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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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itiro delle navi da battaglia italiane e degli incrociatori maggiori dalle basi del sud<br />

(Navarino, Taranto, Messina), prima a Napoli nel novembre, e quindi il 6 dicembre1942, a<br />

La Spezia.<br />

Per quanto questa decisione possa invocare a sua difesa ragionevoli dubbi sulla<br />

convenienza di lasciare esposte le grandi navi all’offensiva aerea nemica senza alcuna<br />

contropartita, sta di fatto che, con essa, si rinuncia ad ogni proposito realistico di<br />

intervento contro uno sbarco alleato in Sicilia o altrove nel sud. Quando esso avverrà il<br />

mancato intervento della flotta sarà giustificato appunto con la lontananza eccessiva delle<br />

basi di partenza, e con il rischio presentato dalla lunga rotta. Ma ciò era implicito nella<br />

decisione del 6 dicembre, per cui può essere stabilito con sicurezza che, proprio in quel<br />

mese, si rinuncia a utilizzare in avvenire la flotta anche in caso di invasione del territorio<br />

nazionale.<br />

Giuseppe Mayda<br />

La resa dei conti<br />

Un aspetto inedito di Mussolini che in privato ammette: «È l’ultimo tentativo.<br />

Dopo di che si può chiudere bottega»<br />

Il 3 gennaio [1943] il duce parlò al rinnovato direttorio del partito. Vidussoni, rimasto<br />

segretario, lo salutò con queste parole di illimitata e in lui sincera devozione: «Il partito è<br />

vostro, vostri sono questi uomini che credono passionalmente e fanaticamente in voi.<br />

Duce, nella mia obbedienza, vi è soltanto la parola di un vostro soldato, che si esprime a<br />

nome dei vostri soldati: comandateci, qualunque sia la prova i vostri uomini del partito<br />

sono immutabilmente fedeli alla consegna». Mussolini rispose riferendosi alla data del 3<br />

gennaio. Non c’era, in quel momento, l’Aventino interno del 1924, ma un enorme Aventino<br />

internazionale, la cui azione aveva riflessi interni. La massa popolare non aveva potuto<br />

valutare tutta la portata della guerra fino allora combattuta su fronti troppo lontani e<br />

oltremare. Ma l’attacco inglese ad El Alamein e gli iniziati bombardamenti delle nostre città<br />

e lo sbarco nell’Africa settentrionale francese avevano iniziato una nuova fase di guerra più<br />

incombente e allarmante per la psicologia dei meno forti d’animo. L’occupazione integrale<br />

della Francia, della Corsica e della Tunisia aveva compensato i colpi ricevuti. Disse che la<br />

guerra sarebbe stata vinta «da quelle forze armate che avranno la più alta coscienza<br />

politica». Perciò, «è finito il tempo in cui si diceva che il soldato non deve fare la politica.<br />

No, sbagliato. Si poteva dire nel tempo in cui c’erano dieci, quindici partiti: non si poteva<br />

permettere che si facessero nelle caserme dieci, quindici propagande politiche. Ma ora c’è<br />

un partito solo, un regime solo. E quindi le forze armate non saranno mai abbastanza<br />

fasciste. Senza di che non si vince. Ci vogliono soldati fascisti, che combattano per il<br />

fascismo. Perché questa è una guerra di religione, di idee. Ora le guerre di religione sono<br />

vinte dai soldati più fanatici. Naturalmente occorre anche il resto, cioè le armi, i generali, il<br />

morale del popolo. Ma quello che accade in Russia è indicativo. In Russia almeno la metà<br />

dei soldati si batte perché è comunista, si batte contro il fascismo». Ora, essendo i valori<br />

ideali rappresentati dall’Asse, superiori, l’esito della lotta era sicuro, malgrado le varie<br />

alternative. «Siamo dinanzi ad un anno, il 1943, che sarà veramente di una importanza<br />

fondamentale nella storia italiana. È l’anno in cui il regime deve manifestare la sua forza e<br />

il popolo italiano superare un collaudo che si presenta serio. Non vi è dubbio che l’Aventino<br />

internazionale porterà il suo sforzo contro l’Italia», perché la guerra si sarebbe risolta nel<br />

Mediterraneo, e il nemico calcolava su deficienze del nostro morale e sul desiderio di una<br />

pace qualsiasi. Quindi ognuno doveva convincersi che «questa sarebbe la più catastrofica

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