br />

Davanti a qualsiasi spaccio, anche dal tabaccaio, bisognava fare la «coda»: per il sale,<br />

per le sigarette, per i francobolli e la speciale «cartabusta» con cui scrivere ai prigionieri<br />

di guerra. […] C’era il razionamento dei generi alimentari: 200 grammi giornalieri di<br />

pane a testa (che si acquistavano con una tessera a bollini); cento grammi di carne<br />

oppure due uova; due chili di patate al mese. Niente caffè: surrogati, o «caforzo». Il<br />

prelevamento delle razioni mensili di zucchero e pasta andava fatto entro il giorno 10,<br />

altrimenti se ne perdeva il diritto. I malati potevano ottenere un supplemento. […]<br />

Una madre di famiglia non poteva mai essere sicura di ciò che avrebbe messo in tavola<br />

a mezzogiorno, perché spesso le razioni, già insufficienti, non venivano distribuite<br />

regolarmente, e sulle bancarelle dei mercati si trovava poco o nulla. E allora l’unica<br />

risorsa era la «borsa nera», che prosperava per mille canali e attraverso le più<br />

ingegnose trovate. In genere il «borsaro» era un uomo che andava e veniva dalla<br />

campagna, bussava alle porte di gente «sicura» con una valigetta in mano, qualche<br />

volta restava ucciso nei mitragliamenti o finiva in gattabuia. Ma dalla campagna alla<br />

città, farina, pollame e carne arrivavano perfino nelle casse da morto.<br />

Prefettura e questura facevano ogni sforzo per reprimere il traffico clandestino. Per<br />

viaggiare sulle tramvie interurbane occorreva uno speciale permesso e nessuno poteva<br />

portare più di un pacco. Fu consentito ai piccoli produttori agricoli delle province di<br />

Roma e Littoria di vendere direttamente sui mercati della città. Dopo gli «orti di guerra»<br />

si cercò di interessare i cittadini all’allevamento di «maiali in compartecipazione» per<br />

avere «carni e grassi per consumo familiare»; ma di fronte alla fame di un milione e<br />

mezzo di abitanti simili provvedimenti erano poca cosa. Al mercato nero si poteva<br />

trovare, rischiando l’arresto e sborsando tre, quattro, dieci volte di più, perfino la carne<br />

di vitello.<br />

Solo chi poteva pagare e sapeva dove attingere non soffriva la fame. Al Circolo del Polo<br />

e in altri ambienti esclusivi si mangiava benissimo. Alcuni ristoranti servivano la carne<br />

«mascherata» sotto porzioni di lenticchie o verdura. Ma talvolta il danaro non bastava: i<br />

contadini – che erano all’origine della «borsa nera» – preferivano il baratto alla<br />

cartamoneta. Si pagava quindi con il vestito vecchio, il mobile, la bicicletta e l’orologio, il

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