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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo cinquantaquattresimo<br />

Lo sbarco alleato in Sicilia<br />

Qualche mese prima che si concludesse la campagna di Tunisia, a Casablanca, dal 14 al<br />

26 gennaio 1943, Churchill e Roosevelt avevano esaminato con i loro stati maggiori il<br />

problema dell’invasione del Sud-Europa. Annotava Harry Hopkins, assistente del<br />

presidente americano: «Partendo dalla considerazione che stavamo per scacciare i<br />

tedeschi dall’Africa, risultò chiaro che non si era convenuto nessun piano per il dopo.<br />

Dovevamo attaccare in qualche luogo, ma dove? Oltre la Manica, in Sardegna, in Sicilia<br />

o attraverso la Turchia?».<br />

L’obiettivo più ovvio, più a portata di mano e relativamente più «facile», data la<br />

situazione di crisi del fronte interno che scuoteva il regime fascista, agli occhi degli<br />

Alleati era l’Italia. Sul luogo dello sbarco, tuttavia, l’opinione degli esperti militari del<br />

premier britannico e del presidente americano divergevano. Alcuni sostenevano che<br />

bisognava attaccare in Sardegna e in Corsica. Le due isole sarebbero diventate<br />

piattaforme per un ulteriore balzo in Toscana e in Liguria, tagliando fuori gran parte<br />

della penisola. L’alternativa era lo sbarco in Sicilia, per conquistare quella che Mussolini<br />

aveva sempre considerato, e che in parte era stata, la «portaerei naturale» dell’Italia<br />

nel Mediterraneo.<br />

L’operazione Sicilia, poi battezzata Operazione «Husky», nacque di fatto a Casablanca,<br />

quando gli Alleati finalmente si accordarono sul fatto che l’isola italiana sarebbe stata il<br />

primo obiettivo fuori dell’Africa delle armate vincitrici in Tunisia.<br />

In realtà, dietro il contrasto su come attaccare l’Europa c’era tra inglesi e americani una<br />

divergenza di fondo assai più radicale. Per gli inglesi, infatti, l’obiettivo primario era<br />

quello di battere l’Asse, i nemici principali erano i tedeschi, seguiti dagli italiani; soltanto<br />

in terza posizione Churchill pensava al conflitto con il Giappone. Per Roosevelt era<br />

l’inverso: per quanto riguardava il conflitto nello scacchiere europeo gli americani<br />

avrebbero preferito attaccare la Germania in modo più diretto perché paventavano in<br />

Italia (e i fatti avrebbero dato ragione alla loro tesi) una lunga e logorante campagna.<br />

Se alla fine accettarono lo sbarco in Sicilia, lo fecero con la riserva mentale di non<br />

spingersi oltre nella penisola e per impiegare in qualche modo le ingenti forze usate<br />

dall’Operazione Torch alla campagna di Tunisia,<br />

La Sicilia al centro della strategia alleata<br />

A Casablanca Churchill voleva che, una volta decisa l’offensiva contro la Sicilia, si<br />

fissassero le tappe successive in Italia. Ma gli americani, proprio perché erano piuttosto<br />

restii ad impegnarsi in questa direzione, rimandarono ogni decisione. E un ennesimo<br />

rinvio, con la clausola di lasciare al comandante supremo alleato in Mediterraneo di<br />

suggerire il futuro sviluppo delle operazioni, si ebbe anche tra il 12 e il 25 maggio a<br />

Washington, quando una speciale conferenza tra inglesi e americani per arrivare ad una<br />

composizione tra le opposte tesi non soddisfece del tutto Churchill. Il premier britannico<br />

volò subito dopo ad Algeri per tentare di convincere Eisenhower; senza risultato, perché<br />

il comandante americano diede questa risposta interlocutoria: vediamo come vanno le

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