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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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In realtà quelle trame esistono, sono diventate sempre più consistenti (seppure così<br />

poco efficaci e coordinate come mostrerà più tardi la vergogna dello sbandamento<br />

generale dopo l’8 settembre), ma nulla hanno da spartire con l’accoglienza riservata<br />

dalle popolazioni siciliane alle truppe alleate. Per i centri grandi e piccoli dell’isola l’arrivo<br />

degli Alleati significa soprattutto la fine dei continui bombardamenti aerei, spesso<br />

indiscriminati. La gente esulta perché considera finito il conflitto, non già perché sia<br />

pervasa da particolari furori antifascisti; di fronte alla suprema disgrazia della guerra<br />

combattuta casa per casa, come avrebbe potuto essere, la soluzione rapida con il<br />

ripiegamento degli italo-tedeschi e l’arrivo degli anglo-americani è accolta come una<br />

benedizione, come il primo grosso sollievo dopo anni di incubo.<br />

A Feltre Mussolini è accompagnato dal Capo di Stato Maggiore generale Ambrosio e dal<br />

sottosegretario Bastianini. Ambedue, prima dei colloqui con Hitler, hanno fatto<br />

pressioni, il primo con maggior vigore, perché ai tedeschi si dica che la continuazione<br />

della guerra da parte italiana è impossibile. Ambedue tornano a Roma delusi per il<br />

silenzio di Mussolini. Rimane una sola incognita: se durante il viaggio a due tra Feltre e<br />

il campo d’aviazione di Treviso, in assenza di testimoni, il duce abbia affrontato con<br />

Hitler il delicato argomento. Nessuno lo saprà mai, ma è un fatto che, tornato a Roma,<br />

Mussolini non ne fa cenno nel suo rapporto al re, anche se più tardi Badoglio sosterrà<br />

(ma è poco chiaro se fosse davvero un’intenzione o piuttosto una vaga promessa per<br />

calmare le apprensioni di Vittorio Emanuele III) che Mussolini parlò a Villa Savoia del 15<br />

settembre come data possibile per lo «sganciamento» dell’Italia dal conflitto.<br />

Roma bombardata<br />

A suffragare la tesi che Mussolini non abbia accennato a Hitler del problema dell’uscita<br />

dell’Italia dalla guerra resta il fatto che il dittatore tedesco dispone l’invio di un’altra<br />

divisione corazzata in Sicilia (contro la richiesta di due da parte del duce). Forse un<br />

contentino per rianimare l’alleato così scosso dall’invasione, ma pure il rischio calcolato<br />

di buttare nuove forze nella battaglia per rallentare l’avanzata alleata e preparare la<br />

resistenza ritardatrice nell’Italia continentale.<br />

Il fronte interno italiano intanto subisce un’altra dura prova proprio il 19 luglio, durante<br />

il convegno di Feltre. Una formazione di aerei alleati bombarda il quartiere popolare di<br />

San Lorenzo a Roma. Sulle macerie, in mezzo alla disperazione dei superstiti che<br />

assistono all’opera di soccorso e di recupero delle vittime, compare Pio XII. La gente si<br />

accalca prima muta intorno al papa, poi molti gridano la loro protesta contro la guerra;<br />

Pio XII dà la benedizione alla folla, per la prima volta nel suo pontificato in mezzo e allo<br />

stesso livello della gente, senza cerimoniale. Per quell’epoca è un segno nuovo, agli<br />

occhi dei romani è pur sempre il pontefice che si associa personalmente alla protesta<br />

contro la guerra, dopo le generiche condanne precedenti e la tacita acquiescenza per<br />

tanti anni nei confronti di un regime che pure papa Pacelli sicuramente disapprovava<br />

per una infinità di ragioni.<br />

D’altronde lo stesso papa non ha aspettato il bombardamento di Roma per prendere le<br />

distanze dal regime fascista cui la Chiesa ha comunque riservato fino all’inizio degli anni<br />

Quaranta una certa benevolenza per avere posto fine con il Concordato alla<br />

«lacerazione» del 1870.<br />

Il 13 giugno del 1943, ricevendo un folto gruppo di operai in Vaticano, Pio XII ha<br />

rivendicato alla Chiesa il ruolo di «custode e maestra della verità nell’asserire e<br />

propugnare coraggiosamente i diritti del popolo lavoratore». È una distinzione e una

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