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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo quarantasettesimo<br />

L’offensiva di Rommel in Nord Africa<br />

Il generale soffriva di reumatismi e quell’estate, la caldissima estate del 1940, andò dal<br />

medico per farsi visitare. Nella Francia occupata dai nazisti le ragazze giravano<br />

sbracciate e a gambe nude, ma l’alto ufficiale tedesco le vedeva appena. Di giorno, con<br />

gli stivali da cavallerizzo e il berretto sulle ventitré, andava a caccia con i proprietari<br />

terrieri che simpatizzavano per la Germania, guidava i suoi uomini in dure esercitazioni<br />

sulla costa della Manica o recitava in un film di propaganda voluto da Goebbels. La sera,<br />

nella fattoria in cui aveva installato il comando, scriveva la cronistoria dell’avanzata della<br />

7ª Panzerdivision, alla testa della quale aveva attraversato, «come uno dei cavalieri<br />

dell’Apocalisse», tutta la Francia in poche settimane. La stampa tedesca non faceva che<br />

parlare di lui e delle sue imprese: «Sì, ormai in Francia lo conoscono, conoscono questo<br />

volto, questi occhi azzurri con quel luccichio di segreta astuzia, il naso diritto, la<br />

mascella decisa, le labbra serrate di quando Rommel riflette, il mento che è come la<br />

sintesi di quanto v’è da leggere in questi nobili tratti… ». Il generale stava diventando<br />

un eroe, ma un eroe con i reumatismi. E il medico, dopo averlo invitato a rivestirsi, gli<br />

spiegò che per quei disturbi purtroppo non esisteva ancora una cura adeguata. «Lei ha<br />

bisogno di sole, generale», concluse, «dovrebbe andare in Africa».<br />

Non c’erano molte probabilità, nell’estate del 1940, che Erwin Rommel andasse in<br />

Africa. Appena entrata in guerra, l’Italia aveva subito preparato un’offensiva contro<br />

l’Egitto, ma la Germania non mostrava la minima intenzione d’imitarla. È il momento<br />

della «guerra parallela»: quel periodo, dall’estate del 1940 alla primavera successiva, in<br />

cui l’Italia fascista e la Germania nazista vanno ciascuna per la propria strada e<br />

agiscono ciascuna per proprio conto, rinunciando ad ogni intesa preventiva e ad ogni<br />

aiuto reciproco. Ai primi di settembre, nella capitale del Reich, Rommel va a trovare un<br />

vecchio amico. «Corre voce», gli dice costui, «che Hitler voglia trascinare la Germania<br />

nell’avventura nordafricana al fianco dell’Italia». Il generale sorride, tranquillo, sicuro di<br />

sé. Ha appena pranzato col Führer, seduto alla sinistra del comandante in capo. «Né un<br />

uomo né un soldo per l’Africa!» esclama. E abbassando la voce, in tono confidenziale,<br />

aggiunge: « Me lo ha detto lui personalmente».<br />

Sì, è vero, lui personalmente non vorrebbe impegnarsi in avventure. Abbandonata l’idea<br />

di uno sbarco in Inghilterra, lo aspetta una scadenza piuttosto impegnativa: l’attacco<br />

alla Russia. Qualcuno dei suoi uomini, come sempre, non è d’accordo. Raeder e Göring,<br />

per esempio, che pur odiandosi ferocemente a vicenda si scoprono con stupore solidali<br />

nell’indicare al comandante in capo gli enormi vantaggi che la Germania potrebbe<br />

ricavare dalla definitiva espulsione della Gran Bretagna dal bacino del Mediterraneo.<br />

Hitler, tuttavia, non è un uomo facile da convincere. E tirerebbe diritto per la sua strada<br />

se due spiacevoli fatti nuovi non concorressero in un breve lasso di tempo a modificare<br />

radicalmente la situazione. Il primo di questi fatti è l’aggressione italiana alla Grecia, che<br />

costringe il cancelliere ad intervenire precipitosamente nei Balcani per non trovarsi con<br />

un fianco scoperto al momento di sferrare l’offensiva contro l’Unione Sovietica. Il<br />

secondo è il crollo italiano in Africa Settentrionale.

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