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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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valor militare. Il capitano è sposo di fresca data della nobile veronese Maddalena<br />

Trezza, figlia di quel Cesare Trezza che ha ereditato dal padre un grande complesso di<br />

esazioni daziarie. La società, in seguito, è andata decadendo ma Pietro Acquarone,<br />

diventatone presidente, la risolleva, ne fa in breve un organismo capace di amministrare<br />

le esazioni di oltre seicento comuni italiani.<br />

Egli stesso, il giovane ufficiale che ha dato le dimissioni dall’esercito per potersi dedicare<br />

agli affari, diventa uno dei maggiori finanzieri del Veneto. Questo non gli impedisce di<br />

rimanere vicinissimo a Casa Savoia, al sovrano che ha per lui stima e affetto. Senatore<br />

per censo nel 1934, duca qualche anno più tardi e ministro della Real Casa nel gennaio<br />

1939, alla vigilia della guerra.<br />

Il 25 luglio ha un ruolo decisivo<br />

Dal gennaio del 1943, visto il catastrofico andamento della guerra, Vittorio Emanuele ha<br />

deciso di farla finita con il fascismo e con Mussolini ma attende il momento buono (il<br />

momento buono verrà con l’ultima seduta del Gran Consiglio); il duca Acquarone gli è<br />

accanto nella doppia veste di eminenza grigia e di uomo pronto a passare all’azione.<br />

Ora è il 25 luglio, il conte Grandi ha ottenuto lo schieramento della maggioranza dei<br />

gerarchi fascisti contro Mussolini: tocca al re agire e quindi a Pietro Acquarone, che da<br />

mesi, forse da anni, sta conducendo un gioco sottile e pericoloso: pericoloso perché Io<br />

stesso Mussolini, vagamente presago, ha minacciato di far passare per le armi «traditori<br />

di qualsiasi rango e razza». È Acquarone, autorizzato da Vittorio Emanuele, a dare<br />

l’ordine per l’arresto di Mussolini.<br />

«Avevo già predisposto», scriverà il duca, «perché tutto si svolgesse senza suscitare<br />

prevenzioni e allarmi che avrebbero potuto, attraverso temibili reazioni e complicazioni e<br />

con grave turbamento dell’ordine pubblico, rendere inattuabile l’evento. Fu tuttavia<br />

possibile mantenere il segreto su tutto quanto era stato preparato per il rapido trapasso<br />

di poteri, e lo stesso ambiente della Corte era talmente all’oscuro del modo e del giorno<br />

in cui doveva essere eseguita ia determinazione sovrana, che del tutto inatteso giunse,<br />

nel pomeriggio del 25 luglio, l’ordine da me dato per l’arresto di Mussolini».<br />

Pietro Acquarone ha ottenuto il suo scopo – non per odio al fascismo, ma perché<br />

convinto di servire il suo re e il suo paese – e torna nell’ombra. Il sovrano stesso glielo<br />

ha chiesto: «ed ora ciascuno riprenda il suo posto, in regime democratico parlamentare,<br />

il governo e il presidente del Consiglio debbono agire da sé». «Non ho ispirato – dirà<br />

Acquarone – nessun ordine, nessun atto, nessun provvedimento del ministro Badoglio.<br />

Lo dichiaro in modo categorico».<br />

Il duca rimane però ugualmente accanto al sovrano, fino alla svolta amara e tragica<br />

dell’8 settembre, alla fuga al Sud. È lui, con le lacrime agli occhi, a porgergli l’atto di<br />

abdicazione, il 9 maggio 1946; è lui a dargli l’ultimo saluto sull’incrociatore Duca degli<br />

Abruzzi che lo porta in Egitto dopo cinquant’anni di regno.<br />

Pietro Acquarone non si riprenderà più dalla pena di quei giorni. Morirà a soli<br />

cinquantotto anni, a Sanremo, nel febbraio 1948, due mesi dopo la morte del re al<br />

quale aveva dedicato la sua vita.<br />

Giuseppe Mayda<br />

Le fasi cruciali dell’Operazione «Husky»<br />

Nel pomeriggio afoso del 9 luglio 1943 regna sulla Sicilia una calma insolita e<br />

allarmante: nei sei giorni precedenti il Comando Supremo italiano ha avuto la<br />

sensazione che fosse ormai imminente uno sbarco alleato perché i bombardamenti e le

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