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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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presa di distanza che dà già per scontata la fine del regime e il papa si preoccupa<br />

soprattutto del «dopo», perché vede profilarsi il ritorno sulla scena di forze sociali<br />

decisamente laiche e «rosse». Dalle grandi città industriali, e soprattutto da Torino,<br />

nella primavera di quell’anno sono giunte notizie di agitazioni sostenute e alimentate<br />

sicuramente da forze clandestine di carattere marxista.<br />

Per questo Pio XII mette le mani avanti, ribadisce il diritto dei lavoratori ad avere «un<br />

salario che assicuri l’esistenza della famiglia, tale da rendere possibile ai genitori<br />

l’adempimento del loro naturale dovere di crescere una prole sanamente nutrita e<br />

vestita; un’abitazione degna di persone umane; la possibilità di procurare ai figli<br />

sufficiente istruzione e una conveniente educazione, di prevedere e provvedere per i<br />

tempi di strettezze, di infermità e di vecchiaia».<br />

Ancora nel discorso del 13 giugno, di fronte alle accuse che dagli antifascisti come da<br />

larghi strati della popolazione venivano rivolte al Vaticano di non fare nulla per porre<br />

fine al conflitto (accuse per la verità in parte faziose, in parte ingenuamente infondate<br />

se si pensa quale peso irrilevante avesse in quel momento la chiesa cattolica tra<br />

contendenti che si chiamavano Hitler, Stalin, Mussolini, Churchill e Roosevelt) il papa<br />

aveva affermato: «… una propaganda di spirito antireligioso va spargendo in mezzo al<br />

popolo, soprattutto nel ceto operaio, che il papa ha voluto la guerra, che il papa<br />

mantiene la guerra e fornisce il denaro per continuarla, che il papa non fa nulla per la<br />

pace. Mai fu lanciata una calunnia più mostruosa e assurda di questa! Chi non sa, chi<br />

non vede, chi non può accertarsi che nessuno più di Noi si è insistentemente opposto,<br />

in tutti i modi consentitici, allo scatenarsi e poi al proseguire e al dilagare della guerra;<br />

che nessuno più di Noi ha continuamente invocato e ammonito: pace, pace, pace!».<br />

La presenza di Pio XII sulle macerie del quartiere San Lorenzo è una conferma della sua<br />

condanna per la guerra e certo ha un sapore che al regime non piace, anche se la<br />

propaganda fascista ovviamente descriverà l’episodio come condanna della Chiesa per il<br />

bombardamento alleato rivolto contro la popolazione inerme e contro il «carattere sacro<br />

della “città eterna”».<br />

Anche Vittorio Emanuele scende tra la popolazione colpita ma la sua è una brevissima<br />

puntata in automobile, subito conclusa per le aperte manifestazioni di ostilità da parte<br />

della gente. Qualcuno tenta di prendere a sassate la vettura. Molti urlano al sovrano:<br />

«Mandaci quell’altro!» (Mussolini).<br />

Il re torna a Villa Savoia ben convinto che bisogna attuare quel piano d’emergenza che<br />

militari, uomini di corte e alcuni grossi imprenditori invocano da mesi per uscire dalla<br />

guerra. Il movimento a favore di un tale piano è vivo fin dagli ultimi mesi del 1942 ed è<br />

sorretto da speranze che provengono anche da parte alleata, speranze per molti,<br />

seppure compromessi per anni con il regime e con lo stesso conflitto, di poterne uscire<br />

senza danno. Nel dicembre del 1942 la rivista americana Life scriveva: «La netta<br />

tendenza in seno al regime fascista è di liberarsi di Mussolini e dei filo-tedeschi, ma di<br />

conservare il sistema: è l’idea dei grandi industriali italiani condotti, a quanto viene<br />

riferito, da Ciano, dal conte Volpi e dal senatore Pirelli. In altre parole, un cambiamento<br />

del fascismo filo-tedesco in un fascismo pro-Alleati».<br />

E lo stesso Churchill, il 25 novembre del 1942, in una nota sulla situazione italiana,<br />

aveva scritto: «Qualora l’Italia non fosse in grado di resistere ai continui attacchi cui<br />

verrà sottoposta dall’aviazione e subito dopo, confido, da operazioni anfibie, il popolo<br />

italiano dovrà scegliere tra un governo retto da qualcuno come Grandi, e negoziare la<br />

pace separata, o l’occupazione tedesca che aggraverebbe soltanto la durezza della<br />

guerra».<br />

Quando il 20 luglio Mussolini riferisce al re l’esito dell’incontro di Feltre, la decisione di<br />

Vittorio Emanuele è già presa. La notte del Gran Consiglio del fascismo, tra il 24 e il 25,

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