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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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delle soluzioni, che questo ci disonorerebbe per secoli, che la “generosità” degli<br />

anglosassoni non esisterebbe, non c’è da farsi illusioni sul ruolo che gli alleati<br />

riserverebbero all’Italia quando essa fosse vinta. Appunto perché noi siamo stati gli<br />

iniziatori, i pionieri di questa rivolta universale». Se la stessa Inghilterra si faceva aiutare<br />

da tanti paesi, l’Italia non doveva essere insofferente dell’aiuto tedesco. Fece l’elogio del<br />

popo1o giapponese. Definì l’America una popolazione, non un popolo. Tornando all’Italia,<br />

avverti: «Il popolo italiano ha oggi l’occasione storica di dimostrare di quale tempra è<br />

fatto. Il problema è molto grave per noi. Si tratta cioè di domandarsi se venti anni di<br />

regime fascista hanno modificato le cose nella superficie, lasciandole presso a poco eguali<br />

nella profondità. Lo vedremo entro il 1943. Ora, se voi mi domandate: quale è la vostra<br />

opinione? La mia opinione è la seguente: che il popolo italiano terrà duro, che il popolo<br />

italiano stupirà il mondo». Il partito doveva continuare a svolgere opera di assistenza<br />

materiale e morale, di propaganda, e lasciarsi indietro tutte le scorie. «Io penso la storia,<br />

in fondo, è stata abbastanza benigna con noi; ci ha permesso di vivere delle grandi ore. La<br />

guerra è la cosa più importante nella vita di un uomo, come la maternità in quella della<br />

donna. Tutto il resto è importante ma non come questo esame, questo collaudo delle<br />

qualità intrinseche dei popoli. Solo la guerra rivela quello che è un popolo, le magagne che<br />

portava dentro, che passavano inosservate agli osservatori mediocri, superficiali». Teso<br />

verso l’avvenire, che pure si presentava difficile, concluse: «Il compito supremo della<br />

rivoluzione fascista è la trasformazione del popolo italiano, facendo del popolo italiano<br />

quello che noi consideriamo un grande popolo. Quest’anno si decide se il popolo italiano<br />

ha un avvenire o no, se il popolo italiano deve rassegnarsi ad essere un popolo di turisti,<br />

una grande Svizzera dove c’era come portiere monumentale degli alberghi Giovanni<br />

Giolitti, o un popolo che ha la coscienza di ciò che è stato, ma soprattutto di ciò che deve<br />

essere».<br />

A Bottai, ricevuto in udienza dopo il discorso, aggiunse: «Vedremo che frutti darà nel<br />

partito questa nuova ricetta: gli anziani affiancati ai giovani. L’esperienza sposata alla<br />

volontà d’avvenire. È l’ultimo tentativo. Dopo di che si può chiudere bottega».<br />

L’Italia, disse Mussolini, non doveva capitolare. «Gli inglesi non erano in migliori<br />

condizioni», argomentò, «quando si verificò il collasso della Francia. Eppure l’Inghilterra<br />

non cedette; ed era sola, pensate bene, sola a fronteggiare l’intero schieramento offensivo<br />

dell’Asse, con una Luftwaffe all’apogeo della sua potenza. Gli inglesi, assieme a tanti<br />

difetti, hanno una forza formidabile, hanno il carattere, che è la causa e non l’effetto di<br />

tutto il resto. Noi dobbiamo essere all’altezza di questo avversario, se vogliamo sopraffarlo.<br />

Se gli italiani comprenderanno il gioco e la posta, se resisteranno moralmente come<br />

resistono e sanno sacrificarsi sotto altri aspetti, allora non v’è dubbio che i poveri<br />

prevarranno sui ricchi e la vittoria sarà nostra».<br />

Ma già allora il maresciallo Caviglia annotava nel suo diario: «So da più parti che a Casa<br />

reale vedono vicina, più vicina che non si pensi, una soluzione. Pare che il re studi cosa<br />

dovrà fare. Probabilmente lascerà il ministero com’è e metterà a capo del governo<br />

Federzoni o Grandi».<br />

Nel frattempo, Ciano aveva avuto un colloquio con monsignor Montini della segreteria di<br />

Stato vaticana, in casa Colonna; e il 15 Mussolini gli aveva chiesto per telefono se fosse<br />

vero che aveva partecipato ad una colazione in casa Farinacci. Ciano, risentito, commentò<br />

nel suo Diario: «Evidentemente c’è chi cerca di gettare nell’animo del capo diffidenze e<br />

sospetti, e mi dispiace che, per un secondo soltanto, egli possa cadere nel gioco».<br />

Il 20, fu lui pure alla Rocca per avvertire che il presidente del Consiglio romeno aveva<br />

parlato col ministro a Bucarest, Bova Scoppa, di augurabili accordi comuni con l’Italia circa<br />

la futura condotta nei riguardi della Germania. Mussolini non reagì come Ciano temeva, e

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