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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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cose in Sicilia, se la resistenza è debole attaccheremo la penisola, altrimenti il<br />

successivo attacco sarà contro la Sardegna.<br />

Dopo la conclusione della guerra in Africa Settentrionale i servizi propagandistici angloamericani<br />

e i servizi segreti, quando già era stato deciso l’obiettivo Sicilia, cercarono di<br />

convincere con vari espedienti gli stati maggiori dell’Asse che lo sbarco sarebbe<br />

avvenuto in Sardegna o nei Balcani. E proprio sui Balcani era concentrata l’attenzione<br />

del comando supremo tedesco, che s’aspettava l’attacco in quel settore data anche la<br />

precaria situazione delle retrovie, sottoposte alla massiccia azione della guerriglia<br />

jugoslava. E poi Berlino non aveva dimenticato (e forse sopravvalutava), la vecchia,<br />

nota predilezione di Churchill per l’apertura di un fronte nei paesi balcanici.<br />

Soltanto Kesselring dissentiva dalle convinzioni dei suoi superiori, forse perché,<br />

comandante delle truppe tedesche in Italia, si rendeva conto di quanto esse,<br />

assommate a quelle italiane, costituissero un velo tanto insufficiente da tentare gli<br />

Alleati ad uno sbarco in Italia, a partire dalla Sicilia. E dello stesso parere di Kesselring<br />

era il capo di Stato maggiore italiano Ambrosio. Da parte italiana si era nutrita<br />

l’illusione, fino alla primavera del 1943, che l’uscita in massa della Regia Marina avrebbe<br />

fatto fallire un tentativo di attacco all’Italia. Ma quando, alla conclusione della campagna<br />

tunisina, la schiacciante superiorità aerea alleata si rivolse direttamente contro la<br />

penisola, con il continuo martellamento delle basi aeroportuali e altri obiettivi, fu chiaro<br />

che le possibilità per la Marina italiana, che pure aveva ancora in riserva forze notevoli,<br />

erano diventate quasi nulle.<br />

L’Aviazione italiana disponeva sulla carta di circa 900 caccia e di oltre 480 bombardieri,<br />

ma di questa massa di velivoli soltanto 700 circa erano in grado di partecipare<br />

efficacemente alla battaglia (e alla resa dei conti sarebbero stati infinitamente meno). I<br />

tedeschi, che avevano dato un rilevante contributo tra il ‘1941 e il ‘1942 alla battaglia<br />

dei convogli per l’Africa Settentrionale, avevano in Italia 540 aerei da caccia e 240<br />

bombardieri. Era comunque nell’insieme una forza non trascurabile contro la quale gli<br />

Alleati opponevano quasi 4000 aerei.<br />

Di fronte all’impossibilità di impiegare la flotta e alla palese inferiorità dei mezzi aerei,<br />

all’Asse non rimaneva che tentare una efficace difesa a terra, sfruttando al massimo<br />

l’iniziale debolezza delle teste di ponte laddove gli Alleati fossero sbarcati. Per questo<br />

occorreva avere a disposizione unità mobili, bene armate e con spirito combattivo molto<br />

elevato.<br />

Ambrosio predispose un piano per il rapido richiamo in patria di elementi dell’Esercito<br />

sparsi in Europa. Dalla Russia, dalla Francia e dai Balcani affluirono fanterie in parte<br />

logorate da disastrose campagne (come quelle reduci dal fronte russo) ma soprattutto<br />

quasi del tutto prive di mezzi corazzati. Non restava che il ricorso all’alleato tedesco, ma<br />

la Germania in quel momento non era certo in migliori condizioni per rispondere alle<br />

richieste italiane; anche perché, come si è visto, a Berlino non si riteneva l’Italia il punto<br />

centrale d’attacco degli Alleati.<br />

Le difese italiane e tedesche in Sicilia<br />

All’inizio dell’estate la Sicilia era presidiata da sei divisioni costiere italiane, che avevano<br />

il compito di sorvegliare e difendere 140 chilometri di costa dove gli Alleati<br />

presumibilmente potevano sbarcare, più quattro divisioni di fanteria all’interno dell’isola,<br />

pronte a intervenire nei punti di maggiore impegno. Si trattava di divisioni definite<br />

«mobili», ma che con il concetto di mobilità applicato alla guerra moderna avevano ben

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