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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Documenti e testimonianze<br />

Attolico, l’ambasciatore «scomodo»<br />

Bernardo Attolico, ambasciatore italiano a Rio de Janeiro (1927), a Mosca (1930), a Berlino<br />

(1935) e, infine, in Vaticano (1940) è una delle vittime più illustri della politica<br />

d’espansione nazista; nel momento di maggior fulgore militare del Terzo Reich, Ribbentrop<br />

pretende dal ministro degli Esteri Ciano il richiamo dell’ambasciatore in Italia per<br />

vendicarsi, in qualche modo, degli sforzi che Attolico ha compiuto con l’intento di tenere il<br />

suo paese fuori dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale.<br />

Nato a Canneto di Bari il 17 gennaio 1880 – e morto nel febbraio 1942, a Roma, mentre<br />

rappresenta l’Italia nella Città del Vaticano – Attolico aveva esordito nella vita pubblica,<br />

all’inizio di questo secolo, come fondatore e primo presidente del Circolo giuridico<br />

universitario di Roma. Passato quindi al Commissariato dell’emigrazione (1901), a<br />

quell’epoca istituito sotto la direzione del senatore Bodio, vi era rimasto fino alla nomina a<br />

professore di economia e finanza, avvenuta nel 1903, per ritornarvi, trascorsi quattro anni,<br />

quale ispettore per gli Stati Uniti e il Canada.<br />

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Attolico viene inviato a Londra con le funzioni<br />

di addetto commerciale e rappresentante del nostro paese nella Commissione interalleata<br />

dei rifornimenti.<br />

La sua carriera, in questo campo, è tale e cosi rapida che, nel 1919, viene chiamato al<br />

Consiglio supremo economico di Parigi, partecipa alla Conferenza della Pace e, nello stesso<br />

anno, viene nominato ministro plenipotenziario alla Lega delle Nazioni (1920).<br />

Giunto a Berlino da Mosca, quale successore di Vittorio Cerruti, Attolico ha fama di uomo<br />

intelligente, di duro e – al tempo stesso – capace negoziatore che sa adattarsi agli<br />

ambienti presso i quali il suo lavoro deve svolgersi; non per nulla, nella pur difficile Mosca<br />

dell’inizio degli anni Trenta, è riuscito a far firmare a Litvinov l’accordo di amicizia italosovietico.<br />

Dotato di grandi capacità lavorative (e il lavoro lo stronca, appena sessantaduenne,<br />

mentre validamente regge l’ambasciata d’Italia in Vaticano), di temperamento vivacissimo<br />

e di una insolita sensibilità, Attolico arriva in Germania con la moglie Elena Pietromarchi<br />

nel 1935. In questo momento la politica di Hitler sta affrontando, all’indomani della «notte<br />

dei lunghi coltelli» (che aveva eliminato con la violenza i nazisti socialistoidi della «nuova<br />

rivoluzione» di Röhm) la svolta delle leggi di Norimberga e quella della occupazione della<br />

Renana smilitarizzata.<br />

La sua politica, quella che doveva costargli l’incarico a Berlino, è ispirata al fatto che egli<br />

scorge subito il parallelismo fra fascismo e nazismo che avrebbe finito per portare l’Italia<br />

verso forme di intesa con Berlino sempre più vicine e sempre più concrete, fino alla<br />

conclusione di una vera e propria alleanza militare.<br />

Attolico lavora quindi con impegno e serietà all’incarico che gli è stato affidato, cioè al<br />

riavvicinamento italo-tedesco soprattutto per evitare un totale isolamento del nostro<br />

paese, ma negli anni a seguire, risolta la crisi di Abissinia e conclusa la guerra di Spagna,<br />

si induce ad imprimere una forte elasticità ai rapporti con il Terzo Reich, tale comunque da<br />

impedire una definitiva corsa verso il baratro di un secondo conflitto mondiale.<br />

«È un italiano e un galantuomo».

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