SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

20.05.2013 Views

uona sorpresa, come dichiarò al diplomatico Bismarck quando costui andò ad offrirgli il dono di un cavallo a nome della città di Dresda». da Giorgio Pini e Duilio Susmel, Mussolini – L’uomo e l’opera (vol. IV – Dall’impero alla repubblica – La Fenice, Firenze 1955). 30 mesi di guerra Il paese non riesce più a produrre per la mancanza di materie prime e per i bombardamenti che hanno distrutto numerosi stabilimenti Le cause della «déadcle» dell’Italia nel 1943, in un libro illuminante : Come fummo condotti alla catastrofe (Rizzoli, Milano 1946). L’autore è il generale di corpo d’armata Carlo Favagrossa, che dal 1936 fino al 1943 fu Commissario generale per la fabbricazione di guerra e presidente del Comitato per la mobilitazione civile. L’abbandono di Tripoli, evacuata il 22 gennaio 1943, aveva allarmato gli italiani che a tale città si sentivano legati, da molta simpatia, fin dal 1911. Tutti erano concordi nel considerare la Libia come liquidata. Con molta tristezza il popolo pensava al laborioso trentennio di intelligente attività durante il quale la tenacia dei suoi figli ed il prodigo concorso della finanza dello Stato avevano trasformato l’arida regione in un paese che, se già poteva essere fonte di soddisfazione e di orgoglio, non avrebbe tardato a dare buoni frutti anche nel campo economico-finanziario. I bombardamenti ed i mitragliamenti non lasciavano tregua all’Italia meridionale ed insulare, mentre al nord, se pur meno frequenti, in compenso erano molto più intensi. Le difficoltà di trasporto aumentavano: via mare, quasi nulla si poteva trasportare, e con le ferrovie, da Roma in giù, non era né semplice né facile muoversi per quanto ho sopra detto. Per via ordinaria la penuria di automezzi disponibili era aggravata dalla scarsità di carburante e di gomme. La nomina a capo di S.M. Generale del gen. Ambrosio – capo di S.M. dell’Esercito – mi faceva molto sperare. Conoscendo la sua tenacia potevo contare di avere, presso Mussolini, un alleato per il migliore sviluppo di quell’azione che io avevo iniziata dall’agosto 1939 e nella quale ritengo di non essere stato sufficientemente affiancato da altri. Non mi nascondevo che purtroppo molte cose, trascurate per tanti anni, non potevano essere sanate, dato lo stato di cronicità cui erano giunte; tuttavia, facendo affidamento sulla franchezza con la quale Ambrosio avrebbe parlato al capo del Governo e con la quale si sarebbe difeso dai tedeschi, potevo almeno contare che non si sarebbero verificati peggioramenti. Come avevo fatto con Cavallero, non mancavo di tenere sempre al corrente il nuovo capo di S.M. Generale sulla gravità della situazione, anzi mentre a Cavallero, conoscendone la natura eccessivamente ottimista, non comunicavo momentanee situazioni favorevoli, per Ambrosio non facevo nessuna riserva. Siccome spesso nella vita le soddisfazioni o le gioie si alternano con amarezze, dopo sette giorni (il 6 febbraio) il Sottosegretariato fu trasformato in Ministero della Produzione Bellica affidandogli – contro il mio parere dato il momento delicato – l’onere delle commesse fino allora di esclusiva competenza dei tre dicasteri delle forze armate. Lotte non lievi prevedevo di dover sostenere soprattutto per addivenire a quell’accentramento che – per quanto indispensabile – si sarebbe potuto realizzare soltanto dopo molto tempo, cioè… a guerra finita.

Verso la metà di febbraio, improvvisamente, giungeva a Roma il ministro degli Esteri tedesco von Ribbentrop. La ritirata dei tedeschi in Russia e la situazione delle truppe dell’Asse, che in Tunisia si aggravava continuamente per le difficoltà sempre maggiori che si opponevano ai rifornimenti, aveva forse spinto Hitler ad inviare persona di sua piena fiducia per studiare da vicino gli umori dell’Italia nei riguardi della Germania la quale non voleva certo rinunciare al concorso del nostro paese. Pensando che Ribbentrop, fra l’altro, avrebbe avuto il compito di rinfrancare Mussolini – che in quel periodo appariva depresso fisicamente a causa dell’ameba e dell’ulcera e molto di più moralmente in conseguenza degli avvenimenti – tentai di sfruttare a nostro vantaggio la circostanza, apparentemente favorevole, per indurre Mussolini a contrapporre alle buone parole e alle continue affermazioni di invincibilità, fatte dalle alte gerarchie tedesche, la gravità della nostra situazione e il dovere, da parte della Germania, di aiutarci. Consegnai quindi al capo del Governo, il 25 febbraio, la mia relazione semestrale all’oggetto: Situazione dopo 30 mesi di guerra – Previsioni per il prossimo avvenire affinché nello spiegare al rappresentante tedesco quale importanza assumeva, anche per la Germania, la difesa del suolo italiano, insistesse sulle nostre indilazionabili necessità. Gli raccomandavo di tenere presente che se il Grande Reich si trovava in difficoltà queste non gli avrebbero però impedito – qualora i tedeschi avessero voluto aiutarci – di venirci incontro in considerazione del fatto che quanto domandavamo rappresentava per loro una percentuale minima rispetto alle quantità di cui essi disponevano. Non annetto il voluminoso rapporto (3664 Gab. del 25 febbraio) trattandosi di documento analogo ad altri precedentemente esaminati. In esso mi diffondevo in modo particolare sui carburanti e lubrificanti, rappresentando i settori nei quali le nostre deficienze si erano fatte più minacciose e, valendomi dei dati fornitimi dal Commissariato Generale Carburanti e Lubrificanti – da me pure presieduto – segnalavo che al 1° gennaio 1943 l’Italia disponeva in tutto (benzina avio e auto-petrolio, gasolio, olio combustibile per caldaie e motori) di tonnellate 187.000 contro 320.000 del 1° gennaio 1942 e contro un consumo minimo normale di pace di 200.000 tonn./mese. Perciò, dopo avere definito la situazione quasi disperata, rappresentavo la necessità di ottenere subito quanto ci occorreva in previsione dell’aggravarsi di essa per le difficoltà contro le quali lottavano anche i tedeschi. Affermavo: «… preoccupazioni maggiori esistono per l’avvenire, qualora l’avanzata dei russi potesse consentire a questi di danneggiare, con gli aerei, i pozzi di petrolio della Romania. Una visione della gravità della situazione è data dallo specchio seguente (omesso) qualora si pensi che il fabbisogno mensile attuale (ridotto) delle FF. AA. è di tonn. 160.000 che, aggiunte a tonn. 40.000 rappresentanti il minimo irriducibile, per la vita del paese, raggiunge 200.000 tonnellate mentre l’apporto mensile delle importazioni, Albania compresa, raggiunge solo 100.000 tonn. circa». Mussolini leggendo – come sempre – il documento alla mia presenza mi permise di aggiungere a voce quanto egli doveva rappresentare a Ribbentrop ed in quale forma per essere più efficace: soprattutto perché Ribbentrop stesso, rientrato in Germania, non potesse essere influenzato dai tecnici e quindi indotto a trovare – con l’aiuto dell’abituale malafede – scuse per rispondere negativamente. Giunto alle conclusioni che seguono ribadisco, verbalmente, alcuni concetti per me molto importanti. «Entrati in guerra nelle difficili condizioni a voi note per deficienza di materie prime e per i pochi mezzi di cui disponevano l’Esercito e l’Aeronautica dopo oltre trenta mesi di guerra, durante i quali la quantità di materiale siderurgico messo a disposizione del paese è stato del 75% superiore a quello del corrispondente periodo della guerra 1915-18, la situazione

uona sorpresa, come dichiarò al diplomatico Bismarck quando costui andò ad offrirgli il<br />

dono di un cavallo a nome della città di Dresda».<br />

da Giorgio Pini e Duilio Susmel, Mussolini – L’uomo e l’opera<br />

(vol. IV – Dall’impero alla repubblica – La Fenice, Firenze 1955).<br />

30 mesi di guerra<br />

Il paese non riesce più a produrre per la mancanza di materie prime e per i<br />

bombardamenti che hanno distrutto numerosi stabilimenti<br />

Le cause della «déadcle» dell’Italia nel 1943, in un libro illuminante : Come fummo condotti<br />

alla catastrofe (Rizzoli, Milano 1946). L’autore è il generale di corpo d’armata Carlo<br />

Favagrossa, che dal 1936 fino al 1943 fu Commissario generale per la fabbricazione di<br />

guerra e presidente del Comitato per la mobilitazione civile.<br />

L’abbandono di Tripoli, evacuata il 22 gennaio 1943, aveva allarmato gli italiani che a tale<br />

città si sentivano legati, da molta simpatia, fin dal 1911. Tutti erano concordi nel<br />

considerare la Libia come liquidata. Con molta tristezza il popolo pensava al laborioso<br />

trentennio di intelligente attività durante il quale la tenacia dei suoi figli ed il prodigo<br />

concorso della finanza dello Stato avevano trasformato l’arida regione in un paese che, se<br />

già poteva essere fonte di soddisfazione e di orgoglio, non avrebbe tardato a dare buoni<br />

frutti anche nel campo economico-finanziario.<br />

I bombardamenti ed i mitragliamenti non lasciavano tregua all’Italia meridionale ed<br />

insulare, mentre al nord, se pur meno frequenti, in compenso erano molto più intensi. Le<br />

difficoltà di trasporto aumentavano: via mare, quasi nulla si poteva trasportare, e con le<br />

ferrovie, da Roma in giù, non era né semplice né facile muoversi per quanto ho sopra<br />

detto. Per via ordinaria la penuria di automezzi disponibili era aggravata dalla scarsità di<br />

carburante e di gomme.<br />

La nomina a capo di S.M. Generale del gen. Ambrosio – capo di S.M. dell’Esercito – mi<br />

faceva molto sperare. Conoscendo la sua tenacia potevo contare di avere, presso<br />

Mussolini, un alleato per il migliore sviluppo di quell’azione che io avevo iniziata dall’agosto<br />

1939 e nella quale ritengo di non essere stato sufficientemente affiancato da altri.<br />

Non mi nascondevo che purtroppo molte cose, trascurate per tanti anni, non potevano<br />

essere sanate, dato lo stato di cronicità cui erano giunte; tuttavia, facendo affidamento<br />

sulla franchezza con la quale Ambrosio avrebbe parlato al capo del Governo e con la quale<br />

si sarebbe difeso dai tedeschi, potevo almeno contare che non si sarebbero verificati<br />

peggioramenti.<br />

Come avevo fatto con Cavallero, non mancavo di tenere sempre al corrente il nuovo capo<br />

di S.M. Generale sulla gravità della situazione, anzi mentre a Cavallero, conoscendone la<br />

natura eccessivamente ottimista, non comunicavo momentanee situazioni favorevoli, per<br />

Ambrosio non facevo nessuna riserva.<br />

Siccome spesso nella vita le soddisfazioni o le gioie si alternano con amarezze, dopo sette<br />

giorni (il 6 febbraio) il Sottosegretariato fu trasformato in Ministero della Produzione Bellica<br />

affidandogli – contro il mio parere dato il momento delicato – l’onere delle commesse fino<br />

allora di esclusiva competenza dei tre dicasteri delle forze armate. Lotte non lievi<br />

prevedevo di dover sostenere soprattutto per addivenire a quell’accentramento che – per<br />

quanto indispensabile – si sarebbe potuto realizzare soltanto dopo molto tempo, cioè… a<br />

guerra finita.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!