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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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si limitò a confermare la propria fiducia nella resistenza delle forze tedesche. Parlò invece<br />

di una prossima sostituzione di Cavaliero, da lui decisa, dopo averlo ricevuto il 18 alle<br />

Caminate. Il ciclo del maresciallo si concludeva perché Tripoli stava per cadere e per le<br />

voci diffuse intorno al suo armeggiare politico. Ciano, che gli era stato un tempo amico,<br />

ora lo avversava con accanimento. A Cavallero, di ritorno da una sua visita in Sicilia, il re<br />

aveva detto il 14 gennaio che «l’Italia ha il più grande interesse a che il nostro sforzo sia<br />

prolungato quanto più possibile poiché noi non avremmo nulla da guadagnare da una pace<br />

di compromesso». Ma, benché continuasse a dimostrarsi ottimista e molto riservato con le<br />

personalità politiche che lo visitavano, in realtà vedeva nero l’avvenire e cominciava a<br />

pensare al futuro colpo di Stato, benché molto più genericamente di quanto pretese poi<br />

affermare – a cose fatte – in una lettera ad Acquarone, quando scrisse al ministro della<br />

Casa reale: «Fin dal gennaio del 1943 io concretai definitivamente la decisione di porre<br />

fine al regime fascista e revocare il capo del governo Mussolini. L’attuazione di questo<br />

provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere minuziosamente<br />

preparata e condotta nel più assoluto segreto, mantenuto anche con le poche persone che<br />

vennero a parlarmi del malcontento del paese. Lei è stato al corrente delle mie decisioni e<br />

delle mie personali direttive, e lei sa che soltanto queste dal gennaio del 1943 portarono al<br />

25 luglio successivo». Ma portarono anche alla caduta della monarchia, il 2 giugno 1946.<br />

La situazione militare non era grave soltanto in Africa e in Russia, ma in Croazia e nei<br />

Balcani, e anche in Albania c’era fermento.<br />

Non giovò alla salute di Mussolini, migliorata durante la sosta in Romagna, la notizia che<br />

egli ricevette il 22, di ritorno a Roma: Tripoli era perduta. Un vero senso di accoramento<br />

colpì gli italiani a quell’annuncio. Nella pesante atmosfera del 23, quando uscì l’infausto<br />

bollettino, il duce presiedette un Consiglio dei ministri per l’esame e l’approvazione del<br />

bilancio preventivo. Espresse l’avviso che Rommel non avrebbe potuto mantenere il<br />

comando; ammise che dovunque l’iniziativa era passata ai nemici, ma constatò successi<br />

dei sottomarini tedeschi. Sostenne che l’uniformità di idee e di sentimenti dei soldati russi<br />

era in funzione del fatto che, da vent’anni, essi leggevano soltanto due giornali, e non<br />

ascoltavano che una radio. Bottai rimase irritato per non avere potuto discutere a fondo la<br />

situazione. Lo stesso giorno Messe, tornato dalla Russia, fu nominato comandante delle<br />

forze italiane in Tunisia, quindi futuro successore di Rommel. Egli vedeva la partita<br />

disperata, ma Mussolini, in un colloquio, si dimostrò fiducioso.<br />

Al Quirinale, il 24, Caviglia trovò il re «sereno e tranquillo, sicuro della situazione, senza<br />

alcuna preoccupazione». Nel pomeriggio, il maresciallo apprese da Soleri che «Cavallero e<br />

Farinacci sono d’accordo per sostituire Mussolini con l’aiuto di Hitler».<br />

«È un guaio», disse Soleri, «che tu e Badoglio siate in contrasto». Caviglia gli rispose:<br />

«Nessun contrasto. Io non lo stimo e non mi fido. Lo considero un cane da pagliaio che va<br />

dov’è il boccone più grosso. Io non congiuro; non so, non posso congiurare. Obbedisco<br />

alle leggi e non ho altro desiderio che la salvezza dell’Italia». […] Il 1° febbraio Mussolini<br />

disse a seimila legionari passati in rivista in occasione dell’annuale della milizia, che in quel<br />

clima «di ferro, di combattimento, di decisione», gli uomini si rivelavano per ciò che erano<br />

e valevano. Riferendosi a Tripoli perduta, aggiunse: «Là dove fummo, là dove i nostri<br />

morti ci attendono, là dove noi abbiamo lasciato tracce potenti e indistruttibili della nostra<br />

civiltà, là noi ritorneremo». E poiché in quei giorni Churchill e Roosevelt, nuovamente<br />

riuniti a Casablanca, avevano fissata la formula della «resa incondizionata», egli replicò:<br />

«Noi, insieme con i nostri camerati dell’Asse e del Tripartito, rispondiamo che non<br />

molleremo mai sino a quando saremo capaci di tenere nel nostro pugno un arma di<br />

combattimento». La sua fiducia nella forza dell’alleato gli fece ritenere che i bollettini<br />

tedeschi di quei giorni fossero ostentatamente pessimisti per coprire qualche segreta

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