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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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dai siluri di due sottomarini giapponesi. Il generale Kawaguchi fa tagliare una pista nella<br />

foresta e riesce a stabilire la propria base a tre chilometri da Henderson Field. L’assalto<br />

«banzai» giapponese del 12 settembre è sanguinosamente respinto dai marines su una<br />

cresta che prenderà poi nome dal suo difensore, il colonnello Merritt Edson («Edson’s<br />

Ridge»).<br />

Questa Guadalcanal, di valore strategico indiscutibile, diventa sempre più la posta di<br />

una prova di volontà. Marina ed esercito imperiale, che non sono mai andati d’accordo,<br />

si impegnano ora in una stretta alleanza pur di riconquistare l’isola; il Tokyo Express, in<br />

ondate notturne di 900 soldati per volta, riversa a Guadalcanal l’intera divisione del<br />

generale di corpo d’armata Masao Maruyama sicché gli effettivi salgono<br />

complessivamente a 30.000 uomini. Un nuovo attacco giapponese, preceduto da un<br />

bombardamento navale di Henderson Field compiuto dalle corazzate Kongo e Kiruna,<br />

viene però respinto; un’offensiva concentrica con i punti di penetrazione lungo il corso<br />

inferiore del fiume Mataniku, il Nippon Bridge e il Bloody Ridge – del cui esito i<br />

giapponesi sono così sicuri che il generale Kawaguchi dà persino gli ordini per la resa<br />

nemica («Potrete accettare la capitolazione del nemico, a patto che il generale<br />

Vandergrift venga a chiederla di persona facendo portare al suo fianco una bandiera<br />

americana e una bandiera bianca») – deve essere rinviata più volte e il 23 ottobre,<br />

quando è finalmente scatenata, fallisce in modo totale. Maruyama riprova la notte dal<br />

24 al 25 ottobre e in quella successiva, ma lascia sul terreno 2500 morti.<br />

Anche in mare i giapponesi sono sconfitti e presso le Santa Cruz Islands – un gruppo di<br />

sinistre isolette rese deserte da una mortale malaria – gli americani abbattono 100<br />

aerei, mettono fuori combattimento la Shikaku, la Zuiho e la Chikuma e perdono la<br />

Hornet, divorata dagli incendi. La sorte di Guadalcanal è decisa, alla fine dell’autunno<br />

1942, dai due stati maggiori generali avversari: Roosevelt, dopo lunghe consultazioni e<br />

rischiando anche di ritardare la preparazione dello sbarco nell’Africa del Nord, stabilisce<br />

che l’isola non può essere abbandonata; identica scelta fanno i giapponesi rinforzando il<br />

loro presidio con 13.000 uomini che verranno imbarcati su undici trasporti e scortati fino<br />

a Guadalcanal.<br />

Questa operazione dà il via ad una nuova battaglia navale che si svolge venerdì 13<br />

novembre e sabato 14 tra l’isoletta di Savo e Guadalcanal. Il bilancio finale è pesante. I<br />

giapponesi perdono le corazzate Kirishima e Hiei e l’incrociatore Kinugasa; gli americani<br />

lamentano due incrociatori e quattro caccia affondati, cinque altre navi gravemente<br />

danneggiate (compresa la South Dakota) e due ammiragli morti, Daniel J. Callagan e<br />

Norman Scott, uccisi da una bordata della Hiei sul ponte di comando della nave<br />

ammiraglia San Francisco. Anche l’incrociatore leggero Juneau cola a picco con i suoi<br />

700 uomini di equipaggio e, fra gli altri, perdono la vita i cinque fratelli Albert, Francis,<br />

George, Joseph e Madison Sullivan (per cui, da allora, nella marina degli Stati Uniti non<br />

si assegna su una nave più di un membro di una stessa famiglia).<br />

La battaglia ingaggiata dal vice ammiraglio Hirohaki Abe – che verrà poi destituito –<br />

consente solo in parte lo sbarco dei rinforzi giapponesi: parecchi trasporti, infatti, si<br />

schiantano nella barriera corallina dell’isola, tutto il materiale va perduto e appena<br />

duemila uomini riescono a mettere piede a terra. Le forze nipponiche scendono a<br />

25.000 soldati, contro forze americane due volte superiori. Il Tokyo Express funziona<br />

sempre più a fatica. I giapponesi, nell’isola, sono costretti a vivere rintanati nella<br />

giungla, preda delle bestie feroci e decimati dalla malaria: la fame li tortura e vivono di<br />

cannibalismo. Tuttavia nessun appello alla resa ha effetto e ogni posto attaccato viene<br />

difeso fino all’ultimo uomo.<br />

A dicembre gli americani impiegano dieci giorni a prendere il monte Austen ma, subito<br />

dopo, preparano una manovra a largo raggio per rinchiudere in una sacca definitiva

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